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venerdì 30 giugno 2023

VOLIZIONE E IMPOTENZA
di Angelo Gaccione

 
Sei tu il milanese, io invece sono un calabrese
”. Così mi aveva apostrofato più volte e con bonario affetto il poeta lombardo Guido Oldani, teorico e ideatore del realismo terminale, invertendo le parti. Lui saggiamente calmo, controllato, non schiavo del tempo, rispettoso del suo scorrere e senza forzature. Io, invece, calabrese contronatura, maniaco della puntualità, ossessionato dal tempo come se non mi bastasse mai. Il poeta di Melegnano con quelle parole intendeva sottolineare il mio attivismo ipercinetico, la mia divorante nevrosi per il fare, i miei ritmi stakanovisti propri degli abitanti di questa città della fretta. Ma così lo sono diventato o lo sono sempre stato? Ora che ci penso lo ero già da ragazzo e l’età adulta non ha fatto che accentuarlo questo attivismo. Milano, da parte sua, ha esasperato in me il binomio tempo-ritmo, tanto da rendermi inquieto se sono costretto a fermarmi, se non posso essere parte dell’azione collettiva. Persino il passo ha finito per assumere un ritmo esagerato, e si è contratta di molto la frazione di tempo che dedico ai pasti. Devo fare, questa è la mia condanna. L’indolenza mi è insopportabile e ho sempre avuto un debole per gli uomini d’azione. Invidio la pacatezza di Oldani, io ritrovo la mia quando vado in cerca della mia Milano, quando la esploro e mi perdo. Allora sento che il cuore rallenta il battito e il respiro diventa umano. Quando però agisco, mi butto a capofitto e lo faccio fino allo sfinimento, fino al traguardo che raramente mi sfugge. Forzo il tempo con impazienza come a volerlo domare. Ma di recente, trovandomi a fare i conti con un problema di salute, sono stato costretto a rallentare il passo. È avvenuto ciò che sapevo da sempre e su cui ho più volte scritto e ragionato. Non c’è volizione che possa tener testa all’impotenza, per quanto forte, intensa, caparbia, ostinata essa sia. Quando il corpo diviene debole o incapace di muoversi, anche la volontà si piega e ogni volizione è costretta alla resa, a riconoscere l’inanità dei suoi sforzi. “Noi non abbiamo un corpo, ma siamo il nostro corpo” ha scritto su “Odissea” il saggista piacentino Franco Toscani. Un corpo estremamente fragile. Etereo, come un sospiro.  

 

NON L’AVRANNO VINTA
di Girolamo Dell’Olio

 
Ultimo ‘messaggio nella bottiglia’ affidato dopo mezzanotte alla corrente. Destinatari, posta ordinaria e posta certificata, tutti i consiglieri regionali della Toscana: quelli di maggioranza, quelli di minoranza e per non lasciar fuori nessuno, anche quelli di neutralanza, ’un si sa mai! Alla vigilia dell’udienza di merito del ricorso al TAR Lazio il 5 luglio, la domanda di rito è: “Saprà una buona Politica anticipare l’intervento del Diritto nella difesa della Polis? Tornerà l’Assemblea legislativa a esercitare la funzione di controllo sull’operato dell’Esecutivo?”.
Fioccano le notifiche di lettura: “Letto: Piombino: tornerà l'Assemblea legislativa a esercitare la funzione di controllo sull'operato dell'Esecutivo?”.
Dunque, ancora una volta: sanno! Sanno che la palla è nella loro metà campo.
Sanno che là fuori, oltre la soglia dal Palazzo del Pegaso, non si desiste. ‘Buongiorno! Lei, sempre qui, eh?’, mi provoca con empatica cordialità una delle sue inquiline che ormai hanno imparato a conoscermi, ‘insistiamo?’.
‘Insistiamo!’.
Perché quando hai ragione marcia, come qui, non puoi (e soprattutto non devi) dargliela vinta. Alla fine, lo fai per il loro bene: come farebbero a migliorare se là fuori ci fosse gente che si rassegna, che si adatta, che si fa involontariamente complice? Perché magari ti capita, come oggi pomeriggio, che torni a casa e trovi un piccolo (o grande?) frutto dell’impegno, della pervicace fiducia nel bene. Come questa lettera da Bruxelles… Vorrà pur dire qualcosa, no? La questione sollevata dalla petizione per Piombino inviata a gennaio “rientra nel campo di attività dell'Unione europea”. Ed è stato “quindi chiesto alla Commissione europea di condurre un'indagine preliminare sulla questione”.



