L’andamento
della campagna elettorale in corso ci dimostra come l’Italia sia un Paese in
piena crisi culturale, morale, politica prima ancora che economica e sociale.Nella drammatica situazione dell’attualità
bellica il ceto politico italiano nel suo complesso, escluse dovute eccezioni,
non appare in grado di promuovere un’iniziativa di pace: ed è questo il segnale
più evidente della debolezza e della subalternità del sistema alle logiche
esterne della sopraffazione e del dominio.Non si tratta soltanto del pericolo incombente di una vittoria nelle
urne di una destra che affonda le sue radici in quelle della Repubblica Sociale.
È qualcosa di più profondo che colpisce la nostra comunità.Si tratta degli atteggiamenti di
vita quotidiana, dei fenomeni alimentati da parole inconsulte scritte sui
social media e sui mezzi di comunicazione di massa che trascinano a gare
d’imitazione al ribasso cui partecipano da protagonisti i principali attori
dell’arena politica in quadro di trasformismo che ha ormai raggiunto livelli
paradossali. Cogliamo i frutti avvelenati di una lunga stagione di
abdicazione dal senso collettivo, del prevalere dell’individualismo competitivo
consumistico, di adozione dei modelli di ferocia sociale attraverso i quali si
pensava di realizzare una società costruita nel “segno del comando” di chi
aveva decretato la “fine della storia”. La politica non riesce più a esprimere organizzazione sociale e
pedagogia di massa.Nella
sostanza viviamo in uno stato di perenne "rivoluzione passiva". Gobetti scrisse del “fascismo come autobiografia della nazione”,
Gramsci di “eversione delle classi dirigenti”, Togliatti di “regime reazionario
di massa”. Queste tre frasi sono ancor oggi illuminanti e dovrebbero essere
non solo ricordate ma ben analizzate nella loro attualità.
Come può oggi l’Italia ricordare l’8 settembre? Fu quello il giorno della “morte” o della “rinascita” del Paese? Prima di tutto debbono essere ricordati due punti fondamentali: 1) L’8
settembre rappresentò il momento apicale della tragedia del fascismo e non
soltanto in ragione dell’esito bellico. Andava a compimento, a quel punto, il
ventennio della dittatura, la complicità correa del capitalismo italiano, la
grettezza culturale e morale della monarchia; 2) La
risposta all’8 settembre fu il CLN. Questo elemento deve essere sottolineato
con forza perché senza il CLN, formato dai partiti che pure – in forme diverse
– avevano resistito al regime, non ci sarebbe stata la legittimazione politica
della Resistenza e non si sarebbe arrivati al risultato di un’Italia sì vinta
ma in grado, immediatamente, durante il conflitto e nel momento stesso della
sua conclusione di rivendicare la propria capacità di governo e la propria
identità.Ciò si
verificò nonostante l’invasione del territorio da parte delle armate straniere
e l’ambiguità della situazione allora in atto con il permanere della monarchia.L’atto vero di ricostruzione del
Paese sotto l’aspetto culturale, politico, morale avvenne comunque nell’immediato
post 25 Aprile essenzialmente grazie alla presenza dei grandi partiti di massa
e alla loro capacità, pur in una fase di fortissima difficoltà culminata
nell'avvio della guerra fredda, di tenere assieme l'unità resistenziale con
l'elaborazione della Carta Costituzionale.Toccò ai grandi partiti di massa fornire il contributo decisivo,
insostituibile, alla ricostruzione fornendoci l'esempio del come restituire una
visione di dignità alla politica: solo lavorando per tornare a quelle origini
della nostra democrazia si potrà ricordare efficacemente l’8 settembre 1943.