Care, cari, oggi è arrivato questo appello redatto da Richard Falk
(Usa), Chandra Muzaffar (Malesia) e Joseph Camilleri (Malta e Australia). È sostenuto
da numerose personalità di tutto il mondo. Sottolineo: statunitensi, europei,
latinoamericani, africani, asiatici e dell'Oceania. Nord Globale e Sud Globale. In allegato la traduzione. Sottolineo. Né filorussi,
né filoamericani, né filo-Nato. Per la pace, per l'umanità e per il pianeta.
Nel 1947 partiva il Doomsday Clock (l'Orologio del Giorno del Giudizio o
dell'Apocalisse) promosso da scienziati dell'atomo preoccupati per il destino
del mondo, in pericolo a causa della Guerra Fredda. E indicava allora che
c'erano solo 7 minuti all'annientamento nucleare. Oggi siamo a pochi secondi.
Togliamo ai novelli dottor Stranamore la prepotenza di "giocare con il
mondo", al fine di mantenere privilegi, ricchezza, egemonia e potere. Vi
prego di firmare questo appello, vedete il link nel testo, e di farlo girare
nei vostri ambiti. Le persone che l'hanno promosso rappresentano un'umanità che
ha a cuore il futuro della specie umana, del vivente e del pianeta tutto. Per
un mondo multipolare, antiegemonico, antimperiale. Un caro saluto. [Giorgio
Riolo] Un appello per la pace a tutti coloro i quali hanno
a cuore il futuro dell'umanità e del pianeta promosso da Richard Falk, Joseph
Camilleri, Chandra Muzaffar e sostenuto da tante altre personalità del mondo
intero. L'umanità ha raggiunto un punto di svolta. È tempo che i
governi, le istituzioni internazionali e le persone di tutto il mondo facciano
il punto della situazione e agiscano con rinnovata urgenza.
Il
conflitto in Ucraina sta infliggendo morte, ferite, sfollati e distruzione,
aggravando la crisi alimentare globale, portando l'Europa alla recessione e creando
onde d'urto nell'economia mondiale. Il conflitto su Taiwan minaccia di
degenerare in una vera e propria guerra che devasterebbe Taiwan e
trasformerebbe l'Asia orientale in una polveriera. Ancora più preoccupante è la
relazione tossica tra gli Stati Uniti da un lato e la Cina e la Russia
dall'altro. Qui risiede la chiave di entrambi i conflitti. Quello
a cui stiamo assistendo è il culmine di decenni di evidente malagestione della
sicurezza globale. Gli Stati Uniti non sono stati disposti ad accettare, e
tanto meno ad adattarsi, all'ascesa della Cina e al riemergere della Russia.
Non sono disposti a rompere con le nozioni obsolete di dominio globale,
retaggio della Guerra Fredda e del trionfalismo seguito al crollo dell'Unione
Sovietica. È in atto un cambiamento nel potere globale. Il mondo occidentalocentrico,
in cui prima l'Europa e poi gli Stati Uniti hanno avuto la posizione di
dominio, sta lasciando il posto a un mondo multicentrico e multilaterale in
fatto di civiltà, in cui altri centri di potere e di influenza esigono di
essere ascoltati. La mancata accettazione di questa nuova realtà comporta un
pericolo immenso. È in pieno svolgimento una nuova guerra fredda, la quale può
trasformarsi in qualsiasi momento in una guerra calda. Secondo le parole del
Segretario Generale delle Nazioni Unite Antonio Guterres, "l'umanità è a
un dipresso dall'annientamento nucleare, a causa di un malinteso, a causa di un
errore di calcolo". Anche se l'apocalisse nucleare è scongiurata, la
discordia tra gli Stati dotati di armi nucleari impedisce la risoluzione
cooperativa dei problemi, la fornitura di beni pubblici globali e un sistema
Onu efficace e indipendente. Per essere all’altezza della sfida abbiamo bisogno
di una risposta coerente, sostenuta e multiforme da parte dei governi e delle
istituzioni internazionali, ispirata e guidata da una società civile sempre
attenta e impegnata. Sono diversi i passi da compiere, alcuni immediati, altri
a più lungo termine. I primi passi debbono mirare a porre fine al conflitto in
Ucraina e a disinnescare le tensioni su Taiwan. Sono necessari sforzi più