Sì, è vero, sono passati cinque mesi e mezzo ma non è così che la goccia scava la roccia? E allora ripensi ancora più volentieri a Cristiano, che oggi ti ha riconosciuto dai tempi del black pass, e si è messo con te a fare il riassunto di questi anni di mondo alla rovescia, e con lui hai ragionato sulla simpatica pietanza che da Ginevra ci sta preparando l’OMS, e sul ‘nuovo corso’ quattro punto zero della scuola pubblica. E ad Alessandro, che passa in bici, e segue da un pezzo questa storia:
‘Mi ricordo di lei! di quando lui, il Giani, fece l’inaugurazione…!’,
e si complimenta con te per quello che fai. E a Francesca, la chiamerò così, che… ‘Scusi, le posso fare una foto?’, e non le basta il messaggio del cartello davanti: volentieri le offro anche quello alle spalle.
Volantini d’ordinanza e ‘Me le manderebbe?’, le chiedo, mentre ammiro i lineamenti gradevoli e l’espressione solidale. Ci siamo appena salutati che arriva una vecchia conoscenza di queste parti. Scuote le braccia e mi abborda con un sarcastico ‘Legalità…?  ragionevolezza? … ma ’ndo siamo?’
‘Sì, dài, ci si prova’!


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‘Intanto’, osserva arguto un testimone suo amico, ‘s’è fatto fotografare da una gran bella donna!’. Condivido, gonfio di fierezza! E qui la ringrazio, Francesca o chi che sia, se caso mai ci legge, per queste immagini che – fidata – mi ha cortesemente inviato. Ben altre sensazioni ti ispira l’assessore sussiegoso che rifiuta il volantino perché il caso… ‘lo conosco abbastanza!’.
‘Ma qui c’è del nuovo!’.
Inutile. Come davanti alle scuole. I ‘grandi’, gli ‘adulti’, i ‘responsabili’, gli ‘amministratori’, sono proprio quelli che si negano. Un mondo alla rovescia, per l’appunto. Cosa possono imparare i nostri ragazzi? Che modelli hanno davanti? Intanto, sull’altro lato di via Cavour, dal Palazzo Medici Riccardi, sventola ipocrita la bandiera della pace…
http://www.idraonlus.it/2023/01/27/arriva-porto-la-petizione-europea-piombino/,
 

giovedì 29 giugno 2023

EUROPA A RISCHIO IMPLOSIONE
di Luigi Mazzella
 

Agnoscere veteris vestigia flammae.
 
