GIORNO DELLA
MEMORIA E SACRIFICIO OPERAIO di Franco Astengo
Deportati antifascisti
Il 27 gennaio,
giorno della Memoria, deve rappresentare anche l'occasione per non dimenticare
e commemorare gli oltre 10 mila italiani uccisi nei lager per il loro impegno
politico.Tra questi debbono trovare posto nella memoria anche i
circa 3.000 operai delle grandi fabbriche del Nord deportati come rappresaglia
per aver scioperato in particolare nella settimana tra il 1 e l'8 marzo del
1944.Quando si sviluppa un tentativo di analisi
storico-politica su quella tragica fase non si può tenere da parte la vasta
azione di massa condotta dalle classi lavoratrici.Si trattò di un vero momento estremo di opposizione
politica: fin dal Gennaio 1944, la direzione per l’Alta Italia del PCI (Longo,
Secchia, Li Causi, Massola, Roasio) tenne una riunione, alla quale intervennero
anche i rappresentanti dei comitati d’agitazione che avevano diretto gli
scioperi nel novembre-dicembre 1943 (Colombi per il Piemonte, Grassi per la
Lombardia, Scappini per la Liguria) e decise di avviare immediatamente la
preparazione di uno sciopero di vaste proporzioni, costituendo a questo fine un
comitato di agitazione per il Piemonte, la Lombardia e la Liguria.L’iniziativa venne poi discussa ampiamente con gli altri
partiti del CLNAI, e in particolare con il partito socialista e il partito
d’azione che s’impegnarono anch’essi nel lavoro preparatorio.
Seguirono settimane d’intensa attività politica e
organizzativa per mobilitare al massimo le forze operaie e per coordinare
l’intervento dei GAP, non solo nelle regioni del triangolo industriale, ma
anche nel Veneto, in Toscana e in Emilia; questa estensione del movimento
impose alcuni rinvii della data d’inizio, che infine venne fissata per il 1° marzo
1944. Sin
dal primo giorno lo scioperò si rivelò imponente e vide complessivamente la
partecipazione di circa mezzo milione di lavoratori: a Torino scioperarono
60mila lavoratori e 150.000 nell'intero Piemonte.A Milano scioperarono anche le maestranze della tipografia del
Corriere della Sera e per tre giorni l’organo della grande borghesia lombarda
non poté uscire.La repressione tedesca fu
dovunque feroce.L’ambasciatore Rahn ricevette
personalmente da Hitler l’ordine di far deportare il 20 per cento degli
scioperanti.E anche se il mostruoso
provvedimento non fu eseguito nella misura indicata per “difficoltà tecniche
inerenti ai trasporti” e per il danno che ne sarebbe derivato alla produzione
bellica (come spiegò lo stesso Rahn) si calcola che circa 1.200 operai furono
immediatamente deportati nei campi di lavoro e in quello di sterminio di
Mauthausen.
I fascisti s’assunsero il ruolo
servile di esprimere la volontà dei tedeschi, rivolgendo minacciose intimazioni
agli operai che continuavano ad astenersi dal lavoro.A
Genova, il capo della provincia Basile lanciò un “ultimo avviso”, minacciando -
appunto - la deportazione nei campi di sterminio (si trattava, secondo lui, di
mandare gli operai a “meditare sul danno arrecato alla causa della vittoria”).Basile era lo stesso personaggio che, 16 anni dopo,
sarebbe stato al centro dei moti genovesi contro il governo Tambroni, per via
della decisione del MSI di fargli presiedere il previsto congresso nazionale di
quel Partito che avrebbe dovuto svolgersi proprio a Genova. Congresso che
le mobilitazioni di piazza impedirono si svolgesse aprendo la strada anche
alla caduta del governo DC che gli stessi missini stavano sostenendo.La sera stessa del 1° marzo 1944, a Savona, 150 operai
dell’Ilva e della Scarpa e Magnano furono arrestati per essere poi avviati alla
deportazione (un carico di savonesi arrivò a Mauthausen il 26 marzo dopo essere
passato per la Casa dello Studente e San Vittore): altri luoghi d’origine della
deportazione furono Varese (50 deportati), Prato (dove lo sciopero fu totale e
generale), Bologna.
Da Torino furono deportati 400
lavoratori (178 appartenenti alla FIAT), da Milano 500, in particolare
dall’area di Sesto San Giovanni (Breda, Falck, Marelli, Ansaldo).Il
successivo 16 giugno 1944 in adesione all’ordine di Hitler 1.488 operai
genovesi furono deportati, dopo un vero e proprio agguato rastrellati
all’ingresso del turno di lavoro nelle fabbriche all’Ansaldo, all’Ilva, alla
SIAC.Dati sicuramente incompleti che comunque
consentono di valutare il numero dei deportati a circa 3.000 unità.Lo sciopero fu una dimostrazione imponente di forza e di
volontà combattiva, fu un movimento di massa che non trova riscontro nella
storia della resistenza europea.Ai fini
bellici la sua importanza non fu minore, se si pensa che per otto giorni la
produzione di guerra venne completamente paralizzata in tutta l’Italia invasa.È giusto allora ricordare che Shoah , deportazione
politica, sacrificio operaio rappresentano aspetti dello stesso piano di
sterminio messo in atto dal nazismo e dal fascismo.