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giovedì 2 giugno 2022

LA NASCITA DELLA REPUBBLICA ITALIANA
di Franco Astengo
 


La fase storica sta offrendo frangenti inediti per la nostra capacità d'analisi e di iniziativa politica. Ci troviamo alla vigilia di scadenze di enorme importanza quali quella delle prossime elezioni politiche. Allora la memoria degli eventi legati alla nascita della Repubblica Italiana deve essere utilizzata per riaffermare la centralità costituzionale nella nostra democrazia. È cresciuta nel corso degli anni l'attenzione al vissuto degli italiani negli anni della nascita della Repubblica, alle loro condizioni di vita sociale ed economica ed è cresciuta anche l'attenzione verso i "vinti" (spesso nella deteriore dimensione del "revisionismo storico" che pure va analizzato come fenomeno sociale e culturale). Un’attenzione rivolta verso coloro che non si riconobbero spontaneamente nel nuovo ordine, ai monarchici, a coloro che avevano aderito alla Repubblica sociale, ai tanti che non si sentivano rappresentati dai partiti del CLN. Una storia ricostruita con questa sensibilità non può ignorarli anche perché nella scelta referendaria il loro peso fu immediato e rilevante. Anzitutto accenniamo agli aspetti istituzionali della scelta del 2 Giugno 1946, perché fu proprio che attraverso la scelta del Referendum l’Italia voltò pagina davvero senza alcuna possibilità di una sorta di “ripresa di continuità” con l’Italia dei notabili liberali prefascisti. La Repubblica è dunque nata in Italia a seguito di un referendum, con uno strumento per sua natura bipolare. Forse la predominante attenzione, in molte ricostruzioni, alla "consociazione" come elemento caratterizzante del sistema politico italiano, ha reso meno sensibili storici e analisti politici al momento fortemente bipolare rappresentato dal referendum istituzionale. Sotto il profilo più strettamente costituzionale la scelta referendaria assunse, per la Repubblica, il carattere di un compromesso: grazie ad una serie di provvedimenti aventi valore di legge lo strumento referendario fu negoziato con la monarchia, sicché la scelta repubblicana attuata per volontà di popolo, rappresentò davvero l'elemento fondativo di discontinuità con il passato prefascista, tacitando le teorie del "fascismo come parentesi".
Dunque lo strumento referendario, per sua natura bipolare e non consociativo è servito essenzialmente alla difficile saldatura tra l'Italia repubblicana che stava nascendo e l'Italia monarchica, garantendo il consenso popolare al nuovo ordinamento. Una risposta necessaria alla realtà di allora, una realtà nella quale c'erano tante cose e tanti vissuti contraddittori difficilmente compatibili: c'erano le forti appartenenze popolari che mobilitavano il Paese, più che in ogni altro momento della sua storia, ma lo dividevano anche in profondità; c'era l'esperienza della Resistenza, con i suoi eroismi e le sue crudeltà; c'era la frattura creata dalla Repubblica sociale.
La scelta istituzionale divenne così per i partiti che la sostennero con accanimento, quelli della sinistra comunista, socialista, laica un’occasione per porre i problemi di contenuto e non una mera scelta di bandiera.
Emerge, così, un’ulteriore linea di ricerca: quella del ruolo dei partiti come fattori di educazione politica, e di riflesso, della condizione del cittadino italiano nell'esercizio della sovranità popolare e più concretamente del diritto di voto: il problema della sua informazione, della sua educazione alla politica, dei condizionamenti sulle sue scelte e quindi della libertà di voto.
Nelle contraddizioni di quella fase si può parlare del ruolo dei partiti come di un fattore fondamentale del recupero di un senso della cittadinanza, dell'adesione ai partiti come forma personale di appartenenza alla collettività politica nazionale: si determinò così il modo di essere cittadino dalle origini della Repubblica almeno per tutto il quarantennio successivo. Una memoria da non disperdere e un monito per l'oggi nel momento in cui si tende a spezzare quel dato costitutivo di una cittadinanza politicamente attiva e di un Parlamento di cui si intende soffocare la centralità nella vita democratica.