sostanziali per promuovere un quadro di coesistenza cooperativa tra Stati
Uniti, Russia e Cina - un elemento essenziale per la costruzione della pace in
Europa e in Asia. A
tal fine, riteniamo che il Segretario Generale delle Nazioni Unite o un gruppo
di medie potenze - idealmente meglio entrambe le parti, agendo di concerto -
potrebbero avviare un'iniziativa su più fronti volta a garantire un cessate il
fuoco efficace e duraturo in Ucraina e l'allentamento delle tensioni su Taiwan. Nel
caso dell'Ucraina, l'obiettivo deve essere quello di garantire la cessazione di
tutti i combattimenti da parte delle forze russe e ucraine e dei gruppi
separatisti operanti nella regione del Donbass. Si tratterebbe di un cessate il
fuoco monitorato da un gruppo delle Nazioni Unite che riferisca regolarmente e
direttamente al Segretario Generale dell'Onu. Tuttavia, è improbabile che un cessate
il fuoco possa durare a lungo senza una soluzione duratura del conflitto
russo-ucraino. Questa dipenderà a sua volta dalla fine dell'uso cinico della
guerra in Ucraina da parte di grandi potenze intenzionate a perseguire le
proprie ambizioni geopolitiche. Solo allora sarà possibile conseguire: -
il ritiro graduale delle forze militari russe; -
la fine della fornitura di aiuti militari letali all'Ucraina; -
una politica di neutralità costituzionalmente sancita per l'Ucraina; -
la risoluzione delle questioni giurisdizionali, in particolare la Crimea e la
regione del Donbass, insieme a un processo volto a sanare le animosità
regionali, etniche e religiose all'interno dell'Ucraina. -
Tutti i prigionieri di guerra, i rifugiati e i civili in cattività devono
essere restituiti ai rispettivi Paesi e tutti i loro diritti devono essere
rispettati come previsto dalle Convenzioni di Ginevra.
Questi
accordi dovranno essere integrati da un accordo più ampio che coinvolga altre
parti interessate, al fine di assicurare: un programma internazionale
adeguatamente finanziato per affrontare la crisi umanitaria in Ucraina;
garanzie internazionali per salvaguardare l'indipendenza, la neutralità e
l'integrità territoriale dell'Ucraina; la rimozione di tutte le sanzioni imposte
alla Russia e il ripristino di normali relazioni commerciali. Nel caso del
conflitto di Taiwan, il primo passo deve essere quello di allentare l'attuale
livello di tensione. A tal fine, la comunità internazionale dovrebbe
riaffermare i principi enunciati nel comunicato di Shanghai del 1972, in
particolare il principio "una sola Cina", che oggi gode di un ampio
sostegno internazionale. In linea con questo principio, la comunità
internazionale deve utilizzare tutti i mezzi a sua disposizione per dissuadere
Taiwan dal fare qualsiasi dichiarazione unilaterale di indipendenza. Il
Segretario Generale delle Nazioni Unite, insieme all'Asean, è nella posizione
ideale per condurre questa linea d'azione. Queste iniziative, relativamente a
breve termine, devono aprire la strada a una serie di consultazioni
interconnesse, culminanti in una conferenza internazionale, il cui scopo
principale sarebbe quello di definire una nuova architettura di sicurezza
globale, sostenuta da adeguate riforme della governance mondiale e finalizzata
a: 1.
Fermare la marcia verso la completa distruzione nucleare e avviare un programma
ambizioso per il disarmo nucleare, iniziando con una serie di accordi per il
controllo degli armamenti e il disarmo e portando, entro un determinato lasso
di tempo, all'adesione universale al Trattato sulla proibizione delle armi
nucleari; 2.
Rispecchiare la realtà di un mondo multicentrico e multilaterale in fatto di
civiltà, rispettoso dell'indipendenza e dei diritti legittimi di tutte le
nazioni sovrane e in cui nessun attore miri ad esercitare ambizioni imperiali o
egemoniche. 3.
Enunciare i principi di sicurezza comune, cooperativa e globale e tradurli in
accordi regionali efficaci, soprattutto in Europa e nella regione
Asia-Pacifico; 4.
