La parola, inizialmente,
nasce per rappresentare un concreto, un questo qui, per cui, spesso, ha
un valore deittico. I latini, sicuramente, conobbero il verbo
(crino) κρίνω (dedotto dalla radice: κρι), che, in greco, ebbe più significati: distinguo, secerno,
separo, decido, giudico, mentre al medio significò: faccio
entrare in fase critica. I latini da κρίνωdedussero cribrum: crivello,
staccio, vaglio. In alcuni dialetti si ebbe criv’, da cui,
appunto, il crivello e crivellare. Nel mio dialetto si coniò sitazz’
(setaccio) che fu dedotto da σήθω: vaglio
e/o da σείω: scuoto, da cui: σειτός: scosso, poi: setola, anche per filtrare, e setaccio,
che rimanderebbe a scosso. Da ricordare che i greci, per denominare il setaccio,
si avvalsero di: (cresera) κρησέρα, mentre,
per indicare crivello, coniarono un nome neutro: (coschinon) κόσκινον, da cui in alcuni dialetti fu dedotta la parola cuscuglia,
come avanzi della cernita. Questa pluralità di significati fu conseguente alla
genericità della perifrasi: va (dentro) dallo scorrere, il
cui tema da sviluppare rimandava a ciò che avviene nel grembo durante i nove
mesi. Infatti, il verbo κρίνω fu un
generatore di significati per i greci, che coltivarono, per come detto in altra
occasione, il significato di giudico, per cui da (critòs) κριτός: giudicabile, giudicato, deciso, si
ebbero: (crités) κριτής: giudice, (criterion)
κριτήριον: regola per discernere il vero dal falso, il giusto
dall’ingiusto, il buono dal cattivo; quindi, criterio, (da cui, in
italiano: scriteriato), critico come atto del giudice, ma anche come
aggettivo derivante da crisi (periodo critico), nel senso di decisivo
per l’esito, e critica come arte del giudicare. Sicuramente da κρίνω fu
dedotto il verbo incrinare che indica una separazione, una fessurazione
irrimediabile e permanente, così come il crinale dei monti, anche se
questo nome rimanda, originariamente, a crinis (capello/crine del
cavallo), che, forse, è da collegare allo stesso tema. Inoltre, da κρίνωdedussero il deverbale (crima crimatos)
κρίμακρίματος: lite,
questione, causa, sentenza, condanna, in quanto
pensarono alle funzioni del (crités) κριτής: giudice.
I latini svilupparono quanto si deduce da κρίμα
ed elaborarono crimen crimiminis: capo d’imputazione, delitto,
criminalis (come causa criminalis), criminoso, criminor/criminatus
sum: incolpo, accuso, denigro, quindi: criminatio:
imputazione, mentre incriminatio significò, inizialmente, innocenza.
I greci,
inoltre, da κρίμα dedussero: ἔκ-κριμα: ciò
che viene separato, residuo, per cui in dialetto si ebbe: scrima che
sta per scriminatura dei capelli. Poi, i latini, da questo processo
logico di ciò che viene separato, dedussero discrimen: linea
di divisione, differenza, anche: momento decisivo, quindi il
verbo discrimino: divido, separo, distinguo. I latini, che conobbero il verbo κρίνω,
ma anche la radice χρη: dal
generare lo scorrere il passare (nella forma scempia χρεα),
elaborarono, per metatesi di posizione (χηρda χρη):
cerno/cretum: vaglio, separo, distinguo, decido.
Mi piace anche ricordare che, in greco, dalla radice χρη,
fu formato il verbo κίχρημι: presto,
do in prestito, mentre i latini se ne servirono anche per dedurre: χρη-do/creditum: ho fede, presto fede, credo.
Sempre da χρη, i latini dedussero: in-cre-mentum:
accrescimento, ex-cre-mentum: quod excernitur: ciò che resta
della cernita: vagliatura, escrezione, spurgo. Gli
italici da cerno, con il significato di separare,dedussero:
cernita, cerniera, che lega ciò che è separato; mentre,
nel mio dialetto, si ebbe: cigriv’, che è il cribrum dei latini. Quindi,
rafforzarono il concetto di separare coniando ex-cerno/excretum, che
porterà, successivamente, a dis-cernere/ discretum: separo,
distinguo, riconosco (da cui discernimento), a: decerno/
decretum: stabilisco, come atto del κριτής
(giudice), ma, soprattutto, perché la data di nascita, quella in cui
avviene la separazione della creatura, viene fissata, viene stabilita,
come data certa, immodificabile, quindi a se-cerno/secretum: secerno,
divido, scarto, da cui, in italiano, secrezione, come
sudorazione o come separazione/escrezione di liquidi, quindi, l’aggettivo
secretus: separato, appartato, solitario, che indica
la condizione della creatura in grembo, poi a: concerno: vaglio, mescolo
insieme. Oggi, si dà a concernente
il significato di attinente a.
Prima di
affrontare i processi formativi di alcune parole bisogna ricordare che alcune omofonie/omografie
giocano un ruolo importante. Una di queste è la radice χρη
(dal generare lo scorrere il passare), originariamente χρεα,
che è da ricollegare a creare/creatum, a cerno/cretum, a cresco/cretum. Molto probabilmente la parola creta (argilla), così
elaborata: χρη-ta, fu in questo modo denominata, in
quanto si ritrova in ciò che è stato creato, ad indicare la natura di
una materia che ha la capacità plastica per creare. Poi, fu coniato χρηsco/ cretum: cresco/cresciuto, per cui dalla
creatura cresciuta e realizzata fu dedotto l’aggettivo: concreto: quanto
di realizzato ho sotto gli occhi, ma anche: denso, duro. C’è da
sottolineare che in greco antico il concetto di concretezza fu dedotto
da (prasso) πράσσω: faccio, opero,
compio, coniando: (pragmaticoteta) πραγματικότητα: le cose realizzate. I latini da concresco/concretum
dedussero: mi aggrego, mi consolido, mi rapprendo, per cui
da questo concretus fecero derivare concrezione. Sempre da cresco
ricavarono excresco: cresco fuori (la crescita del grembo?),
quindi: discresco/discretum: cresco assai, per cui, per
esempio, l’espressione: accumulò una discreta fortuna. Per indicare una
persona discreta, indiscreta (che manca di discrezione), si
può pensare a un dedotto di s(e)cretus; infatti, nel mio dialetto,
di una persona che mantiene il segreto si dice: iè segret(a)
(non divulga), omologo, in greco, di (sighetétes) σιγητής:
che tace, muto.Inoltre, la persona che sa mantenere un
segreto: discreta, forse fu dedotta da (retòs) ῥητός: detto, non segreto, divulgabile.
Quindi, persona discreta, in questo caso, indicherebbe colei che si
rende conto che alcune notizie non sono divulgabili. Infine, dal verbo discerno/discretum: distinguo,
riconosco, discerno fu ricavato discernimento, come
facoltà intellettiva di tenere distinti, riconoscendoli in fieri, i significati,
per comprendere, nella pienezza, il reale, qui, nel senso di comprendere
l’accadimento nella sua genesi, non una volta per tutte. Quindi, dal participio
passato discreto,fu dedotta dai latini ladiscrezione (distinzione/
separazione dei significati), inverata, poi, dal Guicciardini, che invita a non
parlare in assoluto, ma a tenere distinti, in base al contesto storico, gli
accadimenti, per poter salvaguardare il particulare. Si ricorda, infine, che in latino, sine discretione si
rende: indistintamente.