La matrice filosofica comune (l’idealismo tedesco post-platonico e post-hegeliano), la natura sostanzialmente simile di ogni fanatismo (religioso o ideologico), le affinità di carattere e d’intelletto di chi, comunque, s’induca a “credere rinunciando a pensare” fanno sì che il miscuglio di assolutismi astratti confluiti nella mentalità occidentale rappresenti l’ordigno più pericoloso per la sua sopravvivenza come entità unitaria. Sotto la spinta di politiche razionalistiche provenienti dall’esterno, l’Occidente rischia di implodere in un susseguirsi di eccidi e genocidi, provocati da intolleranze religiose e politiche tutte aventi la stessa matrice di irrazionalità e “governate” (si fa per dire) solo in apparenza da autorità pubbliche legittimamente costituite perché, in realtà, sono occulti servizi di intelligence a fare il bello e il cattivo tempo dall’Alpi alle Piramidi, dal Manzanarre al Reno, da Scilla al fiume Don, dal Mediterraneo all’Atlantico. La miccia che potrebbe fare esplodere anzitempo la bomba che si è posta nel proprio deretano l’Occidente (da solo) ha un nome Joe Biden. Come alcuni rappresentanti della Corte Reale Britannica prima dello scoppio della Seconda guerra mondiale, l’uomo giunto, non a caso e con appoggi occulti, alla Presidenza degli Stati Uniti d’America deve avvertire, presumibilmente, forti attrazioni per il neonazismo. Ne è una riprova il “voltafaccia” richiesto (o imposto) ai neo-fascisti italiani rispetto alla loro precedente politica (tutt’altro che filo statunitense ed europeistica senza se e senza ma) ed ora il ribellismo anti putiniano del nazista Prighozin, comandante della Wagner, schieratosi (non del tutto inaspettatamente, per chi conosce gli intrighi della CIA) contro la Madre-Russia, avendo nelle proprie casse (se la notizia risulterà vera) 43 milioni di Euro (e non di Rubli). Joe Biden, uomo che sembra essere di mediocre acume politico, crede molto verosimilmente che la sfida imperialistica contro la Russia non possa essere vinta senza l’ausilio degli eredi di Hitler e di Mussolini e si sta muovendo in conseguenza, seguito, nel suo folle canto d’onnipotenza, da un coro “a bocca chiusa” di Europei, “disossati” da una politica multi decennale di servilismo, non a caso sempre egemonizzata dai Teutonici che hanno potuto agnoscere veteris vestigia flammae. Chi salverà le “democrazie” occidentali dall’implosione voluta da Biden? C’è chi sostiene, contro il parere (quasi) di tutti, che vi sarebbe da sperare solo nelle sagge “autocrazie”, diffuse nei restanti due terzi del Pianeta. Esse si sono sottratte alle suggestioni delle guerre sante volute da un Dio, assetato del sangue degli “infedeli” secondo la visione di popoli mediorientali e alle idee cosiddette “salvifiche” dei nazisti, liberandosi altresì (con un’unica eccezione: Corea del Nord) da quelle altrettanto dannose dei comunisti, che hanno dovuto sinora subire gli improperi e le accuse della mistificata propaganda, organizzata dal signor Biden e dai Mario Appelius* del suo entourage.
 
* Mario Appelius era un giornalista dell’EIAR celebre per il terrore che diffondeva tra gli infanti, figli della Lupa (o del Duce?), dicendo loro (alla radio, di sera, nel commento ai fatti del giorno) che i russi (non gli americani e né gli inglesi), arrivando in Italia li avrebbero mangiati, dopo averli “sbucciati” come caramelle! 
 