Avviare una serie di misure in grado di invertire la militarizzazione del
sistema internazionale, tra cui la limitazione della portata e degli obiettivi
delle alleanze militari e del dispiegamento di forze militari all'estero,
nonché la progressiva riduzione dei bilanci militari nazionali, reindirizzando
così le risorse verso aree di urgente necessità sociale, economica e
ambientale; 5.
Avviare una profonda riforma delle istituzioni internazionali, in particolare
del sistema delle Nazioni Unite, in modo che possano rispondere in modo più
efficace e cooperativo alle minacce esistenziali, in particolare al cambiamento
climatico, alla perdita di biodiversità e alle pandemie presenti e future. Tutto
questo non avverrà senza un massiccio risveglio globale della saggezza e
dell'energia umane. Per quanto importanti siano i governi e le istituzioni internazionali,
l'iniziativa per una risposta coerente alle sfide che dobbiamo affrontare
spetta in gran parte alle persone, alla società civile. È
necessaria una leadership di vario tipo. Ecco perché questo messaggio è rivolto
anche a intellettuali, artisti, scienziati, giornalisti, capi religiosi,
sostenitori e altri cittadini impegnati. Parimenti,
abbiamo in mente i gruppi che si occupano dei diritti dei popoli indigeni,
degli aiuti e dello sviluppo, della risoluzione dei conflitti, delle libertà
civili e dei diritti umani, della violenza contro le donne, dei rifugiati e dei
richiedenti asilo, dei cambiamenti climatici e delle altre minacce
all'ambiente, della salute pubblica (non ultima la Covid), della giustizia per
i poveri e per gli emarginati e della diversità etnica, religiosa e culturale. TUTTI
sono colpiti negativamente dal confronto tra grandi potenze, dalle leggi
oppressive sulla sicurezza, dall'aumento dei bilanci militari e dalle attività
militari distruttive, per non parlare della prospettiva di una catastrofe
nucleare. TUTTI
hanno un ruolo cruciale da svolgere. Anche
i sindacati, le reti professionali (nel campo dell'istruzione, della legge,
della medicina, dell'assistenza infermieristica, dei media e delle
comunicazioni), le organizzazioni di agricoltori, gli enti religiosi, i gruppi
di riflessione incentrati sull'uomo e i centri di ricerca hanno molto da
contribuire alla discussione per un futuro abitabile. È
tempo che le persone di tutto il mondo assumano l'iniziativa, individualmente e
collettivamente, per avviare discussioni, piccole e grandi, formali e
informali, in rete e di persona, utilizzando la parola scritta e parlata,
nonché le arti visive e dello spettacolo. Questo è un momento di riflessione collettiva
sulla situazione attuale, sulla direzione da prendere e sui passi necessari per
arrivarci. La
posta in gioco è alta. Abbiamo bisogno di un pensiero coraggioso che metta in
connessione le persone e le questioni, all'interno dei Paesi e tra i Paesi
stessi. Dobbiamo ravvivare e riformulare la discussione sulla sicurezza
globale. Non c'è un momento da perdere. Clicca
qui per firmare la petizione
Appello
preparato da Richard
Falk, professore emerito di diritto internazionale all'Università di Princeton;
cattedra di diritto globale all'Università Queen Mary di Londra; ricercatore
associato all'Ucsb. Joseph
Camilleri, professore emerito dell'Università La Trobe di Melbourne; membro
dell'Accademia delle Scienze Sociali in Australia; presidente di Conversation
at the Crossroads. Chandra
Muzaffar, ex professore di Studi globali, Universiti Sains Malaysia, Penang;
presidente del Movimento internazionale per un mondo giusto (JUST). Sostenuto
da Prof.
Abdelllah Hammoudi, Professore emerito di Antropologia; Direttore fondatore
dell'Istituto Transregionale, Università di Princeton. Ajarn
Sulak Sivaraksa, cofondatore e presidente del Comitato consultivo della Rete
internazionale di buddisti impegnati. Ashis
Nandy, Homi Bhabha Fellow, Centro per lo studio delle società in via di
sviluppo. Brad
Wolf, direttore esecutivo di Peace Action Network of Lancaster. Prof.
Alfred de Zayas, professore di diritto internazionale, Scuola diplomatica di
Ginevra; ex esperto indipendente delle Nazioni Unite sull'ordine internaz. Dr.
