A PROPOSITO DELLA GIUSTIZIA SOCIALE di
Gianmarco Pisa
La Giornata
Mondiale del 20 febbraio.
Forse poco nota, ma di importanza essenziale per il
contenuto cui allude, la Giornata Mondiale della Giustizia Sociale è una delle
ricorrenze del calendario civile internazionale, indetta dalle Nazioni Unite
nel 2007 allo scopo di promuovere i temi dell’inclusione, della eguaglianza e
della giustizia sociale quali contenuti essenziali di avanzamento della
democrazia e fattori imprescindibili per un quadro di effettiva tutela dei
diritti umani, di «tutti i diritti umani per tutti e per tutte», nelle loro
diverse generazioni, di forma inscindibile e universale. Nella corrispondente
risoluzione, l’Assemblea Generale delle Nazioni Unite «riconosce
la necessità di consolidare ulteriormente gli sforzi della comunità
internazionale ai fini della eliminazione della povertà e della promozione
della piena occupazione e del lavoro dignitoso per tutti, della parità di
genere e dell’accesso per tutti al benessere sociale e alla giustizia». Nel
documento, vale a dire la risoluzione dell’Assemblea Generale A/RES/62/10 del
26 novembre 2007, viene riconosciuto, sin nell’art. 1, che «lo
sviluppo sociale e la giustizia sociale sono indispensabili per il conseguimento
e il mantenimento della pace e della sicurezza all’interno e tra le nazioni e,
a loro volta, lo sviluppo sociale e la giustizia sociale non possono essere
raggiunti in assenza di pace e sicurezza o in assenza del rispetto di tutti i
diritti umani e delle libertà fondamentali» per tutti e per tutte. Pone cioè in
evidenza, elemento quest’ultimo di decisiva importanza, almeno tre fattori
cruciali. Il primo: la
giustizia sociale costituisce un caposaldo di civiltà, non solo nel senso della
protezione sociale delle persone e del contrasto alle sperequazioni e alle
diseguaglianze, ma in particolare nel senso del riconoscimento della dignità
delle persone e della costruzione di società compiutamente democratiche. Il
secondo: il nesso tra sviluppo sociale e giustizia sociale, da un lato, e
diritti umani e libertà fondamentali, dall’altro, non può essere scisso o
intaccato, attestando, per questa via, l’universalità e l’indivisibilità di
tutti i diritti umani per tutti e per tutte e riconoscendo che, come astratti e
diseguali sarebbero i diritti di libertà senza la piena affermazione dei
diritti materiali (economici, sociali e culturali), così imperfetti e
incompiuti sarebbero i diritti sociali senza il pieno riconoscimento dei
diritti di libertà (civili e politici). Il terzo aspetto
è non meno importante ed è anzi un vero e proprio fondamento, teorico e
pratico, dell’impegno degli operatori e delle operatrici di pace, dei difensori
e delle difensore dei diritti umani e della stessa nozione di “pace positiva”:
vale a dire che, per quanto necessaria, la pace negativa (pace come
assenza, assenza di guerra, di oppressione, di violenza), non è sufficiente, se
non integrata e trascesa dal concetto di pace positiva (pace come
pienezza, affermazione della pace con democrazia efficace, diritti umani e, per
l’appunto, giustizia sociale).
Il tema della
giustizia sociale, come istanza e diritto collettivo, diventa quindi un tema
cruciale, non solo in senso economico e sociale, ma anche nel senso della lotta
contro la guerra e per la pace. Torna qui il riferimento al “padre” della
moderna ricerca per la pace, Johan Galtung, che a lungo, e con profondità, si è
soffermato sul nesso tra pace e giustizia e sulla costruzione della pace
positiva. In una sua importante dissertazione di qualche tempo fa, Galtung
ricordava che «la parola “giustizia” ha quattro significati molto diversi:
entro la giustizia giudiziaria, c’è la giustizia punitiva ma anche
quella restaurativa; ed entro la giustizia sociale, c’è la giustizia distributiva
ma anche quella equitativa. Nella seconda, è automatica, incorporata, un’interazione
per costi e benefici mutui e uguali». Si pone così una
distinzione tra la giustizia “procedurale”, giudiziaria, e la giustizia
“effettiva”, sociale. E, in generale, si riconosce che «le iniquità producono
ineguaglianze che danno adito a rivolte che riescano poi come rivoluzioni,
sovvertendo effettivamente gli ordini sociali, è altra faccenda. Le enormi
diseguaglianze, come l’1% negli Stati Uniti che controlla il 40% della
ricchezza, e la bassa mobilità inter-generazionale, vengono avvertite entro e
fra i vari Paesi. Qualche anno fa, la crescita del PIL era attorno al 2.8%, e
la crescita della disuguaglianza - il rapporto di potere d’acquisto fra il
vertice sociale e la base in fondo - era circa il 3.2%. La crescita non
compensava il destino del quintile in basso, e ora il fondo di quel fondo sta
morendo al tasso di circa 125.000 al giorno; 25.000 di fame e 100.000 di
malattie evitabili-curabili se solo si disponesse del denaro necessario. Un
mondo malvagio, per come lo vivono miliardi di persone». La costruzione,
impiantata in progetti e politiche e orientata da una visione e da una
prospettiva, della giustizia sociale è dunque essenziale per la rigenerazione
del tessuto delle relazioni, per il superamento delle sperequazioni e delle
ingiustizie, ormai sempre più pronunciate e insopportabili, in definitiva, per
la costruzione della pace. La risoluzione
dell’Assemblea Generale individua questo elemento di contraddizione nel
successivo art. 3, mettendo in evidenza come i processi di mondializzazione, se
da un lato «aprono nuove opportunità attraverso il
commercio, gli investimenti e i progressi tecnologici, compresa la tecnologia
dell’informazione, per la crescita dell’economia e lo sviluppo e il
miglioramento degli standard di vita in tutto il mondo»,
dall’altro alimentano crescenti sfide e tensioni quali «gravi
crisi finanziarie, insicurezza, povertà, esclusione e disuguaglianza
all’interno e tra le società e notevoli ostacoli all’ulteriore integrazione e
alla piena partecipazione all’economia-mondo per i Paesi in via di sviluppo e
alcuni Paesi con economie in transizione».
