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giovedì 9 marzo 2023

A TOMMASO FIORE
di Zaccaria Gallo


Tommaso Fiore
 
Il 7 marzo 1884 nasceva ad Altamura Tommaso Fiore.
 
«Chi avrebbe mai potuto prevedere che tutta la mia vita avrei protestato con violenza contro ogni ipocrisia politica, religiosa, morale ed economica. E chi avrebbe preveduto che io, screanzato per dispettoso proposito, avrei precocemente portato la mia protesta contro ogni vigliaccheria e ipocrisia avvilente in alto come in basso?». «Cos’è dunque la vita umana? Certo è una battaglia ammirevole, anche se si vince spesso, ma si è anche vinti qualche volta».
Primo abbozzo de La mia vita. Autobiografia popolareggiante di T. Fiore. È stata una genuina personalità di intellettuale meridionale che ha congiunto la sua salda conoscenza letteraria all’impegno sociale e politico posto a fianco della povera gente del sud Italia, in particolare della popolazione rurale (“il popolo di formiche”). Fedele alle sue origini, diceva: “Il figlio del muratore e della tessitrice deve portare in ogni cosa, sin dall’infanzia, uno spirito critico di opposizione”.
A cinquant’anni dalla morte, non gli è stata restituita la degna collocazione che merita nella storia della cultura e della politica nazionale. Rimase sempre attaccato ai valori che apprese dai suoi maestri: Gaetano Salvemini, Giovanni Amendola, Benedetto Croce, Piero Gobetti, Guido Dorso, Antonio Gramsci, Carlo e Nello Rosselli. Ebbe rapporti con intellettuali importanti di levatura nazionale: Gabriele Pepe, Fabrizio Canfora, Aldo Capitini, Leonardo Sciascia, Carlo Levi per citarne solo alcuni. Fu sempre accanto ai giovani tanto che, nel 1970, quasi novantenne, diresse la rivista “Il Risveglio del Mezzogiorno”, nella quale inserì la collaborazione di molti giovani intellettuali che a loro volta lo riconobbero come maestro indiscusso. Una rivista nata per rendere sempre presente la storia delle comunità e degli intellettuali meridionali.

 
A lui dedico questi miei versi.
 
PER TOMMASO FIORE
 
Tu senti i luoghi perduti, l’eremo disabitato,
il cardo blu con le sue spine lungo le strade,
la pietra che non smette di chiamarci
perché per ore e ore parlano e vive sono.
Hanno la voce del maestrale e del favonio,
il sommerso canto del popolo di formiche,
degli eterni vinti che si confondono col suolo,
e portano antiche leggende in odore di mare.
Prende dimora con te, tra schegge di nuvole,
la voce di quelli che voce non hanno e
in questo mistero abita il diroccare dei muri
l’eterno sognare delle rade masserie,
il fruscio dei fili d’erba nelle notti di luna.