LE TRE PIETÀ
di Angelo Gaccione
Michelangelo Buonarroti
La materia
ha la sua importanza e il gesso non è il marmo. L’aver visto le tre opere marmoree
più e più volte, fatalmente stempera le impressioni e le aspettative trovandoti
davanti ai calchi, e questo sia detto senza nulla togliere alla buona fattura delle
realizzazioni. Mi sto riferendo alle Tre Pietà di Michelangelo, quella super-celebre
della Basilica di San Pietro, la Pietà Bandini di Santa
Maria del Fiore a Firenze e la Pietà Rondanini di Milano custodita
all’interno del Castello Sforzesco, i cui calchi in gesso sono esposti ora nella
Sala delle Cariatidi di Palazzo Reale qui a Milano. Certo è che non si poteva
trovare ambiente migliore per presentarli al pubblico, considerato che due calchi
riproducono i capolavori non terminati del Buonarroti, e la Sala delle
Cariatidi abbonda di statue smozzate, decapitate, ferite negli arti,
come ferito è rimasto il Salone a seguito dei bombardamenti anglo-americani
sulla città. Un vero e proprio tiro a segno contro obiettivi che non avevano nulla
di militare (il Palazzo Reale, la Galleria, il Poldi Pezzoli, il Teatro alla
Scala e via enumerando) e con il solo scopo di distruggere per distruggere. Ma
si sa, quanto a barbarie gli Stati in guerra si somigliano tutti.
Le tre Pietà
L’esposizione ha l’intento di mostrarle assieme le tre Pietà per metterle a confronto e darcene i dettagli con proiezioni su dei giganteschi teli che rendono gigantesche anche le sculture. Il senso profondo di queste opere è legato all’idea della morte, della caduta, della fragilità della vita. Andrebbero pertanto guardate e meditate nel più assoluto silenzio e raccoglimento. Purtroppo non è così, anche se le visite sono limitate a 40 visitatori alla volta, c’è sempre chi chiacchiera senza curarsi degli altri e lo farebbe anche se gli si mettesse la mordacchia. È lo scotto che si paga alla fruizione di massa. In verità a me dà fastidio anche la musica e non si capisce perché debba essere utilizzata in ogni situazione. Ci sono casi e momenti in cui il silenzio può bastare: un silenzio denso, profondo, assoluto. Come si dovrebbe fare davanti alla morte che abbiamo trasformato in spettacolo.
La Sala delle Cariatidi
massacrata dalle bombe anglo-americane
Ognuno
vede e sente in base alla propria sensibilità, è naturale, ma se possiamo
tollerare le grida disperate di una madre davanti al corpo del figlio morto,
intollerabile ci appaiono le sceneggiate delle prefiche, come gli applausi che
accompagnano i funerali, le chiacchiere patetiche sugli altari come se fossimo
a teatro. La Pietà Vaticana Michelangelo l’aveva realizzata nel 1498 all’età di
23 anni, ne ha 72 quando inizia a scolpire la Pietà Bandini e ne avrà 80 quando
smetterà di lavorarci senza portarla a termine. Per la Pietà Rondanini siamo
addirittura al limitare della sua scomparsa, a 89 anni, e non terminerà neanche
questa. In un arco di tempo così ampio, qualsiasi uomo muta idee, modo di sentire,
concezioni, visioni, carattere, e l’artista è anch’egli prima di tutto un uomo.
Non ci è dato sapere se i suoi lavori non finiti siano il rifiuto di una
perfezione che non ha più ragioni, o se invece la convinzione certa che il
tempo toglie, scarnifica, sottrae, e dunque non c’è da aggiungere nulla a ciò
che il tempo si prende. Alla folgorazione che coglie il nostro sguardo davanti
a quella madre bambina che regge un corpo di figlio tanto adulto, della Pietà
Vaticana, si contrappone la meditazione tutta interiore e dolente davanti a quei
due corpi della Pietà Rondanini, che sembrano sorreggersi l’un l’altro e che
non hanno finito del tutto di uscire dalla pietra.
massacrata dalle bombe anglo-americane