La
definizione "sinistra senza popolo" (sinistra identificata con il
solo PD) appare ormai quasi un luogo comune. che potrebbe però essere ribaltata
in "popolo privo di rappresentanza politica". Il tema fu analizzato
tempo addietro da padre Sorge e da Mario Tronti e oggi ripreso da due saggi di
Luca Ricolfi e Carlo Trigilia (cfr. "La Lettura del Corriere della
Sera" del 4 dicembre con gli autori in dialogo con Stefano Ceccanti.
ex-teorico della "vocazione maggioritaria"), nella vulgata del PD in
difficoltà nel raccogliere consensi tra i lavoratori salariati inteso questo
dato come indice - appunto - della "sinistra senza popolo". È proprio
il caso di approfondire il tema. Prima
di tutto va valutata l'articolazione degli argomenti da trattare. 1) Se il riferimento che si
intende assumere è quello elettorale e il metro di misura quello della crescita
dell'astensione allora siamo di fronte ad un fenomeno di "trasversalità
senza popolo". È
l'intero sistema politico in sofferenza (in realtà come è ben noto l'esito
elettorale è stato determinato dalla capacità d'utilizzo della formula
elettorale e non certo dall'effettiva raccolta di consenso). Se
intendiamo essere prosaici: il sistema sta perdendo dalla spina e dal tappo.
Tra il 2018 e il 2022 oltre quattro milioni in più di elettrici ed elettori
hanno deciso di disertare le urne mentre nello stesso tempo è vistosamente
calato il consenso per il (mutevole) partito di maggioranza relativa e, come
abbiamo visto, la governabilità resta appesa a una formula elettorale che,
ancora una volta, presenta profili di incostituzionalità. A
partire dalle elezioni del 2013 il partito uscito con la maggioranza relativa
non è mai riuscito a mantenere la posizione fino alla tornata successiva, fosse
questa destinata alle elezioni legislative generali o europee. Contemporaneamente
è costantemente calata la forza di rappresentanza del partito di maggioranza
relativa "pro tempore" sia sul piano dei numeri assoluti sia rispetto
alla percentuale ottenuta in riferimento al totale degli iscritti nelle liste. Queste
le cifre (riferimento elezioni Camera dei Deputati, Parlamento Europeo,
territorio nazionale esclusa la Valle d'Aosta) Politiche 2013: Movimento 5 stelle 8.691.406totale iscritti nelle liste 46.905.154:
18,52% Europee 2014: Partito Democratico 11.172.861 totale iscritti nelle liste
49.256.159: 22,68% Politiche 2018: Movimento 5 Stelle 10.732.066 totale iscritti nelle liste
46.505.350: 23,07% Europee 2019: Lega 9.153.638 totale iscritti nelle liste 49.301.157:
18,56% Politiche
2022: Fratelli d'Italia 7.300.628 totale iscritti nelle liste 46.127.514:
15,82%.
In
realtà siamo di fronte al fallimento dell'operazione "antipolitica"
tentata dal M5S con le elezioni 2013 e 2018. M5S a cui va attribuito per intero
il fenomeno dell'ulteriore caduta nella partecipazione al voto. Sempre
al riguardo del voto al M5S si registra anche un fenomeno particolare: laddove
il M5S "tiene" maggiormente si verifica il più alto tasso di
astensione (dati relativi alla Camera dei Deputati, territorio nazionale
esclusa la Val d'Aosta, Sito Eligendo del Ministero dell'Interno). Insomma c'è
di più tra cielo e terra che non nel M5S. 2) Dal punto di vista delle
dinamiche sociali il tema delle disuguaglianze che, viene valutato come non
colto " a sinistra", va considerato in una necessità di maggior
approfondimento dell'analisi. In
realtà anche in questo caso siamo di fronte a un fenomeno di
"trasversalità"(sempre riferendoci al voto, quando manca all'appello
il 40% del corpo elettorale appare evidente una trasversalità di riferimenti
sociali e di ragioni politiche): la concentrazione del reddito è crescente.
