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domenica 18 settembre 2022

CRITICITÀ DELLA FORMULA ELETTORALE
di Franco Astengo

 
Il sen. avv. Felice Besostri sta preparando due forme di protesta sulle quali informeremo a parte, riferite distorsioni che presenta la formula elettorale con la quale saranno suddivisi i seggi nelle elezioni politiche previste per domenica 25 aprile.
Sarà bene allora chiarire nel merito alcuni punti che sorreggono l'idea di una seria contestazione all'impianto legislativo in uso.
La legge n.165 del 3 novembre 2017 approvata dal Parlamento con voto di fiducia posto dal governo Gentiloni prevede un sistema misto proporzionale e maggioritario, in cui un terzo di deputati e senatori è eletto in collegi uninominali (un solo candidato per coalizione, il più votato è eletto) e i restanti due terzi sono eletti con un sistema proporzionale su lista.
Dopo la riduzione del numero dei parlamentari approvata con referendum confermativo il 20 settembre 2020 ad essere eletti saranno 400 deputati e 200 senatori, dei quali, rispettivamente, 8 e 4 nelle circoscrizioni estere. I collegi italiani porteranno quindi all’elezione di 392 deputati e 196 senatori, dei quali un terzo con il maggioritario, o uninominale, e due terzi con il proporzionale, o plurinominale. Per la prima volta, anche chi ha meno di 25 anni (e più di 18) voterà per eleggere il Senato.
Su questo punto si rileva una forte criticità sul numero dei seggi assegnati a ciascuna regione per il Senato laddove si registra che regioni di minor popolazione come il Trentino-Alto Adige (composto da due provincie autonome) eleggeranno un maggior numero di senatori rispetto a regioni di maggior popolazione come Calabria, Liguria, Sardegna.
Sono previste soglie di sbarramento: La soglia di sbarramento nella quota proporzionale è fissata al 3% su base nazionale, sia al Senato sia alla Camera, con l’eccezione delle liste relative alle minoranze linguistiche per le quali la soglia è al 20% per la regione di riferimento. In aggiunta alla soglia del 3% è prevista anche una soglia minima del 10% per le coalizioni (all’interno delle quali però almeno una lista deve aver superato il 3%). Il candidato di un partito escluso dal riparto dei seggi perché non ha raggiunto il 3% ma eletto nel maggioritario ovviamente manterrà il suo seggio.



Applicazione del proporzionale alla Camera e al Senato: un’importante differenza, stabilita dalla Costituzione, tra Camera e Senato è che il Senato deve essere eletto su base regionale. La nuova legge elettorale prevede che la ripartizione dei seggi tra le liste alla Camera sia effettuata su base nazionale mentre il riparto al Senato sarà regionale: fermo restando che le soglie del 3% e del 10% saranno comunque calcolate su base nazionale.
Listini corti e bloccati: La legge prevede che i collegi plurinominali (parte proporzionale) siano formati dall’accorpamento di più collegi uninominali (parte maggioritaria). Ogni collegio plurinominale non eleggerà comunque più di 8 deputati. Nei singoli collegi plurinominali le liste sono bloccate. Secondo le indicazioni della consulta i collegi dovrebbero essere abbastanza piccoli per garantire la riconoscibilità dei candidati: tutti i nomi saranno scritti sulla scheda elettorale.



