LA POESIA CIVILE DI LANGELLA di
Guglielmina Rogante
Giuseppe Langella
Aleggere i testi ironici, spesso graffianti, più spesso densi di pietà di
Giuseppe Langella, pare di essere retrocessi tra Dante e Parini, essendo questo
suo Pandemiee altre poesie civili (Mursia, Milano 2022, pagine 96), un viaggio in
tutti i gironi dell’orrido inferno globale dell’oggi, la coscienza amara della
totale perdita dei valori di riferimento (“svaniscono, esuli, i valori”) di una
società che vorrebbe dirsi civile, sebbene con la speranza che la fraternità torni
ad essere umano collante dei viventi e che chi è stato oppresso sia poi il
primo a godere della luce della pienezza. Davvero Langella con la sua poesia,
transitando, ma con inedita leggerezza, quasi acrobatica, “per le riserve della
storia letteraria”, come scrive Guido Oldani fondatore del movimento del
Realismo terminale a cui l’autore ha aderito tra i primi, ha scelto di fare
della sua parola poetica, colta e al tempo stesso popolare, un esercizio di
coscienza civile e di sprone al ravvedimento per un’umanità giunta sull’“orlo dell’abisso”.
Sono cinque le tappe di questo viaggio, ognuna formata da dieci poesie. La
prima, Cronache della barbarie,
denuncia opportunismi, finzioni e indifferenza di una società che vive nell’alienazione,
con uomini come “burattini”, “non più fratelli, ma nemici”. Segue ne L’uomo delle metropoli lo sguardo sconfortato
su un mondo dove l’individuo scompare nella massa, annegando in una globale
insignificanza. Il terzo girone Money,
money, money mette in amara satira la pandemia del consumismo e dell’avidità
di profitto con “evasori” che “son peggio delle idrovore”. La terra presa a calci attraversa il ‘creato’ cementificato e
plasticato, per consumo, per profitto, per insipienza. Nell’ultima sezione di
questa moderna “commedia”, Fratelli
tutti, gli ultimi i primi, vengono raccontati i martiri della cultura dello
scarto, ma con profetico richiamo al Vangelo, che li vuole primi per umanità e
sopportazione, degni di trascendenza in un mondo caduto nell’abisso della materialità.