EGEMONIA: APPUNTAMENTO AL 25 APRILE di
Franco Astengo
Nel
corso degli ultimi 30 anni la sinistra ha ceduto sul terreno dell'egemonia
culturale abdicando proprio dal punto indicato nella concezione di fondo
elaborata da Gramsci su questo tema. Per cercare di colmare il vero e proprio
vuoto che si è creato Si tratterebbe di oltrepassare l'idea del semplice
intreccio tra forza e consenso e di porre l'obiettivo di individuare le forme
che dovrebbero regolare i comportamenti delle diverse soggettività politiche a
partire dalla comprensione delle loro funzioni produttive, delle loro
caratteristiche morali e capacità progettuali nell'espressione opposta a quella
della politica-potenza. Non si è chiusa la transizione aperta dalla distruzione
delle forme politiche di massa organizzate - appunto - sulla connessione tra
funzioni produttive, caratteristiche morali e capacità progettuali. In
questa vera e propria "impasse" si è infilata una destra populista
fondata sulla forza dell'immagine e propugnatrice di un individualismo
proprietario e consumista che è penetrato nel profondo della cultura politica
del Paese. La
destra ha negato l'internazionalismo in una visione "proprietaria" di
una identità ben permeata di venature egoistiche, isolazioniste e razziste: a sinistra
l'aver adottato l'idea globalista in chiave di esaustività del mercato e di
concezione della politica come pura competizione di potere ha fatto il resto e
sono così sorti mostri come quello del PD a trazione renziana e poi del M5S. Per
far fronte a questo stato di cose appare del resto del tutto insufficiente
cercare di ritornare a un "capitalismo dal volto umano" mutuato sul
modello "radical" USA, ponendo al centro il tema dei diritti civili
individuali. "Capitalismo
dal volto umano" cui si dovrebbero affidare grandi transizioni in atto
come quella ecologica e quella digitale: una visione del tutto insufficiente
tanto più in tempi di guerra quali quelli che stiamo vivendo.
Nello
specifico della vicenda italiana la destra sta tentando un vero e proprio salto
di qualità., in una fase nella quale ha acquisito una dimensione elettorale
maggioritaria grazie ad una vera e propria "fuga dalla politica" (e
quindi dalle urne) da parte di intere generazioni ormai diseducate dall'impegno
collettivo. La
destra italiana, assunta caratteristiche di più definita identità storica e
appoggiandosi a elementi di contesto internazionale molto favorevoli in Europa
e fuori d'Europa sta provando a stravolgere la "narrazione storica" e
a proporre una visione culturale ambiziosamente egemone di vera e propria
"imposizione identitaria". A questa operazione va prestata grande
attenzione e capacità d'analisi non limitandoci, nel piccolo della vicenda
interna ai nostri confini, a osservare il tentativo di ricostituzione
dell'unica famiglia politica anticostituzionale che agì nel periodo
dall'immediato dopoguerra agli anni'90: il Movimento Sociale Italiano. Si sta
svolgendo in queste ore un convegno denominato "Stati Generali della
Cultura Nazionale" i cui contenuti di dibattito non possono essere ridotti
soltanto al tentativo di scattare una sorta di "foto di famiglia" del
mondo cresciuto dentro e intorno a quello che fu l'MSI e di cui FdI appare come
erede diretto. Va
sottolineato il fatto ben evidente che FdI valuta l'operazione AN soltanto come
una variante tattica di tipo opportunistico: iniziativa quindi ben diversa sul
piano ideologico e storico di quella che, poco tempo prima, aveva portato alla
liquidazione del PCI; partito questo, è bene ricordarlo perché di questo punto
sembra smarrita la memoria, pienamente "costituzionale".
L'operazione
in corso da parte della destra non può essere semplicemente catalogata come
vorrebbe qualcuno come tesa a reclamare spazio per le idee conservatrici:
infatti nella lettura corrente non emergono soltanto ombre del neofascismo ma
anche spunti di legittimazione dei momenti più drammatici imposti dalla destra
alla recente storia d'Italia (i fumetti della "controstoria della Strage
di Bologna" o i romanzi della collaborazione di La Rochelle e Rebatet). Il
MSI è stato sicuramente utilizzato dalla DC in alcune fondamentali operazioni
parlamentari come quella relativa al governo Tambroni o in occasione di
elezioni presidenziali: ne restano pagine oscure per la democrazia a cavallo
della strategia della tensione, della rivolta di Reggio Calabria e oltre. Nel
passaggio MSI-FdI e nella relativa costruzione di una egemonia della destra non
si deve dimenticare, anzi va sottolineato, il dato della continuità sul tema
dirimente del razzismo e non soltanto perché Almirante, tornato a brillare in
quel Pantheon, fu segretario di redazione della "Difesa della Razza"
di Interlandi. La derivazione storica del MSI e di conseguenza di FdI è da
assegnare all'adesione alla Repubblica Sociale da parte dei dirigenti che poi
nel 1946 furono promotori della formazione neo-fascista. L'adesione alla
Repubblica Sociale fu un fatto che col tempo molti hanno derubricato come atto
individuale di affermazione di continuità nell'onore della difesa della Patria ("i
ragazzi di Salò"): in realtà rappresentò una scelta politica di una parte
dell'ex-gruppo dirigente del PNF particolarmente legato al nazismo. Una scelta
che deve ancora essere considerata di piena corresponsabilità con il regime
hitleriano e, soprattutto, alle scelte finali di quel regime. come molti
possono credere di una scelta La scelta di Salò non fu una scelta "conservativa"
ma di una affermazione ideologica che aveva nel razzismo e nella vendetta verso
i "traditori" italiani una sua profonda scaturigine. Un senso di
"vendetta" che si può ancora ben vedere in certi atti e atteggiamenti
assunti dalla destra italiana oggi al potere.
Dal
punto di vista nostro della democrazia costituzionale forse è il momento di
ripensare ad alcune questioni come quella del rapporto tra Resistenza come
lotta all'invasione nazista e Resistenza come guerra civile come è stato
stabilito (probabilmente con una certa dose di "ottimismo storico")
nel testo di Pavone sulla "moralità della Resistenza" i cui concetti
di fondo andrebbero probabilmente rivisitati criticamente. Nel momento in cui
appare necessario rafforzare l'opposizione si tratta di comprendere che nella
radicalità delle contraddizioni in atto non soltanto sul piano
economico-sociale deve ritrovare posto una forte identità costituzionale sul
terreno già ricordato della "connessione morale" con l'identità della
Resistenza e dell'antifascismo. Identità
costituzionale, resistenziale, antifascista intesa come leva di un rinnovo di
egemonia democratica. Identità da affermare nei suoi punti più alti in cui
questa è stata espressa all'interno della prima parte del testo elaborato
dall'Assemblea Costituente: testo cui appoggiare con grande forza una
controffensiva ideale e culturale da organizzare molto rapidamente ma della
quale si intravvedono ancora scarsi elementi di consapevolezza. Appuntamento
allora al 25 aprile.