POETI
di Massimo Pamio 


Apocalissi Apocrife 
 
2012 - La profezia dei Maya
Che niente trascorra inutilmente!
Nessuno l’abitò,
privo d’ombra e di gridi
e della più disincantata vita.
Nell’abisso del nulla s’innalzò
qual profondo mistero.
Sebbene non lasciasse traccia del suo passaggio,
si limitò ad attendere l'uomo.
2012
Risplenderà di nuovo.
Nessuna voce lo evocherà,
eppure tutto questo non sarà orrore,
ma l’immenso vuoto che ciascuno
recava con sé, prima della fine. Fummo gli ultimi,
ma non lo sapevamo. Ci soccorse cecità.
2012
È in me, un frammento del tempo.
Quale Dio accorrerà a redimerlo?
Forse il dio dell’Apocalisse,
il giustiziere, che nel suo intimo
non perdona d’aver donato istante a eternità.
IV
Nel suono mi rifugio prendendo
ritmo al tempo, rubando ciò che lo scandisce:
segmentando il nulla. Si può essere, dello strumento,
materia al canto. Perciò m’accosto alla sincerità
allorché assecondo un ordine
sebbene sconosciuto, delle leggi che governano i rapporti
di forza tra le cose. Non mi oppongo a questa dinamica
senza scopo, che solo consente
alla meccanica. Se faccio parte dell’ingranaggio
se anch’io risuono, niente potrà escludermi dal mondo.
Come i passi, come i baci. Nessuno che possa rinnegarli.
Perciò anch’io, tempo al levar del movimento.
V (piercing)
A pietire del corpo
in qualche misura partecipa            
chi a un piccolo anello di ferro
inchioda la pelle, le labbra,
a tanto delirio spingendo
la difettosa materia
che il mondo sostanzia
VI (tatuaggio)
Il corpo che sei costretto ad assecondare
di cui guidi i passi con severità di pensiero
questa carcassa che da nocchiero sferzi
e offri al piccolo supplizio dei piercing
alla pressione che le cose
vi esercitano d’insostenibili
atmosfere dai bizzarri
sbalzi di temperatura
questo difettoso ombrello su cui pioggia
trascolorano e cieli
in attesa del giudizio che verrà
questa cornice difettosa
su cui panneggi con ferocia
rarità di tatuaggi,
che si fa quadro.
Sentire
Significò leggere nei molti me stesso,
e sempre dubitare di tutti loro con annessi,
fin quando ricomposi nell’ascolto
quel che sempre involto  
nasceva con le mie schisi
cresceva con le rughe dei sorrisi
invecchiava per morire. Con me, di me.
Silenzio
Risiede, nelle biblioteche, il silenzio.
Sontuoso, vasto - attinge a virtù esclusive.
Con un pizzico di trepidazione
i lettori ne osservano la regola.
Sprofonda, il tempo, in quegli ambienti.                       
Il peso dei libri - non il silenzio -
incombe, grave, annichilente.
Oscuro, si avverte, il rovello della lunga ricerca       
della perfezione formale che macerò coloro
che ora dormono, inascoltati.
È quel silenzio a impetrare il nostro.      
Silenzio
Di tutt’altra natura il silenzio delle chiese.
Profuma d’incenso e di giglio,
assorbe pene, imprecazioni, suppliche
e quel che gli uomini nascondono
per riversarlo sul dio.
Si battono il petto, sollevano le braccia
verso l’alto, s’inginocchiano, carponi
fino all’altare; muti, esausti: qualcuno, in estasi.
È il modo di affidare alla propria coscienza
messaggi in bottiglia. La fragilità dei deboli,
le sconfitte dei vinti, le rimostranze dei ricchi:
tutti egualmente perdenti.
Silenzio
Nel silenzio del chiostro s’appaga
il divino che è in noi.
Stupore che proviene dalla meditazione.
Visione scaturita dalla contemplazione.
Estetica del nulla.
Passeggiano i monaci. Custodiscono
L’istante in cui al mistero si sono
donati. Quando a loro
fu concessa l’humilitas.
Silenzio
Il proferire d’uno sguardo di neonato
cela, del silenzio, la verità. Fragilità
da cui tutti proveniamo, che avvolge la creatura
con il creatore, lo schiavo con il padrone,
il temerario con il codardo: che da sempre
unisce il bene con il male, crudeltà con innocenza,
l’unico - che l’altra incita al ritorno -
germoglio con la primavera.
Silenzio
Sono passato attraverso mille e mille anni di storia.
Sono stato dei tanti racconti l’eroico protagonista
e l’umile comparsa.
In ogni luogo della via conquistato
era il segno dell’indifferenza.
Mi sono battuto,
ho assaltato, depredato.
Contro il cielo ho inveito ho urlato
denudato, ridendo e beffeggiando
chi mi aveva chiamato a ridere di lui.
Silenzio
Per conoscere la punta del silenzio
in cui la fine regnerà,
siamo stati chiamati:
per salvare la nostra morte
da ogni possibile contraffazione.
Per l’istante che dell’eterno
ci restituirà, a un’irripetibile unicità.
Si compirà il mistero dell’individuo,
ogni minuto si trasformerà
in tempo definitivo, ogni angoscia
in pacificazione.
Sarà pace d’ogni desiderio di trionfo,
di ormeggio, di annientamento, di fine,
di resurrezione. E d’ogni principio.

