UN FRONTE VASTO CONTRO LA GUERRA di
Franco Astengo
La
volontà e l’idea di pace sono scolpite nel cuore del popolo italiano. L’orrore
per ciò che sta accadendo e il rifiuto di ciò che potrebbe succedere nel
prossimo futuro appaiono gli elementi distintivi del giudizio che sta fornendo
il popolo italiano sui drammatici avvenimenti in corso sul fronte di guerra. Non
pare esserci spazio pubblico per qualche vate di rinnovate “radiose giornate di
maggio” e le posizioni di convenienza internazionale dei governi non appaiono
fondate su un reale e concreto consenso popolare: prima fra tutte quelle dell’invio
di ulteriori armamenti sui quali si fonderebbe una nuova escalation
bellica. Inutile scrivere che questa posizione non è filo-questo o filo-quello
ma nasce da una insopprimibile idea di pace e di sviluppo che sta nel cuore del
nostro popolo e dei popoli europei: anzi proprio la pace, e non le schermaglie
dei vari convegni di Bruxelles, rappresenta il vero e solo fondamento possibile
per l’unità europea. La
destra ha vinto le elezioni non tanto su di un nazionalismo di tipo “bellico”
ma su di una ricerca di “protezione” di tanti ceti sociali in difficoltà e
ormai smarriti: alla destra è stato lasciato uno spazio enorme non affrontando
i temi della condizione materiale della vita nel nostro tempo. I partiti della
sinistra “naturalmente” pacifista sono stati timidi a proclamare queste verità,
anche nel corso della recente campagna elettorale. Era possibile appoggiarsi
meglio a due pilastri e trovare così una migliore tensione unitaria. Il primo
pilastro è quello rappresentato dai settori cattolici impegnati in questo campo
richiamandosi ad appelli che arrivano direttamente dalla loro suprema
magistratura (a volte sembra di risentire “l’inutile strage” di
Benedetto XV) e il secondo da quei riferimenti alla storia socialista che
ancora si collocano nella scia del rifiuto dei crediti di guerra di Rosa
Luxemburg e Karl Liebknecht e poi alle conferenze di Zimmerwald e Kienthal fino
alla lotta dei “partigiani della pace” contro l’escalation nucleare
(oggi tornata tragicamente d’attualità) e la battaglia contro i missili d’Occidente
e d’Oriente negli anni ’80. Ci si è presentati invece pieni di buone intenzioni
ma poste dentro a contenitori di sostanziale “indeterminatezza populista”. È
necessaria un forte iniziativa a livello internazionale perché ci ponga come
obiettivo il rilancio delle grandi organizzazioni sovra-nazionali e la loro
democratizzazione in un mondo completamente cambiato rispetto a quando fu
fondata l’ONU. La
manifestazione nazionale per la pace del 5 novembre dovrà rappresentare la vera
e propria cartina di tornasole della forza dell’idea di pace mostrandone anche
la necessaria estensione di massa: certo ci sono da compiere dei passi indietro
e qualche passo avanti e non sarà facile. Non ci sono alternative se intendiamo
restare umani.