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venerdì 30 settembre 2022

PAROLE E LINGUA
di Nicola Santagada

 

La discrezione


La parola, inizialmente, nasce per rappresentare un concreto, un questo qui, per cui, spesso, ha un valore deittico.  I latini, sicuramente, conobbero il verbo (crino) κρίνω (dedotto dalla radice: κρι), che, in greco, ebbe più significati: distinguo, secerno, separo, decido, giudico, mentre al medio significò: faccio entrare in fase critica. I latini da κρίνω dedussero cribrum: crivello, staccio, vaglio. In alcuni dialetti si ebbe criv’, da cui, appunto, il crivello e crivellare. Nel mio dialetto si coniò sitazz’ (setaccio) che fu dedotto da σήθω: vaglio e/o da σείω: scuoto, da cui: σειτός: scosso, poi: setola, anche per filtrare, e setaccio, che rimanderebbe a scosso. Da ricordare che i greci, per denominare il setaccio, si avvalsero di: (cresera) κρησέρα, mentre, per indicare crivello, coniarono un nome neutro: (coschinon) κόσκινον, da cui in alcuni dialetti fu dedotta la parola cuscuglia, come avanzi della cernita. Questa pluralità di significati fu conseguente alla genericità della perifrasi: va (dentro) dallo scorrere, il cui tema da sviluppare rimandava a ciò che avviene nel grembo durante i nove mesi.
Infatti, il verbo κρίνω fu un generatore di significati per i greci, che coltivarono, per come detto in altra occasione, il significato di giudico, per cui da (critòs) κριτός: giudicabile, giudicato, deciso, si ebbero: (crités) κριτής: giudice, (criterion) κριτήριον: regola per discernere il vero dal falso, il giusto dall’ingiusto, il buono dal cattivo; quindi, criterio, (da cui, in italiano: scriteriato), critico come atto del giudice, ma anche come aggettivo derivante da crisi (periodo critico), nel senso di decisivo per l’esito, e critica come arte del giudicare.
Sicuramente da κρίνω fu dedotto il verbo incrinare che indica una separazione, una fessurazione irrimediabile e permanente, così come il crinale dei monti, anche se questo nome rimanda, originariamente, a crinis (capello/crine del cavallo), che, forse, è da collegare allo stesso tema.
Inoltre, da κρίνω dedussero il deverbale (crima crimatos) κρίμα κρίματος: lite, questione, causa, sentenza, condanna, in quanto pensarono alle funzioni del (crités) κριτής: giudice. I latini svilupparono quanto si deduce da κρίμα ed elaborarono crimen crimiminis: capo d’imputazione, delitto, criminalis (come causa criminalis), criminoso, criminor/criminatus sum: incolpo, accuso, denigro, quindi: criminatio: imputazione, mentre incriminatio significò, inizialmente, innocenza.



I greci, inoltre, da κρίμα dedussero: κ-κριμα: ciò che viene separato, residuo, per cui in dialetto si ebbe: scrima che sta per scriminatura dei capelli. Poi, i latini, da questo processo logico di ciò che viene separato, dedussero discrimen: linea di divisione, differenza, anche: momento decisivo, quindi il verbo discrimino: divido, separo, distinguo.
I latini, che conobbero il verbo κρίνω, ma anche la radice χρη: dal generare lo scorrere il passare (nella forma scempia χρεα), elaborarono, per metatesi di posizione (χηρ da χρη): cerno/cretum: vaglio, separo, distinguo, decido. Mi piace anche ricordare che, in greco, dalla radice χρη, fu formato il verbo κίχρημι: presto, do in prestito, mentre i latini se ne servirono anche per dedurre: χρη-do/creditum: ho fede, presto fede, credo. Sempre da χρη, i latini dedussero: in-cre-mentum: accrescimento, ex-cre-mentum: quod excernitur: ciò che resta della cernita: vagliatura, escrezione, spurgo. Gli italici da cerno, con il significato di separare, dedussero: cernita, cerniera, che lega ciò che è separato; mentre, nel mio dialetto, si ebbe: cigriv’, che è il cribrum dei latini. Quindi, rafforzarono il concetto di separare coniando ex-cerno/excretum, che porterà, successivamente, a dis-cernere/ discretum: separo, distinguo, riconosco (da cui discernimento), a: decerno/ decretum: stabilisco, come atto del κριτής (giudice), ma, soprattutto, perché la data di nascita, quella in cui avviene la separazione della creatura, viene fissata, viene stabilita, come data certa, immodificabile, quindi a se-cerno/secretum: secerno, divido, scarto, da cui, in italiano, secrezione, come sudorazione o come separazione/escrezione di liquidi, quindi, l’aggettivo secretus: separato, appartato, solitario, che indica la condizione della creatura in grembo, poi a: concerno: vaglio, mescolo insieme.  Oggi, si dà a concernente il significato di attinente a.



Prima di affrontare i processi formativi di alcune parole bisogna ricordare che alcune omofonie/omografie giocano un ruolo importante. Una di queste è la radice χρη (dal generare lo scorrere il passare), originariamente χρεα, che è da ricollegare a creare/creatum, a cerno/cretum, a cresco/cretum.
Molto probabilmente la parola creta (argilla), così elaborata: χρη-ta, fu in questo modo denominata, in quanto si ritrova in ciò che è stato creato, ad indicare la natura di una materia che ha la capacità plastica per creare. Poi, fu coniato χρηsco/ cretum: cresco/cresciuto, per cui dalla creatura cresciuta e realizzata fu dedotto l’aggettivo: concreto: quanto di realizzato ho sotto gli occhi, ma anche: denso, duro. C’è da sottolineare che in greco antico il concetto di concretezza fu dedotto da (prasso) πράσσω: faccio, opero, compio, coniando: (pragmaticoteta) πραγματικότητα: le cose realizzate. I latini da concresco/concretum dedussero: mi aggrego, mi consolido, mi rapprendo, per cui da questo concretus fecero derivare concrezione. Sempre da cresco ricavarono excresco: cresco fuori (la crescita del grembo?), quindi: discresco/discretum: cresco assai, per cui, per esempio, l’espressione: accumulò una discreta fortuna. Per indicare una persona discreta, indiscreta (che manca di discrezione), si può pensare a un dedotto di s(e)cretus; infatti, nel mio dialetto, di una persona che mantiene il segreto si dice: iè segret(a) (non divulga), omologo, in greco, di (sighetétes) σιγητής: che tace, muto. Inoltre, la persona che sa mantenere un segreto: discreta, forse fu dedotta da (retòs) ητός: detto, non segreto, divulgabile. Quindi, persona discreta, in questo caso, indicherebbe colei che si rende conto che alcune notizie non sono divulgabili.
Infine, dal verbo discerno/discretum: distinguo, riconosco, discerno fu ricavato discernimento, come facoltà intellettiva di tenere distinti, riconoscendoli in fieri, i significati, per comprendere, nella pienezza, il reale, qui, nel senso di comprendere l’accadimento nella sua genesi, non una volta per tutte. Quindi, dal participio passato discreto, fu dedotta dai latini la discrezione (distinzione/ separazione dei significati), inverata, poi, dal Guicciardini, che invita a non parlare in assoluto, ma a tenere distinti, in base al contesto storico, gli accadimenti, per poter salvaguardare il particulare.
Si ricorda, infine, che in latino, sine discretione si rende: indistintamente.