Coalizioni e alleanze.
Un gruppo di liste coalizzate possono sostenere un solo candidato nella parte maggioritaria - uninominale e correre singolarmente nella parte plurinominale - proporzionale. Ovviamente, considerato che l’articolo 67 della Costituzione non prevede il vincolo di mandato la coalizione potrà essere sciolta in qualsiasi momento dopo le elezioni.
UNICA SCHEDA: NON C’È IL VOTO DISGIUNTO
Il voto sarà espresso su di una sola scheda e non sarà possibile il voto disgiunto, ovvero la possibilità di votare un candidato nel collegio uninominale e una lista a lui non collegata nella parte proporzionale.
L’elettore, quindi, dovrà scegliere un abbinamento candidato – partito nell’ambito della stessa coalizione.
PLURICANDIDATURE
È previsto che un candidato possa presentarsi in un collegio uninominale e in più collegi plurinominali, fino ad un massimo di cinque. In caso di elezione plurima non ci sarà però libertà di scelta dell’eletto.  Se l’elezione si verificherà nella quota uninominale quello sarà il seggio assegnato; se eletto in diversi collegi plurinominali l’elezione sarà valida nel collegio nel quale la sua lista ha ottenuto la migliore percentuale. È previsto che ciascuno dei due sessi non possa rappresentare più del 60% dei candidati di un listino e che ciascuno dei due sessi non possa rappresentare il 60% dei capilista nei listini di un singolo partito. È previsto un meccanismo di recupero per i voti attribuiti ai partiti che, in coalizione nella parte uninominale - maggioritaria, non superano il 3% nella parte plurinominale - proporzionale. In quel caso le liste comprese tra l’1% e il 3% trasferiranno i loro voti ai partiti della stessa coalizione che avranno superato la soglia, in misura proporzionale rispetto ai voti da queste raccolti. Anche a costo di apparire noiosi e ripetitivi è necessario denunciare, passo per passo, tutte le storture che emergono dai vari passaggi di modifica della legge elettorale attualmente in discussione in Commissione alla Camera.



Due elementi appaiono, oggi come oggi, oggetto d’attenzione:
1). Tutta la lista è completamente bloccata e gli eletti nella parte proporzionale saranno tutti scelti attraverso la loro posizione in lista senza preferenze e quindi senza intervento dei votanti.
2). Non è vero che non esistono più le pluricandidature perché sarà possibile candidarsi in un collegio uninominale e in una lista blindata nella Circoscrizione. Le liste sono sì corte, ma possiamo dire irragionevolmente corte: basti pensare che il massimo di candidati per i partiti sono 4 anche quando ci sono da eleggere ben 8 Parlamentari. Le liste corte vanno messe in relazione con la circostanza che ogni candidato con il sistema plurinominale può avere fino a cinque pluricandidature, sistema che sentiamo chiamare dai nostri Rappresentanti come “paracadute”.



Intanto è necessario ancora una volta far notare che restano i nodi di fondo che riguardano questo sistema:
1). L’impossibilità del voto disgiunto.
2). Il numero fisso dei componenti le Assemblee impedisce la partecipazione di candidati “indipendenti” nei collegi uninominali
Cosa succede dei voti “persi”:
i voti dati nell’uninominale ai candidati non eletti sono persi e basta, non li si recupera. Se si vota solo per il candidato uninominale e non si fanno segni su nessuna delle liste che lo sostengono, il suo voto, sommato agli altri analoghi, sarà spalmato sulle liste col criterio dell’8 per mille, cioè chi ha avuto più voti in quel collegio si vedrà attribuire più voti non espressi dall’elettore. Così viene di fatto imposto all’elettore di scegliere altro soggetto ed il voto espresso solo all’uninominale (per esempio) viene trasferito al plurinominale, pur avendo l’elettore chiaramente scelto di non votare nessun altro.
Ad aggravare tale aspetto concorre la circostanza che la “scelta” è fatta alla cieca, posto che l’elettore non potrà sapere il risultato di ciascuna lista del collegio plurinominale in cui ha scelto di non esercitare il voto.
La mancanza della possibilità di esercitare il voto disgiunto è ancor più grave alla luce del quadro politico attuale, posto che viene imposto all’elettore che non trova gradito nessun candidato nella parte proporzionale di votare, di fatto, il partito più grande. Del tutto privo di logica è anche il meccanismo per il quale i partiti che a livello nazionale superano l’1% dei voti concorreranno a formare la cifra complessiva della coalizione, ma se non superano il 3% di voti non eleggeranno alcun Deputato ed i loro voti verranno ripartiti proporzionalmente alle altre liste. In sostanza si dice: hai scelto uno che non è forte abbastanza, allora “noi” premiamo il più forte; non ci sono argomenti logici per spiegare una scelta del genere.
Sicuramente questa sono norme contrarie alla Costituzione in quanto violano:
1) personalità del voto
2) libertà del voto
3) il principio di delega.