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mercoledì 22 giugno 2022

LA GUERRA E NOI   
di Giorgio Riolo


 

Un breve intervento stimolato dalla raccolta di interventi sulla guerra in corso di Angelo Gaccione Scritti contro la guerra (Tralerighe Libri Ed.) e stimolato soprattutto dalle considerazioni di Maria Carla Baroni.
Sono rapide osservazioni le mie in attesa di scrivere un articolo più ampio. Con argomentazioni un poco più ponderate, alla luce della vera svolta storica in atto rappresentata dalla guerra Russia-Ucraina, Russia-Usa-Occidente-Nato. Dopo aver scritto a caldo a fine febbraio scorso “Contro la guerra, sempre. Contro l’egemonia Usa e Nato. Per un mondo multipolare”.
Dice Maria Carla “Non sono gli Stati in quanto tali che creano le guerre”. È il capitalismo ecc. Un tempo dicevamo che la “mano invisibile” del mercato (Adam Smith) si accompagnava volentieri al ben visibile “pugno (di ferro) dello Stato”. Insomma. Le guerre le fanno gli Stati, le fanno i governi che volta a volta hanno in mano le redini degli apparati di Stato ecc. Certamente sotto l’incalzare della “politica di potenza”, delle pressioni di gruppi economici, dalle multinazionali alle oligarchie finanziarie, al potente complesso militare-industriale ecc. Nel capitalismo l’economia, come impersonale dinamica presunta “senza soggetto”, senza la “politica” non è niente. Certo lo spirito animale del profitto e dell’accumulazione è potentissimo, irresistibile. È nicciano (come “volontà di potenza”). Ma poi le scelte che determinano realmente sono politiche, investono la sfera politica. Soprattutto se usciamo dalla sola dimensione dello stato-nazione e ci si proietta nello scenario più vasto, nella soverchiante dimensione del sistema-mondo. Su “scala mondiale”, per ricordare Samir Amin. Ricordo solo di sfuggita la triade oppressiva di sempre capitalismo-colonialismo/imperialismo-patriarcato.
Economia, capitalismo e politica. Un solo “caso di studio”, per ricordare sempre le malefatte degli Usa, dello zio Sam. E per ricordare sempre come funziona il mondo, allora e oggi.
La multinazionale United Fruit (banane Chiquita ecc.) preme sulla Cia e sul governo Usa (nel 1954 presidente Eisenhower e capo della Cia John Foster Dulles) perché la volontà del legittimo eletto presidente del Guatemala Arbenz di procedere alla riforma agraria minacciava i suoi sovrapprofitti e le sue terre in Guatemala. Gli Usa, come stato-nazione imperialista, non volevano concedere niente nel suo cortile di casa. Anche a semplici riformisti, a semplici “nazionalisti” (il buon nazionalismo dei subalterni, dei popoli oppressi delle periferie, del Sud Globale, non il nazionalismo di destra e di estrema destra), visti come il fumo negli occhi. Comunisti. Allora si spara, si fa il colpo di stato, si uccide. Semplice.
Così con Mossadeq in Iran, con Patrice Lumumba in Congo, con Nkrumah in Ghana, con Sukharno in Indonesia, con il Che, con Salvador Allende in Cile, con Thomas Sankara in Burkina Faso ecc. ecc. Elenco lunghissimo. Con massacri di comunisti, socialisti, democratici, nazionalisti ecc. Momento economico e momento politico si tengono assieme.


 

Per non dilungarci. Solo alcune osservazioni a proposito delle radici antropologiche e culturali della guerra e delle radici economiche e politiche. Dallo scimmione originario dei dieci minuti iniziali (“L’alba dell’umanità”) di “2001. Odissea nello spazio”, capolavoro del grande antimilitarista Stanley Kubrik. Lo scimmione che usa l’arnese, lo strumento, principio del processo di ominazione e quindi della civiltà, come arma di offesa, per il possesso della pozzanghera d’acqua da parte del suo branco contro altro branco di  scimmioni. Fino alla proprietà e al surplus accumulato dai gruppi umani della rivoluzione neolitica (agricoltura e allevamento e primi villaggi-insediamenti urbani). La guerra di rapina e di razzia ha attraversato tutte le formazioni storico-sociali. Certo il capitalismo è un salto storico gigantesco, ha caratteri peculiari. Ma qui mi fermo.
Solo per dire che essere “anticapitalisti/e”, come giustamente auspica Maria Carla, è sì necessario, ma non sufficiente. In sostanza, l’irenismo e la scelta etica non negoziabile per il pacifismo e per il no alla guerra rimangono saldi, sono fermi nella nostra testa e nel nostro cuore.
Ma andrebbero tuttavia commisurati sullo “essere-proprio-così” del mondo, della storia e della società. Andrebbero commisurati con la geopolitica, con la politica di potenza, con le tendenze contemporanee per la spartizione del mondo, per il controllo delle risorse vitali acqua, cereali, cibo, fonti energetiche, fossili e non, metalli strategici, terre rare ecc. Per il contenimento di persone e di popolazioni, i cosiddetti migranti del clima, in presenza dei cambiamenti climatici non più negabili.
In sostanza, con una formula. Tolstoj e Gandhi assieme alla “analisi concreta della situazione concreta” delle dinamiche della storia e della società. Di come funziona realmente il mondo.
Infine. La ormai logora, ampiamente manipolata, degenerata “democrazia rappresentativa” deve essere messa in discussione. La “democrazia diretta” è problematica, per usare un eufemismo. Forse anche più di 1200 abitanti. Foss’anche la Ginevra di Jean-Jacques Rousseau. Ma è pur sempre una nozione da tenere sempre presente.
Molti e molte di noi avrebbero avuto voglia di dire la loro a proposito dell’invio di armi italiane all’Ucraina. Così come le tante violazioni della Costituzione italiana in anni recenti (Serbia-Jugoslavia, Afghanistan, Iraq ecc. ecc.) e della tanto decantata e smentita dai dominanti italiani “sovranità nazionale”. Con le basi Usa e Nato e le bombe nucleari presenti in suolo italiano e sulle quali non abbiamo controllo e sovranità.
 
 
*https://www.sinistrasindacale.it/index.php/periodico-sinistra-sindacale/numero-05-2022/2317-contro-la-guerra-sempre-contro-l-egemonia-usa-e-nato-per-un-mondo-multipolare-di-giorgio-riolo.