 

CORPO E MENTE


Mariagrazia Raffaelli
 
Caro Angelo,
nella parte finale del tuo articolo “Volizione e impotenza” apparso domenica 25 giugno sull’inserto culturale de “Il Quotidiano del Sud” sembra che sia io a scrivere o che tu abbia scritto di me. La rabbia e l’inquietudine di non poter agire, di dover fare i conti ed essere, all’improvviso, diventati un corpo che costringe la testa in una prigione, che prende tristemente coscienza dei limiti, sapere di dover convivere con quel corpo che all’improvviso non senti più tuo e che avverti come un nemico, che domina anche la tua volontà e ti fa sentire improvvisamente dipendente... 
E la testa nonostante tutto sa che ferma ed impotente non può restare, perché significherebbe la tua morte civile, e allora cerchi una via di fuga da quel corpo, cerchi ogni modo di adattare le sue esigenze alle tue voglie, che quel corpo sta reprimendo. A volte accetti quei limiti, provando rispetto per quel corpo con cui hai convissuto per anni, ma a volte no, anzi il più delle volte, no, perché sai che sarebbe un non vivere e che il tuo corpo dovrebbe seguire la tua mente, fino alla fine. Poi vedi che è solo il tuo stesso corpo che ti mette dei limiti che mai avresti pensato di avere, ma la mente non riesce a vederli quei limiti, perché tu  vuoi volare libera.
Mariagrazia Raffaelli

 

INTELLIGENZA EMOTIVA
di Laura Margherita Volante


Fra individualismo e analfabetismo emotivo.
 
Piantare in asso! Più passa il tempo e le condotte sociali, fin dall'adolescenza adultizzata, diventano inquietanti. Goleman ha scritto per esperti e non solo Intelligenza emotiva e Intelligenza sociale, fondamentali per una sana salute di relazioni positive costruttive ed empatiche. Il teorico sopra citato viene scalzato da una fenomenologia culturale, smarrita fra i meandri digitali dei social, degli smartphone, e altre diavolerie, che hanno inglobato le menti in labirinti di specchi deformanti senza via di uscita. Ciò mi riporta al mito di Arianna, che dà un gomitolo di filo a Teseo per uscire dal labirinto, avendo affrontato il Minotauro, e si sente abbandonata vedendo la nave con Teseo che se ne va. Tanto che da questo fatto è nato il modo di dire "piantare in asso". Gli antichi ci hanno inviato segnali saggi e suggestioni illuminanti ancora oggi attuali e purtroppo profetici, con lezioni simboliche e metaforiche. Chi dunque oggi è il Minotauro che l'adolescente dovrà affrontare nel labirinto alla ricerca di sé? Oggi è la droga in ogni sua fantasiosa forma, e l'adulto dov'è? È preso dall'individualismo sfrenato, in una adolescenza interminabile. Come fa dunque a essere genitore se non ha ancora superato il passaggio da figlio a uomo, da figlia a donna. Un tempo gli orfani erano ritenuti coloro che avevano perso i genitori in tenera età. Oggi gli orfani hanno più di cinquant'anni essendosi allungata la vita verso i 90 anni. Questi bambinoni piangono per il genitore morto, spesso abbandonato in una struttura, e c'è sempre una scusa a portata di mano. Adulti quindi fragili e in quel labirinto c'è il mostro senza il pater familias. Il libro bianco sulla solitudine dei giovani di Giovanni Ghilardi, è una analisi realistica sulle cause del disorientamento giovanile. Le dipendenze diventano così una panacea da frustrazioni e violenze emotive, per ribelli senza causa. L'individualismo sfrenato impera ruotando su necessità riempitive del vuoto cognitivo e morale. L'analfabetismo emotivo è il sintomo evidente della mancanza di punti di riferimento, di maestri di vita, di memorie di esperienze condivise.
Seguono schegge impazzite, ombre di sé stesse in un delirio di onnipotenza, che diventano proiettili del male sugli innocenti. E la strage continua in famiglia, sulle strade e le scuole sono i desertifici dove girano coltelli mentre i libri sono pieni di polvere nelle biblioteche fantasma. Tutti parlano, nessuno ascolta con lo sguardo fisso sullo smartphone, caldo e bruciante l'inganno non si manifesta neppure più, non c'è la scia. La tragica fine di sé stessi è dietro l'angolo, ad assaporare l'attesa della vittoria del male sul bene e intanto si sta preparando la fine del genere umano. L'indifferenza gongola sui propri beni pecuniari contando le sue sporche monete.

