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domenica 9 ottobre 2022

BASTA GUERRE


 
Care, cari,
oggi è arrivato questo appello redatto da Richard Falk (Usa), Chandra Muzaffar (Malesia) e Joseph Camilleri (Malta e Australia). È sostenuto da numerose personalità di tutto il mondo. Sottolineo: statunitensi, europei, latinoamericani, africani, asiatici e dell'Oceania. Nord Globale e Sud Globale.
In allegato la traduzione. Sottolineo. Né filorussi, né filoamericani, né filo-Nato. Per la pace, per l'umanità e per il pianeta. Nel 1947 partiva il Doomsday Clock (l'Orologio del Giorno del Giudizio o dell'Apocalisse) promosso da scienziati dell'atomo preoccupati per il destino del mondo, in pericolo a causa della Guerra Fredda. E indicava allora che c'erano solo 7 minuti all'annientamento nucleare. Oggi siamo a pochi secondi. Togliamo ai novelli dottor Stranamore la prepotenza di "giocare con il mondo", al fine di mantenere privilegi, ricchezza, egemonia e potere. Vi prego di firmare questo appello, vedete il link nel testo, e di farlo girare nei vostri ambiti. Le persone che l'hanno promosso rappresentano un'umanità che ha a cuore il futuro della specie umana, del vivente e del pianeta tutto. Per un mondo multipolare, antiegemonico, antimperiale. Un caro saluto.       [Giorgio Riolo]
 
 
Un appello per la pace a tutti coloro i quali hanno a cuore il futuro dell'umanità e del pianeta promosso da Richard Falk, Joseph Camilleri, Chandra Muzaffar e sostenuto da tante altre personalità del mondo intero.
 
L'umanità ha raggiunto un punto di svolta. È tempo che i governi, le istituzioni internazionali e le persone di tutto il mondo facciano il punto della situazione e agiscano con rinnovata urgenza.


Il conflitto in Ucraina sta infliggendo morte, ferite, sfollati e distruzione, aggravando la crisi alimentare globale, portando l'Europa alla recessione e creando onde d'urto nell'economia mondiale. Il conflitto su Taiwan minaccia di degenerare in una vera e propria guerra che devasterebbe Taiwan e trasformerebbe l'Asia orientale in una polveriera. Ancora più preoccupante è la relazione tossica tra gli Stati Uniti da un lato e la Cina e la Russia dall'altro. Qui risiede la chiave di entrambi i conflitti.
Quello a cui stiamo assistendo è il culmine di decenni di evidente malagestione della sicurezza globale. Gli Stati Uniti non sono stati disposti ad accettare, e tanto meno ad adattarsi, all'ascesa della Cina e al riemergere della Russia. Non sono disposti a rompere con le nozioni obsolete di dominio globale, retaggio della Guerra Fredda e del trionfalismo seguito al crollo dell'Unione Sovietica. È in atto un cambiamento nel potere globale. Il mondo occidentalocentrico, in cui prima l'Europa e poi gli Stati Uniti hanno avuto la posizione di dominio, sta lasciando il posto a un mondo multicentrico e multilaterale in fatto di civiltà, in cui altri centri di potere e di influenza esigono di essere ascoltati. La mancata accettazione di questa nuova realtà comporta un pericolo immenso. È in pieno svolgimento una nuova guerra fredda, la quale può trasformarsi in qualsiasi momento in una guerra calda. Secondo le parole del Segretario Generale delle Nazioni Unite Antonio Guterres, "l'umanità è a un dipresso dall'annientamento nucleare, a causa di un malinteso, a causa di un errore di calcolo". Anche se l'apocalisse nucleare è scongiurata, la discordia tra gli Stati dotati di armi nucleari impedisce la risoluzione cooperativa dei problemi, la fornitura di beni pubblici globali e un sistema Onu efficace e indipendente. Per essere all’altezza della sfida abbiamo bisogno di una risposta coerente, sostenuta e multiforme da parte dei governi e delle istituzioni internazionali, ispirata e guidata da una società civile sempre attenta e impegnata. Sono diversi i passi da compiere, alcuni immediati, altri a più lungo termine. I primi passi debbono mirare a porre fine al conflitto in Ucraina e a disinnescare le tensioni su Taiwan. Sono necessari sforzi più sostanziali per promuovere un quadro di coesistenza cooperativa tra Stati Uniti, Russia e Cina - un elemento essenziale per la costruzione della pace in Europa e in Asia.
A tal fine, riteniamo che il Segretario Generale delle Nazioni Unite o un gruppo di medie potenze - idealmente meglio entrambe le parti, agendo di concerto - potrebbero avviare un'iniziativa su più fronti volta a garantire un cessate il fuoco efficace e duraturo in Ucraina e l'allentamento delle tensioni su Taiwan.
Nel caso dell'Ucraina, l'obiettivo deve essere quello di garantire la cessazione di tutti i combattimenti da parte delle forze russe e ucraine e dei gruppi separatisti operanti nella regione del Donbass. Si tratterebbe di un cessate il fuoco monitorato da un gruppo delle Nazioni Unite che riferisca regolarmente e direttamente al Segretario Generale dell'Onu. Tuttavia, è improbabile che un cessate il fuoco possa durare a lungo senza una soluzione duratura del conflitto russo-ucraino. Questa dipenderà a sua volta dalla fine dell'uso cinico della guerra in Ucraina da parte di grandi potenze intenzionate a perseguire le proprie ambizioni geopolitiche. Solo allora sarà possibile conseguire:
 
