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venerdì 2 settembre 2022

LA TENACIA DELLE PIANTE E DEGLI UOMINI
di Angelo Gaccione
 

 
Patrizia Cecconi

Patrizia Cecconi ha sempre difeso la Comunità palestinese, e la sua causa, con una costanza fuori dal comune. Non solo con articoli giornalistici, corrispondenze, dettagliate denunce su quanto avviene nei territori occupati, appelli, inviti a mobilitarsi e quant’altro, ma condividendo con quel popolo gli aspetti della vita più privati e più autentici. Perché non ci sono altri modi per entrare in empatia, per condividere, per sentire nella propria carne. Non per nulla dal 2009 al 2015 è stata presidente dell’Associazione “Amici della Mezzaluna Rossa Palestinese” di cui, dopo le dimissioni allo scadere del secondo mandato, è stata eletta presidente onoraria. Ma Patrizia è anche un’ottima penna, come dimostra questo bellissimo ed emozionante “diario di viaggio” dal titolo Vagando di erba in erba e che porta come sottotitolo: Racconto di una vacanza in Palestina (Città del Sole ed. pagg. 314 € 15,00). 


La copertina del libro

Si tratta di una vacanza che va dal 4 agosto al 2 settembre, esattamente un mese, scandita da altrettanti capitoli: trenta per trenta giorni. Ma si tratta di una vacanza singolare perché Patrizia è appassionata di botanica, e perché il viaggio dell’autrice questa volta è fondamentalmente concentrato sulle piante palestinesi, le piante spontanee, quelle che con una caparbia ostinazione ed in barba a tutti i divieti, le ostilità, la stupida arroganza degli uomini di potere e di governo, crescono nei posti più impensati. Persino negli interstizi del muro della vergogna che il governo israeliano, imitando l’orrore staliniano del muro di Berlino, e facendosi giorno dopo giorno simile nei comportamenti agli aguzzini nazisti da cui hanno subìto un genocidio, ha innalzato per separare due popoli che potrebbero vivere affratellati, disarmati e pacifici, ed invece sono stati messi in gabbia costringendoli a odiarsi. 


Manifestazione a Rafah

Si può andare per piante, per vestigia, memorie bibliche, moschee, minareti, suq, sinagoghe e monasteri. Si possono attraversare villaggi e città come Betlemme o Gerico, visitare giardini, spingersi per colline e spianate, fermarsi a bere shwey fi maramia, mangiare mansaf e shawarma, trovare un’ospitalità fraterna che solo i popoli poveri ancora conoscono. Incontrare uomini, donne, bambini che nonostante l’umiliazione del muro, la vita segregata, gli ossessivi posti di blocco, i furti di acqua, la devastazione di agrumeti, giardini, case e uliveti, che coloni e soldati perpetrano ai loro danni, eseguendo ordini di governati miserabili, sono rimasti umani e in parte anche felici, e tuttavia non si può ignorare tutto questo. Anche se si è venuti in questi luoghi per una semplice vacanza, per vedere la Palestina non ufficiale e dedicarsi alle amate piante. 


Patrizia a Gaza con un bambino ferito
durante la marcia di ritorno

E Patrizia, ovviamente non lo ignora, benché debba fare un notevole sforzo, e annota tutta questa aberrazione nel suo diario che diverrà un libro. Un libro sapienziale, colto, ricco di notizie, ma anche un libro di risarcimento verso il popolo palestinese. E anch’io sto facendo uno sforzo ora, mentre scrivo questa nota, perché non dovrei adirami, considerata la mia precaria salute. Ma come posso non farlo contro i criminali che offendono la pianta a me più sacra, l’olivo? Per sopportare l’ignobile comportamento di coloro che si definiscono “popolo di Dio” devo andare con la mente ai giovani israeliani che per non ubbidire agli ordini infami dei loro governi hanno scelto di essere arrestati rifiutando di indossare la divisa di soldato. È a questi giovani che penso, alle loro tante lettere che ho pubblicato su questo giornale, per riuscire a condividere la fiducia di Patrizia in un tempo migliore e senza muro. Devo pensare alle piante ostinate di Palestina che crescono dovunque ignorando ogni divieto, come fa la pianta spontanea della mia città. Erba u vientu si chiama, erba del vento, erba della libertà, capace di resistere ad ogni avversità, ad ogni aguzzino. Come il popolo palestinese.   



PER PATRIZIA, PER I PALESTINESI



Con la Mezzaluna Rossa
in un ospedale da campo



Con la madre e la sorella di un martire



Ad una manifestazione
tre anni fa



Patrizia con la kefiah palestinese