Si tratta, tra
l’altro, di uno degli elementi messi in luce nella recente Conferenza
Internazionale “Per l’Equilibrio del Mondo”, promossa dall’Officina del
Programma Martiano a Cuba a fine gennaio, dove le questioni dell’equilibrio
internazionale, di rapporti di cooperazione e non di competizione per
promuovere solidarietà e pace, e relazioni equilibrate e paritarie tra Paesi e
popoli del mondo, nella prospettiva, che sempre più si va affermando, di un
mondo multipolare sono state al centro dei seminari e delle tavole rotonde. Tre
sono le questioni emergenti che si vanno delineando. In primo luogo, lo
sviluppo di un pensiero e di un confronto tra punti di vista ed esperienze
politiche e intellettuali per la definizione di un rinnovato «equilibrio del
mondo», all’insegna della giustizia, della solidarietà e del multipolarismo,
contro l’egemonismo, l’imperialismo e il neo-colonialismo che ancora
caratterizzano le politiche di dominio delle potenze e mettono a rischio i
diritti dei popoli e la sopravvivenza del pianeta. Quindi,
l’approfondimento delle questioni, politiche e culturali, afferenti alle
contraddizioni del presente, dalle sfide che si affacciano all’iniziativa dei
movimenti politici e sociali alle questioni del dialogo, della cooperazione e della
diversità culturale; dalla lotta contro la guerra, per la pace e per il disarmo
nucleare alle grandi questioni del multilateralismo «come meccanismo
indispensabile per l’equilibrio mondiale» e della integrazione «come necessità
per affrontare le sfide del mondo contemporaneo»; dalla difesa dell’ecosistema
alle politiche culturali; dalle arti «nella formazione di una spiritualità
attiva e di una cultura della resistenza» alle scienze come presupposto di
rinnovata inclusione e di benessere «di tutti e per tutti». In terzo luogo, lo
sviluppo di un confronto capace di attraversare la politica e di richiamare
all’impegno collettivo sulle grandi sfide dell’attualità, «in uno scenario nel
contesto del quale contribuire a sensibilizzare l’opinione pubblica per creare
consapevolezza contro i mali che affliggono l’umanità e che mettono a rischio
l’esistenza stessa della nostra specie». Come ricordò lo
stesso Fidel Castro, nel suo discorso di chiusura della prima conferenza del
2003: «Perché non osiamo affermare che non può esserci democrazia, libera
scelta o autentica libertà, tra spaventose disuguaglianze, ignoranza,
analfabetismo, mancanza di conoscenza e una stupefacente assenza di cultura
politica, economica, scientifica e artistica a cui possono accedere, anche
all’interno dei Paesi sviluppati, solo minuscole minoranze, inondando il mondo
con milioni di dollari di pubblicità commerciale e di consumo, che avvelena le
masse con il desiderio di sogni e desideri inaccessibili, che porta allo
spreco, all’alienazione e all’inesorabile distruzione delle condizioni naturali
della vita umana?».
In quel momento,
a ridosso degli anni Novanta e con la fine della contrapposizione bipolare,
cessato l’equilibrio tra le superpotenze, si andava affermando il più grave
squilibrio del mondo, con l’affermazione di un’unica superpotenza planetaria.
Al pensiero e alla pratica dell’egemonismo e del dominio si contrappongono
dunque il pensiero e la pratica democratica e internazionalista, nel senso del
dialogo tra le culture e non dello scontro di civiltà, e in questo senso
incontrano l’esperienza storica e politica del socialismo cubano, quale prassi
reale di socialismo con una profonda base, al tempo stesso, marxiana e
martiana, internazionalista e umanista. L’obiettivo della
Giornata
Mondiale della Giustizia Sociale resta, dunque, come recita ancora la
risoluzione dell’Assemblea Generale, sostenere e alimentare «gli
sforzi della comunità internazionale volti alla eliminazione della povertà e
alla promozione della piena occupazione e del lavoro dignitoso, della parità di
genere e dell’accesso al benessere sociale e alla giustizia sociale per tutti e
per tutte». Questa
eco torna anche nel tema scelto per la Giornata Mondiale di questo 2023: «Overcoming
Barriers and Unleashing Opportunities for Social Justice» (Superare barriere e
creare opportunità per la giustizia sociale), con l’obiettivo di rafforzare il
dialogo tra attori nazionali e internazionali, gli
Stati membri, le parti sociali, la società civile, le organizzazioni delle
Nazioni Unite e tutti gli altri soggetti interessati sulle azioni necessarie
per rafforzare il contratto sociale distrutto a causa dell’aumento delle diseguaglianze,
dei conflitti e della debolezza delle istituzioni
che hanno lo scopo di proteggere e tutelare i diritti dei lavoratori. Come
riporta il sito dedicato alla Giornata, «lo
sviluppo sociale e la giustizia sociale sono indispensabili per il
raggiungimento e il mantenimento della pace e della sicurezza... e, a loro
volta, lo sviluppo sociale e la giustizia sociale non possono essere raggiunti
in assenza di pace e sicurezza, o in assenza del rispetto per tutti
i diritti umani e le libertà fondamentali».