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lunedì 6 marzo 2023

ANTIFASCISMO E COSTITUZIONE
di Franco Astengo
 


La grande manifestazione antifascista svoltasi oggi, 4 marzo, a Firenze in risposta alle violenze fasciste dei giorni scorsi deve rappresentare il segno portante su cui è necessario si muova l’opposizione sociale e politica: la strada principale per far uscire le sinistre e le forze democratiche dalla situazione di fragilità del sistema politico che rischia di incrinare la democrazia repubblicana come ben dimostra il progressivo evidenziarsi della vera natura della destra e delle sue attuali espressioni di governo.
In questi tempi così difficili e complicati non è esagerato affermare come il Paese sembra essere attraversato da un intreccio tra qualunquismo e corporativismo: fenomeni affrontati attraverso espressioni di “scambio politico” derivanti dal ritenere ,assistenzialismo, corporativismo, individualismo competitivo le sola frontiera possibili di un futuro contrassegnato dal crescere dello sfrangiamento sociale.
L’intero sistema appare così quanto mai fragile ed esposto a pericolose forme di inquinamento della democrazia. Per queste ragioni è indispensabile che il filo dell’antifascismo sia sollevato fino al punto di ricostituire la memoria perduta dell’identità nazionale collegandosi direttamente con l’affermazione e non la semplice difesa dei principi costituzionali. Una “memoria quella dell’intreccio tra Antifascismo e Costituzione che necessita di essere declinata sul piano politico attorno ad alcuni punti fondamentali:
1) Razzismo. È indubitabile che esista e che si è affermata una politica che non può che essere giudicata come razzista. Una politica che si esercita soprattutto nell’identificazione del “diverso” e nell’affermazione di un presunto primato per “alcuni”. Il razzismo porta con sé sopraffazione, disuguaglianza, violenza.
2) Politiche sociali. Sotto quest’aspetto si torna indietro anche rispetto al clientelismo DC, del quale pure si scorgono tracce evidenti. Siamo di fronte ad una generalizzazione dell’assistenzialismo, introdotto come filosofia di vita. Una strada aperta dal reddito di cittadinanza che può produrre consenso soltanto se valutato fattore di mera assistenza. Un quadro ampliato dall’emanazione di sussidi e bonus nell’emergenza che fanno pensare come sul piano culturale, si direbbe quasi antropologico ci si trovi in una situazione di grande difficoltà sociale.
3) Autoritarismo. Il tutto è condito da una crescita verticale nella presenza dell’autoritarismo nella vicenda politica italiana. La tendenza all’autoritarismo nasce, è bene ricordarlo, fin dagli anni ’80 del XX secolo quando si cominciò a parlare, scrivere e praticare di “decisionismo”. La linea era già stata tracciata allora: la complessità della domanda sociale, frutto della crescita degli anni ’70, andava tagliata riducendo lo spazio tra di essa e la politica. Per fare questo occorreva un di più di segno del comando da realizzarsi attraverso la personalizzazione. Più o meno la ricetta degli anni ’20, mutatis mutandis. Oggi il tutto appare ulteriormente esasperato, dall’ esibizionismo dei singoli e dall’incapacità del sistema politico di leggere l’allargarsi e il trasformarsi delle contraddizioni sociali dentro la crisi.