Il
dibattito nel dopo elezioni non decolla perché sembra assente la riflessione
sulle cause di quel deficit di offerta politica apparso invece evidente agli
occhi di elettrici ed elettori che rifiutando le spire anti-ideologiche
mostrate dal governo Draghi hanno pensato bene di realizzare un vero e proprio
capolavoro di volatilità elettorale: circa 10.000.000 di voti hanno cambiato di
segno rispetto al 2018, con 4.000.000 che complessivamente hanno preso la via del
non voto (in totale 22.000.000 di unità tra Italia e circoscrizioni estere)
punendo il M5S con un deficit di circa 6.000.000 di voti, la Lega a meno
3.000.000, Forza Italia a meno 2.300.000, il PD a meno 800.000. Una voragine di
oltre 12.000.000 di voti dei quali FdI ne ha recuperato a fatica circa la metà
facendo così diminuire ancora il tasso di rappresentatività del partito di
maggioranza relativa. Nel
PD e a sinistra questo quadro manca completamente all'orizzonte e soprattutto
si omette di riflettere sulla necessità di definire alcuni obiettivi: 1)
Serve ampliare l'offerta politica (anche la stessa lista Sinistra Italiana -
Verdi è apparsa limitata nella capacità di interpretare le contraddizioni del
momento storico; 2)
Il deficit di offerta politica si accompagna con un vuoto di strutturazione
della rappresentanza. Va riportato nel campo dell'agire politico l'intreccio
tra i temi economico - sociali con quelli che un tempo avevamo definito come
"post-materialisti" e progettare una visione di sistema all'interno
della quale declinare la progettualità specifica; 3)
Ci si deve anche misurare con il grande tema della struttura e
dell'organizzazione dell'impegno politico collettivo da svolgersi in funzione
dell'acquisizione della rappresentanza.