mercoledì 28 giugno 2023

MUTAMENTI CLIMATICI E CECITÀ
di Rodrigo Andrea Rivas

 

Lunedì 19 giugno 2023, l’Organizzazione Mondiale di Meteorologia (OMM), organismo ONU, e il Servizio sul Cambiamento Climatico Copernicus (C3S), della Unione Europea, hanno confermato che la temperatura media dell’Europa aumenta due volte più velocemente della media mondiale a causa della crisi climatica. A giudicare della eco trovata sui media, per l’Italia si tratta di un’altra non notizia. I dati presentati rivelano che il vecchio continente registra un aumento medio di 2,3ºC sui livelli preindustriali, contro l’1,1°C della media mondiale, largamente al di sopra degli obiettivi dell’Accordo di Parigi, 1,5ºC. La pubblicazione analizza lo stato del clima in Europa nel 2022, il più caldo da quando esistono registri in almeno dieci paesi: Belgio, Francia, Germania, Gran Bretagna, Irlanda, Italia, Lussemburgo, Portogallo, Spagna e Svizzera. È stato anche l’estate più caldo da quando esistono i registri, ma per tutti i paesi del continente. Nel complesso, le temperature medie del 2022 sono state di 0,79ºC al di sopra della media 1991-2020. Gli effetti del fenomeno si percepiscono nitidamente osservando i ghiacciai europei: tra il 1997 ed il 2022 hanno perso 880 chilometri quadrati di ghiaccio. Nel solo 2022, per la diminuzione delle precipitazioni ed il caldo permanente, gli Alpi hanno perso 34 metri di ghiaccio, un altro dato senza precedenti. Si osservano riguardo il mare. Le acque europee hanno registrato le temperature più alte della loro storia ed una estesa superficie ha patito ondate di caldo marino con forte impatto sulla fauna e sugli ecosistemi. Specificamente, hanno raggiunto un tasso di riscaldamento oltre tre volte superiore alla media mondiale il Mediterraneo orientale, il mar Baltico, il mar Nero ed il sud dell’Artico. Le conseguenze drammatiche per la popolazione del continente non si sono fatte attendere. La Base Dati sugli Eventi di Emergenza (EM-DAT), ha stabilito che nel 2022 i fenomeni meteorologici estremi – tra cui ondate di caldo, piogge torrenziali, inondazioni o siccità – hanno provocato 16.365 morti e avuto ripercussioni negative dirette su 156.000 persone. Il 67% dei fenomeni estremi sono stati inondazioni e tormente, che sono fonte della maggior parte dei danni economici vincolati alla crisi climatica. 



Nel 2022 i danni accertati per i fenomeni climatici estremi sono arrivati a 2,13 miliardi di dollari. Secondo la OMM, l’espansione delle energie rinnovabili può contribuire alla diminuzione del ritmo di crescita della crisi climatica: “La causa principale di questi sconvolgimenti deriva dall’uso dei combustibili fossili. Nel 2022 l’energia eolica e l’energia solare hanno raggiunto una percentuale di generazione del 22,3% in Europa e, per la prima volta, queste fonti pulite hanno superato la generazione di energia da petrolio, carbone e gas (20%). L’aumento dell’uso delle energie rinnovabili e delle fonti a basso contenuto di carbono è cruciale". 
Secondo i media, per gli italiani sono notizie di scarso interesse. Infatti, non ne parlano. Il cambiamento climatico diventa importante solo quando serve alla propaganda di guerra. Non a caso, dalla recente conferenza di Bonn sui cambiamenti climatici (vedere il mio "Clima emigrazioni e velleitarismi", 18 06 2023), la TV ha parlato solo dell’influenza sul clima della guerra in Ucraina (TG La7, 18 giugno, ore 20,30). I dati presentati dalla egregia giornalista Milena Gabanelli, certamente gravi, erano presi dal rapporto di un esperto indipendente presentati alla conferenza come allegato ai lavori.
A me sembra invece assodato che agli italiani non si debba far sapere qual è la reale situazione. Provenendo da fonti ufficiali, non essendo quindi opinabili, i dati potrebbero portare qualcuno a dissertare da interessanti TG incentrati sul nome da dare all’aeroporto di Linate o al ponte sullo stretto. Peggio ancora, qualcuno potrebbe persino pensare che la comunicazione e la politica non siano necessariamente riducibili al poco edificante teatrino a reti unificate in onda permanentemente.
 