- il ritiro graduale delle forze militari russe;
- la fine della fornitura di aiuti militari letali all'Ucraina;
- una politica di neutralità costituzionalmente sancita per l'Ucraina;
- la risoluzione delle questioni giurisdizionali, in particolare la Crimea e la regione del Donbass, insieme a un processo volto a sanare le animosità regionali, etniche e religiose all'interno dell'Ucraina.
- Tutti i prigionieri di guerra, i rifugiati e i civili in cattività devono essere restituiti ai rispettivi Paesi e tutti i loro diritti devono essere rispettati come previsto dalle Convenzioni di Ginevra.


Questi accordi dovranno essere integrati da un accordo più ampio che coinvolga altre parti interessate, al fine di assicurare: un programma internazionale adeguatamente finanziato per affrontare la crisi umanitaria in Ucraina; garanzie internazionali per salvaguardare l'indipendenza, la neutralità e l'integrità territoriale dell'Ucraina; la rimozione di tutte le sanzioni imposte alla Russia e il ripristino di normali relazioni commerciali. Nel caso del conflitto di Taiwan, il primo passo deve essere quello di allentare l'attuale livello di tensione. A tal fine, la comunità internazionale dovrebbe riaffermare i principi enunciati nel comunicato di Shanghai del 1972, in particolare il principio "una sola Cina", che oggi gode di un ampio sostegno internazionale. In linea con questo principio, la comunità internazionale deve utilizzare tutti i mezzi a sua disposizione per dissuadere Taiwan dal fare qualsiasi dichiarazione unilaterale di indipendenza. Il Segretario Generale delle Nazioni Unite, insieme all'Asean, è nella posizione ideale per condurre questa linea d'azione. Queste iniziative, relativamente a breve termine, devono aprire la strada a una serie di consultazioni interconnesse, culminanti in una conferenza internazionale, il cui scopo principale sarebbe quello di definire una nuova architettura di sicurezza globale, sostenuta da adeguate riforme della governance mondiale e finalizzata a:
 
1. Fermare la marcia verso la completa distruzione nucleare e avviare un programma ambizioso per il disarmo nucleare, iniziando con una serie di accordi per il controllo degli armamenti e il disarmo e portando, entro un determinato lasso di tempo, all'adesione universale al Trattato sulla proibizione delle armi nucleari;
2. Rispecchiare la realtà di un mondo multicentrico e multilaterale in fatto di civiltà, rispettoso dell'indipendenza e dei diritti legittimi di tutte le nazioni sovrane e in cui nessun attore miri ad esercitare ambizioni imperiali o egemoniche.
3. Enunciare i principi di sicurezza comune, cooperativa e globale e tradurli in accordi regionali efficaci, soprattutto in Europa e nella regione Asia-Pacifico;
4. Avviare una serie di misure in grado di invertire la militarizzazione del sistema internazionale, tra cui la limitazione della portata e degli obiettivi delle alleanze militari e del dispiegamento di forze militari all'estero, nonché la progressiva riduzione dei bilanci militari nazionali, reindirizzando così le risorse verso aree di urgente necessità sociale, economica e ambientale;
5. Avviare una profonda riforma delle istituzioni internazionali, in particolare del sistema delle Nazioni Unite, in modo che possano rispondere in modo più efficace e cooperativo alle minacce esistenziali, in particolare al cambiamento climatico, alla perdita di biodiversità e alle pandemie presenti e future.
 
