Un breve intervento stimolato dalla raccolta di
interventi sulla guerra in corso di Angelo Gaccione Scritti contro la guerra
(Tralerighe Libri Ed.) e stimolato soprattutto dalle considerazioni di Maria
Carla Baroni. Sono rapide osservazioni le mie in attesa di scrivere un articolo più
ampio. Con argomentazioni un poco più ponderate, alla luce della vera svolta
storica in atto rappresentata dalla guerra Russia-Ucraina,
Russia-Usa-Occidente-Nato. Dopo aver scritto a caldo a fine febbraio scorso
“Contro la guerra, sempre. Contro l’egemonia Usa e Nato. Per un mondo
multipolare”. Dice Maria Carla “Non sono gli Stati in quanto tali che creano le
guerre”. È il capitalismo ecc. Un tempo dicevamo che la “mano invisibile” del
mercato (Adam Smith) si accompagnava volentieri al ben visibile “pugno (di
ferro) dello Stato”. Insomma. Le guerre le fanno gli Stati, le fanno i governi
che volta a volta hanno in mano le redini degli apparati di Stato ecc.
Certamente sotto l’incalzare della “politica di potenza”, delle pressioni di
gruppi economici, dalle multinazionali alle oligarchie finanziarie, al potente
complesso militare-industriale ecc. Nel capitalismo l’economia, come
impersonale dinamica presunta “senza soggetto”, senza la “politica” non è
niente. Certo lo spirito animale del profitto e dell’accumulazione è
potentissimo, irresistibile. È nicciano (come “volontà di potenza”). Ma poi le
scelte che determinano realmente sono politiche, investono la sfera politica.
Soprattutto se usciamo dalla sola dimensione dello stato-nazione e ci si
proietta nello scenario più vasto, nella soverchiante dimensione del
sistema-mondo. Su “scala mondiale”, per ricordare Samir Amin. Ricordo solo di
sfuggita la triade oppressiva di sempre capitalismo-colonialismo/imperialismo-patriarcato. Economia, capitalismo e politica. Un solo “caso di studio”, per ricordare
sempre le malefatte degli Usa, dello zio Sam. E per ricordare sempre come
funziona il mondo, allora e oggi. La multinazionale United Fruit (banane Chiquita ecc.) preme sulla Cia
e sul governo Usa (nel 1954 presidente Eisenhower e capo della Cia John Foster
Dulles) perché la volontà del legittimo eletto presidente del Guatemala Arbenz
di procedere alla riforma agraria minacciava i suoi sovrapprofitti e le sue
terre in Guatemala. Gli Usa, come stato-nazione imperialista, non volevano
concedere niente nel suo cortile di casa. Anche a semplici riformisti, a semplici
“nazionalisti” (il buon nazionalismo dei subalterni, dei popoli oppressi delle
periferie, del Sud Globale, non il nazionalismo di destra e di estrema destra),
visti come il fumo negli occhi. Comunisti. Allora si spara, si fa il colpo di
stato, si uccide. Semplice. Così con Mossadeq in Iran, con Patrice Lumumba in Congo, con Nkrumah
in Ghana, con Sukharno in Indonesia, con il Che, con Salvador Allende in Cile,
con Thomas Sankara in Burkina Faso ecc. ecc. Elenco lunghissimo. Con massacri
di comunisti, socialisti, democratici, nazionalisti ecc. Momento economico e
momento politico si tengono assieme.
Per non dilungarci. Solo alcune osservazioni a proposito delle radici
antropologiche e culturali della guerra e delle radici economiche e politiche.
Dallo scimmione originario dei dieci minuti iniziali (“L’alba dell’umanità”) di
“2001. Odissea nello spazio”, capolavoro del grande antimilitarista Stanley
Kubrik. Lo scimmione che usa l’arnese, lo strumento, principio del processo di
ominazione e quindi della civiltà, come arma di offesa, per il possesso della
pozzanghera d’acqua da parte del suo branco contro altro branco di scimmioni. Fino alla proprietà e al surplus
accumulato dai gruppi umani della rivoluzione neolitica (agricoltura e
allevamento e primi villaggi-insediamenti urbani). La guerra di rapina e di
razzia ha attraversato tutte le formazioni storico-sociali. Certo il
capitalismo è un salto storico gigantesco, ha caratteri peculiari. Ma qui mi
fermo. Solo per dire che essere “anticapitalisti/e”, come giustamente auspica
Maria Carla, è sì necessario, ma non sufficiente. In sostanza, l’irenismo e la
scelta etica non negoziabile per il pacifismo e per il no alla guerra rimangono
saldi, sono fermi nella nostra testa e nel nostro cuore. Ma andrebbero tuttavia commisurati sullo “essere-proprio-così” del
mondo, della storia e della società. Andrebbero commisurati con la geopolitica,
con la politica di potenza, con le tendenze contemporanee per la spartizione
del mondo, per il controllo delle risorse vitali acqua, cereali, cibo, fonti
energetiche, fossili e non, metalli strategici, terre rare ecc. Per il
contenimento di persone e di popolazioni, i cosiddetti migranti del clima, in
presenza dei cambiamenti climatici non più negabili. In sostanza, con una formula. Tolstoj e Gandhi assieme alla “analisi
concreta della situazione concreta” delle dinamiche della storia e della
società. Di come funziona realmente il mondo. Infine. La ormai logora, ampiamente manipolata, degenerata “democrazia
rappresentativa” deve essere messa in discussione. La “democrazia diretta” è
problematica, per usare un eufemismo. Forse anche più di 1200 abitanti.
Foss’anche la Ginevra di Jean-Jacques Rousseau. Ma è pur sempre una nozione da
tenere sempre presente. Molti e molte di noi avrebbero avuto voglia di dire la loro a
proposito dell’invio di armi italiane all’Ucraina. Così come le tante
violazioni della Costituzione italiana in anni recenti (Serbia-Jugoslavia,
Afghanistan, Iraq ecc. ecc.) e della tanto decantata e smentita dai dominanti
italiani “sovranità nazionale”. Con le basi Usa e Nato e le bombe nucleari
presenti in suolo italiano e sulle quali non abbiamo controllo e sovranità. *https://www.sinistrasindacale.it/index.php/periodico-sinistra-sindacale/numero-05-2022/2317-contro-la-guerra-sempre-contro-l-egemonia-usa-e-nato-per-un-mondo-multipolare-di-giorgio-riolo.