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mercoledì 19 ottobre 2022

BISOGNA FAR TACERE LE ARMI

 
Abbiamo chiesto al filosofo Fulvio Papi la sua opinione sulla drammatica contingenza che il conflitto russo-ucraino ha determinato a livello internazionale.
 
Gaccione. Vorrei che esprimessi ai nostri lettori la riflessione che un filosofo come te, attento alla realtà, ha maturato a seguito della grave crisi mondiale scatenata dalla guerra russo-ucraina nel cuore dell’Europa. Che cosa suggerisci?
 
Papi. Ci sono mille ragioni morali condivise per chiedere un immediato cessate il fuoco sul fronte russo-ucraino, che deve essere preludio di una trattativa a livello internazionale ferma sul suo obiettivo pacifista senza pregiudizi preliminari. Una prospettiva, questa, che appartiene all’aura intellettuale di Erasmo quando sosteneva al di là di Agostino e Tommaso che è preferibile una pace ingiusta a una guerra giusta. Prospettive divergenti che sempre, nelle situazioni concrete hanno richiesto una grande potenza argomentativa. Noi europei oggi ci consideriamo sulla linea dell’umanesimo cristiano senza la minima riserva, sicuri della nostra piattaforma valoriale. Ma vi è anche, decisiva, una ragione che altri hanno mostrato con perfetta competenza. In breve: l’energia fondata sul gas sostitutiva del carbone e del petrolio poteva essere considerata come un ponte necessario per giungere a una energia verde. Un’apertura verso un mondo che si può riprodurre senza le devastazioni che sono proprie di una ontologia del valore, la quale in quanto assoluta conduce a una catastrofe storica. Prospettiva questa purtroppo tenuta in ombra nel nostro mondo dove agisce ancora il principio della potenza competitiva che ha alle sue spalle un processo storico basato sulla potenza degli Stati. Al contrario, una radicale posizione pacifista apre una situazione storica che coincide con la difesa del pianeta come ambiente antropico. Chiunque e dovunque oggi governi deve avere chiara questa prospettiva eticamente storica. Altrimenti può accadere solo una conflittualità endemica in un pianeta che è scarso e fragile rispetto alle necessità sociali pensate in una ontologia del valore. Del resto si manifestano già forti opposizioni a questo destino. Non abbiamo però un disegno preciso di questo precipizio, tuttavia abbiamo la percezione di un rischio sicuro, privi come siamo di una collettiva prospettiva che ci consenta di guardare al futuro con maggiore responsabilità e quindi con minore desolazione e paura.