Cioè tutti, con le medesime distanze interpersonali, ci stiamo spostando in termini
reali verso redditi medi minori e una quota sempre maggiore della popolazione
cade sotto la soglia della povertà assoluta (che possiamo considerare fissa in
termini reali). Questo
governo ha deciso di affrontare questa gravissima questione attraverso la
reiterazione dei bonus, il restringimento dell'area interessata al reddito di
cittadinanza, il favore verso le categorie degli autonomi favorendo
evasionefiscale e precarietà del
lavoro, nonostante che dalle aziende arrivino segnali di necessità contrarie
(dal punto di vista del contributo fiscale deve essere ricordato come il 55%
del gettito arrivi dal lavoro dipendente, il 30% dai pensionati - la cui media
di introito sta scendendo sotto i 1.000 euro mensili - e soltanto il 15% -
appunto - dal lavoro autonomo). Il punto da affrontare, se si vuol fare
l'opposizione, diventa allora quello dell'impoverimento generale e non
semplicemente quello delle disuguaglianze cercando di capire che il nodo rimane
quello dell'insufficienza di una politica industriale (per la quale permane da
molto tempo un assoluto disinteresse) e della frammentazione del mercato del
lavoro (cui ha dato una spinta decisiva l'adozione dell'ormai tristemente
famoso jobs act)
3) In un quadro generale di
vera e propria povertà dell'offerta politica spinti da sollecitazioni di
diversa natura stanno scendendo in piazza una molteplicità di soggetti in un
quadro di attivismo che non deve essere sottovalutato o semplicisticamente
marginalizzato. Si possono citare, in questo senso alcuni esempi: la
manifestazione della CGIL dell'8 ottobre, quella dei Movimenti per la Pace del
5 novembre, la manifestazione femminista "non una di meno" del 23
novembre, lo stesso sciopero dei sindacati di base del 2 dicembre. In questo
senso si può affermare, come è già stato scritto, che ai movimenti manca un
"abito politico". 4) Di fronte alla crescente
"tensione presidenzialista" la questione della forma della democrazia
costituzionale appare come una vera possibile discriminante del dibattito.
La
connessione tra emergenza sanitaria ed emergenza politica impostata dal governo
Conte attuando vere e proprie forzature sul piano costituzionale (anche dal
punto di vista dell’adozione di una determinata scenografia mediatica da
repubblica presidenziale) non è stata sufficientemente contrastata. Di
conseguenza in particolare con l'avvento del governo Draghi, si è ulteriormente
spostato l’asse della governabilità, ridotto il già contratto ruolo del
Parlamento, reso marginale l’apporto delle forze politiche aprendo così la
strada a un recupero di "funzione ideologica", fortemente divisiva
dell'azione di governo. In realtà sta arrivando al pettine il nodo di uno
straordinario processo di manipolazione collettiva che poggia le sue fondamenta
sulla misera condizione materiale di vita di gran parte della società italiana
che, sfinita, non riesce più a concepire una coerenza dell’agire politico. Il
sistema politico italiano presenta da tempo un vero e proprio
"vuoto". Le ragioni di questo "vuoto" nel sistema politico
possono essere così sommariamente riassunte: mutamento di ruolo e funzione dei
partiti, da soggetti ad integrazione di massa a "all catch party"
fino a partiti azienda, partiti personali eeffimeri soggetti della "democrazia del pubblico", fallimento
della sciagurata idea di risolvere la crisi del sistema attraverso il mutamento
del sistema elettorale e dell'assetto istituzionale del rapporto
centro/periferia, cedimento culturale al culto dell'immagine e alla idea
"modernista" di una destrutturata transitorietà nei riferimenti
ideali e di pensiero. È ormai assente una capacità di analisi riguardante il
ruolo delle istituzioni, la loro autonomia, il rapporto tra queste e
l’organizzazione della politica, la capacità di contaminazione tra aree
culturali diverse e la definizione di un conseguente sistema di valori nel
momento in cui il pericolo, da diverse parti (opposte ma a volte convergenti) è
quello di abbandonare il legame costituzionale .Un quadro preoccupante nel
quale emerge il rischio di veder prevalere una sorta di neo-corporativismo di
ritorno con il quale finirebbero con l'affermarsi, approfittando della
frantumazione sociale e del conseguente vuoto politico quelle rappresentanze di
scienza, tecnica, economia sulle quali il capitalismo fonda il proprio progetto
di egemonia sulle grandi transizioni in atto. Un progetto di nuova egemonia
capitalistica che mira a porsi, nell'esercizio del potere politico, al di fuori
dei concetti-chiave della rappresentatività, della mediazione, della divisione
dei poteri: come del resto accaduto altre volte nella storia. Le leggi della
politica sono impietose: il vuoto viene sempre riempito magari, come in questo
caso appare assai probabile dal peggio dell'arretramento storico con il
congresso del PD che pare trascurare tutto questo orientandosi verso uno
scontro personalistico a colpi di slogan.