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domenica 11 dicembre 2022

Sanità
LISTE D’ATTESA
di Zaccaria Gallo

 

Per trentacinque anni ho prestato servizio, come medico ospedaliero, in una struttura pubblica, fin dalla data in cui, attraverso le lotte dei lavoratori e degli stessi operatori, fu possibile far partire in Italia la Riforma Sanitaria. Fu quella una conquista storica: si passò sostanzialmente dal regime mutualistico a una visione moderna di welfare sanitario, acquisendo il principio che era giunto il tempo di dover erogare non solo la semplice assistenza medica ma anche iniziare a mettere in moto due pilastri principali della salute: la prevenzione e la riabilitazione. E questo estenderlo a tutti i cittadini, ai ricchi così come ai meno abbienti, senza distinzioni. Negli anni successivi i buoni propositi hanno dovuto fare i conti  con tutta una serie di ostacoli, la gran parte da addebitare a scelte di politica economica che hanno progressivamente drenato le necessarie risorse finanziarie dalla sanità pubblica (e dalla scuola) ad altri settori, e parte da addebitare a crescenti interessi privati che, più che vicariare insufficienze pubbliche, le accrescevano aggravando diseguaglianze tra chi aveva possibilità di curarsi a proprie spese  e chi  di quelle possibilità ne era privo. Ma non voglio fare la storia di questa distorsione: soltanto evidenziare alcune premesse che possano poi farci riflettere sulla situazione attuale. Con la manovra economica predisposta dall’attuale Governo non si intravede alcuna inversione di tendenza all’attuale situazione di disagio, alla quale sono sottoposti i cittadini italiani in tema di salute pubblica. Sono totalmente d’accordo con l’analisi che Francesco Saverio Lanza ieri su “Odissea” ha fatto con il suo articolo “La Sanità ammalata” e posso aggiungere che se la situazione lombarda è quella descritta così bene, la stessa in molte aree del meridione d’Italia è ancora peggiore.



Nella Azienda Sanitaria in cui vivo, l’erogazione delle prestazioni sanitarie di prevenzione e di follow up delle neoplasie ha raggiunto ritardi insostenibili. Una mammografia di controllo in una paziente operata di carcinoma mammario (mia moglie!) è stata erogata dopo dieci mesi dalla richiesta regolarmente presentata agli uffici della BAT. Ma il paradosso lo si può poi toccare con mano tenendo presente che, ad esempio, solo nella città di Bisceglie (Cinquantamila abitanti) ci sono tre strutture che erogano esami radiologici e ecografici, due delle quali sono private e convenzionate per modo di dire, se è vero che le prestazioni private vengono erogate prima di quelle pubbliche. Se, dunque, attualmente l’aumento della durata della vita media, si è allungata, producendo come effetto la presenza su ogni territorio di patologie che con attenta e periodica indagine epidemiologica si possono affrontare e risolvere, risulta evidente che occorrono più medici e più operatori sanitari nelle strutture pubbliche; che gli interventi di prevenzione (essenziali per ottenere una riduzione della spesa pubblica e delle intollerabili liste d’attesa) si possono e si devono fare istituendo Distretti Sanitari di Base e privilegiando il ricorso ai Pronto Soccorsi Ospedalieri solo per gli interventi d’urgenza e infine che devono essere riviste le convenzioni che regolano a livello regionale i rapporti tra strutture pubbliche private. So già che chi legge obietterà immediatamente che servono molti più soldi di quanto oggi vengano stanziati. È vero! Ma la tutela del “diritto alla salute” non viene prima della spesa per gli armamenti?