Il
28 ottobre la “Marcia su Roma” raggiungeva i suoi obiettivi. Vittorio Emanuele
III si rifiutava di dare il via allo stato d’assedio che Luigi Facta,
presidente del Consiglio, gli aveva sottoposto, consegnando di fatto l’Italia
in mano al fascismo. Nei giorni precedenti quattro colonne di camicie nere si
erano mosse alla volta della capitale, mentre gruppi più piccoli, in tutte le
principali città, attaccavano i palazzi istituzionali e “prendevano possesso”
delle regie prefetture. Il 29 il re telegrafava al futuro duce, che invece di
guidare la marcia aveva preferito attenderne gli esiti a Milano, di
raggiungerlo a Roma. Ormai fuori dalla capitale erano accampate almeno
settantamila camicie nere, che attendevano solo il via libera per entrare. E il
libero accesso fu dato quando Mussolini e Vittorio Emanuele III si accordarono
sulla formazione del nuovo governo. Non tutti però a Roma accolsero in silenzio
l’entrata dei fascisti in città. I primi scontri si verificarono nei pressi di
Borgo Pio, già dal 29, quando i fascisti vennero accolti a lanci di pietre,
tegole e qualche revolverata. Poi alcune colonne delle camicie nere decisero di
passare per San Lorenzo, un quartiere fortemente popolare, nel quale si erano verificati
più volte conflitti piuttosto duri tra i seguaci di Mussolini e gli
antifascisti. Inizialmente per impedire gli scontri il generale Caselli, al
comando dei granatieri, cercò di parlamentare con entrambi gli schieramenti, ma
mentre quelli di San Lorenzo dissero che non avrebbero attaccato se non
provocati, i fascisti non vollero cambiare itinerario. Alla fine la battaglia
divenne inevitabile. Secondo alcuni resoconti a sparare per primi furono gli
operai di San Lorenzo, secondo altri invece l’attacco arrivò dalle camicie
nere. Fatto sta che inizialmente gli antifascisti ebbero la meglio. Presto però
gli uomini di Mussolini tornarono più numerosi ed attaccarono parecchi edifici
in tutto il quartiere uccidendo 13 persone e ferendone oltre 200. Gli scontri
non finirono a San Lorenzo ma si rinnovarono al Tuscolano, sulla Prenestina e
la Nomentana, dove gruppi variegati di antifascisti attaccarono diversi
drappelli di camicie nere provocando morti e feriti. La sorte di quei giorni
era però segnata e le iniziative individuali e di gruppo non poterono fermare
l’ingresso dei fascisti in città che raggiunse il suo apice con la sfilata
davanti al Quirinale, all’epoca sede del sovrano. Ma se la Marcia su Roma, da
un lato, rappresenta il raggiungimento di un traguardo fondamentale per il
fascismo, dall’altro gli episodi di aperta ostilità che si verificarono nella
capitale e in molte altre città rappresentarono i primi autentici atti di
Resistenza nei confronti della deriva autoritaria che il paese stava imboccando
a passi sempre più rapidi. Circolo di iniziativa proletaria “G. Landonio”
Busto Arsizio