Arujunan Narayanan, accademico che insegna Relazioni internazionali, Diritto
internazionale e Filosofia occidentale - UKM, UM, HELP University, Armed Forces
Defence College, Institute of Diplomacy and Foreign Relations. Prof.
Assaf Kfoury, professore di informatica, Università di Boston. Celso
Luiz Nunes Amorim, ex ministro degli Esteri; ex ministro della Difesa, Brasile. Prof.
Chaiwat Satha-Anand, ex presidente dell'Associazione per le scienze sociali
della Thailandia; ex vice-rettore per gli affari accademici dell'Università
Thammasat; attualmente esperto del Toda Peace Institute, professore di scienze
politiche dell'Università Thammasat; illustre studioso dell'Università
Thammasat. Chris
Hedges, giornalista, autore e commentatore americano. David
Swanson, autore, direttore esecutivo di World BEYOND War. Prof.
Farish A. Noor, Professore, Dipartimento di Storia, Università di Malaya.
Fredrik
S. Heffermehl, avvocato e scrittore, Norvegia, Premio Nobel per la Pace. Prof.
Ilan Pappe, Direttore del Centro europeo di studi sulla Palestina, Università
di Exeter, Gran Bretagna. Ivana
Nikolic Hughes, presidente della Nuclear Age Peace Foundation; docente senior
di chimica alla Columbia University. Prof.
Jeffrey Sachs, Professore universitario, Columbia University. Jorge
Casteneda, ex ministro degli esteri del Messico, New York University. Jeremy
Corbyn, deputato indipendente, ex segretario del Labour Party. John
K. Stoner, 1040forpeace.org Prof.
Jomo Kwame Sundaram, Professore emerito di Economia, Università di Malaya. Prof.
Junaid S. Ahmad, Direttore del Centro per lo studio dell'Islam e della
decolonialità, Islamabad, Pakistan. Dott.ssa
Kate Hudson, Segretario generale della Campagna per il disarmo nucleare. Kathy
Kelly, Presidente del Consiglio di amministrazione di World Beyond War. Kishore
Mahbubani, preside fondatore della Scuola di politica pubblica Lee Kuan Yew,
NUS. Prof.
Kevin Clements, Direttore dell'Istituto per la pace Toda, Tokyo, Giappone. Dr.
Lim Teck Ghee, analista politico. Prof.
Mahmood Mamdani, Professore presso Columbia University, New York. Mairead
Maguire, vincitrice del premio per la pace; cofondatrice di Peace People;
Irlanda del Nord. Prof.
Maivan Clech Lam, professore emerito di diritto internazionale, Ralph Bunche
Institute for International Studies presso il Graduate Center della City
University di New York. Maung
Zarni, dissidente birmano e cofondatore di Forsea. (Tan Sri.). Mohamed
Jawhar Hassan, professore aggiunto dell'Istituto Asia-Europa dell'Università di
Malaya; ex presidente e direttore generale dell'Istituto di studi strategici e
internazionali (Isis) della Malesia. Dr.
Ramzy Baroud, Centro per l'Islam e gli Affari Globali, Università Zain,
Istanbul. Prof.
Shad Saleem Faruqi, professore emerito presso la Facoltà di Giurisprudenza
dell'Università di Malaya; titolare della cattedra della Fondazione Tunku Abdul
Rahman. Shahanaaz
Habib, ex giornalista, The Star. Susan
Wright, Ph.D., ricercatrice e docente emerita di Storia della scienza presso
l'Università del Michigan. Victoria
Brittain, giornalista e autrice. Yanis
Varoufakis, membro del Parlamento greco e leader del MeRA25, cofondatore del
DiEM25; professore di economia all'Università di Atene; professore onorario di
economia politica all'Università di Sydney; professore honoris causa di
diritto, economia e finanza all'Università di Torino; Distinguished Visiting
Professor di economia politica al Kings College dell'Università di Londra. Hans
von Sponeck, Segretario generale aggiunto delle Nazioni Unite (in pensione). Dr.
Michael Jeyakumar, presidente del Partito socialista della Malesia. Noam
Chomsky, linguista americano, filosofo, scienziato cognitivo, saggista storico,
critico sociale e attivista politico. Phyllis
Bennis, Direttore del New Internationalism Project, Istituto per gli Studi Politici. Ronnie
Kasrils, ex ministro sudafricano in pensione, attivista e autore.