La
grande manifestazione antifascista svoltasi oggi, 4 marzo, a Firenze in
risposta alle violenze fasciste dei giorni scorsi deve rappresentare il segno
portante su cui è necessario si muova l’opposizione sociale e politica: la
strada principale per far uscire le sinistre e le forze democratiche dalla
situazione di fragilità del sistema politico che rischia di incrinare la
democrazia repubblicana come ben dimostra il progressivo evidenziarsi della
vera natura della destra e delle sue attuali espressioni di governo. In questi tempi così difficili e complicati non è esagerato
affermare come il Paese sembra essere attraversato da un intreccio tra
qualunquismo e corporativismo: fenomeni affrontati attraverso espressioni di
“scambio politico” derivanti dal ritenere ,assistenzialismo, corporativismo, individualismo
competitivo le sola frontiera possibili di un futuro contrassegnato dal
crescere dello sfrangiamento sociale. L’intero sistema appare così quanto mai fragile ed
esposto a pericolose forme di inquinamento della democrazia.Per queste ragioni è indispensabile che il filo
dell’antifascismo sia sollevato fino al punto di ricostituire la memoria
perduta dell’identità nazionale collegandosi direttamente con l’affermazione e
non la semplice difesa dei principi costituzionali.Una “memoria quella dell’intreccio tra Antifascismo e
Costituzione che necessita di essere declinata sul piano politico attorno ad
alcuni punti fondamentali: 1) Razzismo. È indubitabile che esista e che si è
affermata una politica che non può che essere giudicata come razzista. Una
politica che si esercita soprattutto nell’identificazione del “diverso” e
nell’affermazione di un presunto primato per “alcuni”. Il razzismo porta con sé
sopraffazione, disuguaglianza, violenza. 2)Politiche sociali. Sotto quest’aspetto si torna indietro anche
rispetto al clientelismo DC, del quale pure si scorgono tracce evidenti. Siamo
di fronte ad una generalizzazione dell’assistenzialismo, introdotto come
filosofia di vita. Una strada aperta dal reddito di cittadinanza che può
produrre consenso soltanto se valutato fattore di mera assistenza. Un quadro
ampliato dall’emanazione di sussidi e bonus nell’emergenza che fanno pensare
come sul piano culturale, si direbbe quasi antropologico ci si trovi in una
situazione di grande difficoltà sociale. 3) Autoritarismo. Il tutto è condito da una crescita verticale nella
presenza dell’autoritarismo nella vicenda politica italiana. La tendenza all’autoritarismo
nasce, è bene ricordarlo, fin dagli anni ’80 del XX secolo quando si cominciò a
parlare, scrivere e praticare di “decisionismo”. La linea era già stata
tracciata allora: la complessità della domanda sociale, frutto della crescita
degli anni ’70, andava tagliata riducendo lo spazio tra di essa e la politica.
Per fare questo occorreva un di più di segno del comando da realizzarsi
attraverso la personalizzazione. Più o meno la ricetta degli anni ’20, mutatis
mutandis. Oggi il tutto appare ulteriormente esasperato, dall’ esibizionismo
dei singoli e dall’incapacità del sistema politico di leggere l’allargarsi e il
trasformarsi delle contraddizioni sociali dentro la crisi.