Potremmo
definire questa raccolta di poesie (Piazze
di sogni incarnati Manni
Ed. 20199) un’autobiografia morale, a tal punto essa è pervasa sia dalla
passione politica e sociale che ha animato e dato senso a tutta la vita di Maria
Carla Baroni, sia dalla sensibilità verso i soprusi e le iniquità di una
società il cui sistema economico è improntato a disvalori che paiono contrapporsi
all’evoluzione verso una società rispettosa dell’ambiente e dell’umanità come
consesso civile. La personalità di Baroni si delinea ampiamente a partire dal
riferimento a principi filosofici che esprimono una visione profondamente
critica del mondo, tale da definirla come “poeta civile” nella propensione
verso tematiche di carattere sociale e al contempo “lirica” nell’affrontare
temi della sfera privata – l’amore, la morte, la pietà umana. La concezione
circolare del tempo è una vitalistica affermazione di ottimismo. Ispirata ai
miti delle antiche civiltà mediterranee e ai filosofi dell’Antica Grecia, l’idea
dell’inesauribile energia della terra, attraverso i cicli di morte e rinascita
del mondo naturale, inscrive l’essere umano e ogni altro organismo vivente entro
un comune destino di immortalità, nella transizione perenne dell’energia da un
essere all’altro: “(…) in questa forma/preludio ad altra nel ciclo/infinito
delle forme/incessante divenire dell’Energia”. Le sezioni iniziali enunciano e
descrivono i valori in cui si radica quell’idea del mondo, a partire dai
sentimenti - dall’amore per la vita, che si estende a quello per le persone
care e per la natura, per l’umanità sofferente e reietta. Sono queste le sezioni
più liriche e vibranti nel presagio del fatale destino di un pianeta condannato
a un evidente tragico tramonto, oltre che per il compianto per la perdita delle
persone care, dell’amore: “Nelle notti di luna oscura, nelle notti di
plenilunio/parlo con te mio morto amore” oppure: “Tu ombre di presenza
assenza/echi di parole dissolventi nella casa/”. Nella disperazione, resta comunque
inalterato il senso del vivere: “Amare è vivere di sole”. Ed ancora, dettata dalla
fatica della militanza politica, un’immagine icastica: “(…) Un continuo/
lanciare semi senza sapere/ se germoglieranno…”. Vitalismo che si estende con occhio
critico al territorio, alla Lombardia e alla città d’origine, Milano, alle sue storiche
bellezze metropolitane e alla cementificazione delle campagne: “Divelta/la
forma degli abitanti/l’anima dei luoghi”. Compaiono talvolta alcuni toni sobriamente
amari, alla Wislawa Szyimborska, sull’indifferenza umana di fronte al suicidio
di un vicino di casa: “Poco sangue, non hai sporcato. /Ti hanno portato via. / La
vita ha continuato, qui, nel condominio/ come tu non fossi mai stato”. Nelle
sezioni finali irrompe più vibrante il senso del vivere, insieme all’utopia, al
sogno di cambiare il mondo, ricominciando ogni volta dal nulla, con determinazione,
contro l’ingiustizia sociale: “Sono una forma del divenire (…) sono una fiamma
di mille fiammelle”. Infine, una dichiarazione che ha la forza di un
testamento: “fino a quando mi resterà respiro/continuerò a lottare”. Lo stesso
pensiero, lo stesso impeto che dà titolo alla raccolta sono voce di uno spirito
indomito che non perde la speranza. “Millenni di minuti ho vissuto/ e vivo distillati
talora /in parole di vento (…) Fatica/ di rinascere ogni giorno, ansia/ di
ricominciare”.