Abbiamo chiesto al filosofo Fulvio Papi la sua
opinione sulla drammatica contingenza che il conflitto russo-ucraino ha
determinato a livello internazionale. Gaccione. Vorrei che esprimessi ai nostri
lettori la riflessione che un filosofo come te, attento alla realtà, ha
maturato a seguito della grave crisi mondiale scatenata dalla guerra
russo-ucraina nel cuore dell’Europa. Che cosa suggerisci? Papi. Ci sono mille ragioni morali
condivise per chiedere un immediato cessate il fuoco sul fronte russo-ucraino,
che deve essere preludio di una trattativa a livello internazionale ferma sul
suo obiettivo pacifista senza pregiudizi preliminari. Una prospettiva, questa,
che appartiene all’aura intellettuale di Erasmo quando sosteneva al di là di
Agostino e Tommaso che è preferibile una pace ingiusta a una guerra giusta.
Prospettive divergenti che sempre, nelle situazioni concrete hanno richiesto
una grande potenza argomentativa. Noi europei oggi ci consideriamo sulla linea
dell’umanesimo cristiano senza la minima riserva, sicuri della nostra
piattaforma valoriale. Ma vi è anche, decisiva, una ragione che altri hanno
mostrato con perfetta competenza. In breve: l’energia fondata sul gas sostitutiva
del carbone e del petrolio poteva essere considerata come un ponte necessario
per giungere a una energia verde. Un’apertura verso un mondo che si può
riprodurre senza le devastazioni che sono proprie di una ontologia del valore,
la quale in quanto assoluta conduce a una catastrofe storica. Prospettiva
questa purtroppo tenuta in ombra nel nostro mondo dove agisce ancora il
principio della potenza competitiva che ha alle sue spalle un processo storico
basato sulla potenza degli Stati. Al contrario, una radicale posizione
pacifista apre una situazione storica che coincide con la difesa del pianeta
come ambiente antropico. Chiunque e dovunque oggi governi deve avere chiara
questa prospettiva eticamente storica. Altrimenti può accadere solo una
conflittualità endemica in un pianeta che è scarso e fragile rispetto alle
necessità sociali pensate in una ontologia del valore. Del resto si manifestano
già forti opposizioni a questo destino. Non abbiamo però un disegno preciso di
questo precipizio, tuttavia abbiamo la percezione di un rischio sicuro, privi
come siamo di una collettiva prospettiva che ci consenta di guardare al futuro
con maggiore responsabilità e quindi con minore desolazione e paura.