Tutto questo non avverrà senza un massiccio risveglio globale della saggezza e dell'energia umane. Per quanto importanti siano i governi e le istituzioni internazionali, l'iniziativa per una risposta coerente alle sfide che dobbiamo affrontare spetta in gran parte alle persone, alla società civile.
È necessaria una leadership di vario tipo. Ecco perché questo messaggio è rivolto anche a intellettuali, artisti, scienziati, giornalisti, capi religiosi, sostenitori e altri cittadini impegnati.
Parimenti, abbiamo in mente i gruppi che si occupano dei diritti dei popoli indigeni, degli aiuti e dello sviluppo, della risoluzione dei conflitti, delle libertà civili e dei diritti umani, della violenza contro le donne, dei rifugiati e dei richiedenti asilo, dei cambiamenti climatici e delle altre minacce all'ambiente, della salute pubblica (non ultima la Covid), della giustizia per i poveri e per gli emarginati e della diversità etnica, religiosa e culturale.
TUTTI sono colpiti negativamente dal confronto tra grandi potenze, dalle leggi oppressive sulla sicurezza, dall'aumento dei bilanci militari e dalle attività militari distruttive, per non parlare della prospettiva di una catastrofe nucleare.
TUTTI hanno un ruolo cruciale da svolgere.
Anche i sindacati, le reti professionali (nel campo dell'istruzione, della legge, della medicina, dell'assistenza infermieristica, dei media e delle comunicazioni), le organizzazioni di agricoltori, gli enti religiosi, i gruppi di riflessione incentrati sull'uomo e i centri di ricerca hanno molto da contribuire alla discussione per un futuro abitabile.
È tempo che le persone di tutto il mondo assumano l'iniziativa, individualmente e collettivamente, per avviare discussioni, piccole e grandi, formali e informali, in rete e di persona, utilizzando la parola scritta e parlata, nonché le arti visive e dello spettacolo.  Questo è un momento di riflessione collettiva sulla situazione attuale, sulla direzione da prendere e sui passi necessari per arrivarci.
La posta in gioco è alta. Abbiamo bisogno di un pensiero coraggioso che metta in connessione le persone e le questioni, all'interno dei Paesi e tra i Paesi stessi. Dobbiamo ravvivare e riformulare la discussione sulla sicurezza globale. Non c'è un momento da perdere.
Clicca qui per firmare la petizione 

https://www.change.org/p/to-all-who-care-about-humanity-s-and-the-planet-s-future


 
 

Appello preparato da
 
Richard Falk, professore emerito di diritto internazionale all'Università di Princeton; cattedra di diritto globale all'Università Queen Mary di Londra; ricercatore associato all'Ucsb.
Joseph Camilleri, professore emerito dell'Università La Trobe di Melbourne; membro dell'Accademia delle Scienze Sociali in Australia; presidente di Conversation at the Crossroads.
Chandra Muzaffar, ex professore di Studi globali, Universiti Sains Malaysia, Penang; presidente del Movimento internazionale per un mondo giusto (JUST).
 
Sostenuto da
 
Prof. Abdelllah Hammoudi, Professore emerito di Antropologia; Direttore fondatore dell'Istituto Transregionale, Università di Princeton.
Ajarn Sulak Sivaraksa, cofondatore e presidente del Comitato consultivo della Rete internazionale di buddisti impegnati.
Ashis Nandy, Homi Bhabha Fellow, Centro per lo studio delle società in via di sviluppo.
Brad Wolf, direttore esecutivo di Peace Action Network of Lancaster.
Prof. Alfred de Zayas, professore di diritto internazionale, Scuola diplomatica di Ginevra; ex esperto indipendente delle Nazioni Unite sull'ordine internaz. 
Dr. Arujunan Narayanan, accademico che insegna Relazioni internazionali, Diritto internazionale e Filosofia occidentale - UKM, UM, HELP University, Armed Forces Defence College, Institute of Diplomacy and Foreign Relations.
Prof. Assaf Kfoury, professore di informatica, Università di Boston.
Celso Luiz Nunes Amorim, ex ministro degli Esteri; ex ministro della Difesa, Brasile.
Prof. Chaiwat Satha-Anand, ex presidente dell'Associazione per le scienze sociali della Thailandia; ex vice-rettore per gli affari accademici dell'Università Thammasat; attualmente esperto del Toda Peace Institute, professore di scienze politiche dell'Università Thammasat; illustre studioso dell'Università Thammasat.
Chris Hedges, giornalista, autore e commentatore americano.
David Swanson, autore, direttore esecutivo di World BEYOND War.
Prof. Farish A. Noor, Professore, Dipartimento di Storia, Università di Malaya.



Fredrik S. Heffermehl, avvocato e scrittore, Norvegia, Premio Nobel per la Pace.
Prof. Ilan Pappe, Direttore del Centro europeo di studi sulla Palestina, Università di Exeter, Gran Bretagna.
Ivana Nikolic Hughes, presidente della Nuclear Age Peace Foundation; docente senior di chimica alla Columbia University.
Prof. Jeffrey Sachs, Professore universitario, Columbia University.
Jorge Casteneda, ex ministro degli esteri del Messico, New York University.
Jeremy Corbyn, deputato indipendente, ex segretario del Labour Party.
John K. Stoner, 1040forpeace.org
Prof. Jomo Kwame Sundaram, Professore emerito di Economia, Università di Malaya.
Prof. Junaid S. Ahmad, Direttore del Centro per lo studio dell'Islam e della decolonialità, Islamabad, Pakistan.
Dott.ssa Kate Hudson, Segretario generale della Campagna per il disarmo nucleare.
Kathy Kelly, Presidente del Consiglio di amministrazione di World Beyond War.
Kishore Mahbubani, preside fondatore della Scuola di politica pubblica Lee Kuan Yew, NUS.
Prof. Kevin Clements, Direttore dell'Istituto per la pace Toda, Tokyo, Giappone.
Dr. Lim Teck Ghee, analista politico.
Prof. Mahmood Mamdani, Professore presso Columbia University, New York.
Mairead Maguire, vincitrice del premio per la pace; cofondatrice di Peace People; Irlanda del Nord.
Prof. Maivan Clech Lam, professore emerito di diritto internazionale, Ralph Bunche Institute for International Studies presso il Graduate Center della City University di New York.
Maung Zarni, dissidente birmano e cofondatore di Forsea. (Tan Sri.).
Mohamed Jawhar Hassan, professore aggiunto dell'Istituto Asia-Europa dell'Università di Malaya; ex presidente e direttore generale dell'Istituto di studi strategici e internazionali (Isis) della Malesia.
Dr. Ramzy Baroud, Centro per l'Islam e gli Affari Globali, Università Zain, Istanbul.
Prof. Shad Saleem Faruqi, professore emerito presso la Facoltà di Giurisprudenza dell'Università di Malaya; titolare della cattedra della  Fondazione Tunku Abdul Rahman.
Shahanaaz Habib, ex giornalista, The Star.
Susan Wright, Ph.D., ricercatrice e docente emerita di Storia della scienza presso l'Università del Michigan.
Victoria Brittain, giornalista e autrice.
Yanis Varoufakis, membro del Parlamento greco e leader del MeRA25, cofondatore del DiEM25; professore di economia all'Università di Atene; professore onorario di economia politica all'Università di Sydney; professore honoris causa di diritto, economia e finanza all'Università di Torino; Distinguished Visiting Professor di economia politica al Kings College dell'Università di Londra.
Hans von Sponeck, Segretario generale aggiunto delle Nazioni Unite (in pensione).
Dr. Michael Jeyakumar, presidente del Partito socialista della Malesia.
Noam Chomsky, linguista americano, filosofo, scienziato cognitivo, saggista storico, critico sociale e attivista politico.
Phyllis Bennis, Direttore del New Internationalism Project, Istituto per gli Studi Politici.
Ronnie Kasrils, ex ministro sudafricano in pensione, attivista e autore.