 

NUMERI DAL MOLISE
di Franco Astengo
 


Eseguita la lettura dei dati relativi alle elezioni regionali del Molise comparando l'esito delle regionali 2018 a quello del turno di domenica scorsa 25 giugno 2023 se ne trae la conclusione di una suddivisione dell'elettorato che aveva premiato la candidatura presentata dal Movimento 5 Stelle. Prendiamo le mosse dalla partecipazione al voto: nel 2018 risultavano aventi diritto al voto 331.253 elettrici ed elettori, cifra diminuita a 327.805 nel 2023 (si tenga conto che il Molise è una delle regioni con la più alta percentuale di iscritti all'estero: nel caso 85.311 per il 26%). Il totale dei voti validi è sceso da 167.629 (2018) a 151.399 (2023) con una sottrazione di 16. 230 unità. Nel 2018 i voti validi avevano rappresentato il 50,49%, nel 2023 il 46,18% (-4,31%). La candidatura Roberti (2023) per il centro-destra ha realizzato un forte incremento rispetto alla (pur vincente) candidatura Toma presentata nel 2018: Toma ottenne 73.229 voti (22,10% sul totale del corpo elettorale) Roberti ha avuto 94.339 suffragi (28,77% sul totale del corpo elettorale, quindi con un incremento reale 6,76%). La chiave dello spostamento di consenso risiede nella posizione del M5S: nel 2018 la candidatura Greco presentata dal Movimento ottenne 64.875 voti al secondo posto (19,58% sul totale del corpo elettorale), formulando una comparazione impropria si può ricordare che nelle elezioni politiche 2022 il M5S ha presentato nel collegio la candidatura Di Palma con 31.265 voti mentre nelle Regionali 2023 il M5S si è presentato nella coalizione con il PD e altri di centro sinistra a sostegno della candidatura Gravina ottenendo 9.966 voti (3,04% rispetto all'intero corpo elettorale). La stessa candidatura Gravina ha ottenuto complessivamente 54.884 voti, 26.066 in più della candidatura Veneziale presentata nel 2018 dal centro-sinistra (nelle elezioni politiche del 2022 la candidatura di Alessandra Salvatore per PD, AVS e più Europa aveva avuto 30.190 voti). Si potrebbe quindi affermare di una vera e propria spaccatura dell'ex-elettorato 5 stelle sia in direzione centro-destra, sia in direzione candidatura Pd e altri. Tra le singole forze politiche c'è da registrare l'incremento di FdI che dai 6.461 voti avuti nel 2018 è passato a 26.516 nel 2023 (flettendo leggermente rispetto alle politiche 2022 dove ottenne 27.818 voti). Incremento anche per Forza Italia (da 14.777 a 16.876) e decremento per la Lega (da 10.792 a 8.425). Nell'ambito del centro destra si è presentata anche una lista centrista che ha avuto 13.921 voti; la lista IV-Azione alle politiche 2022 aveva ottenuto 6.247 voti. Il PD scende da 23.447 voti nel 2018 (7,07% sull'intero corpo elettorale) a 16.910 (5,15% sull'intero corpo elettorale) incrementando però rispetto alle politiche 2022 (13.122 voti). Risultato compensato, nell'occasione delle regionali 2023, dai 5.887 voti ottenuti dalla lista del candidato - presidente e dagli 8.072 voti della lista civica "Costruire Democrazia". Incremento per l'alleanza Verdi - Sinistra con 6.685 voti mentre Leu nel 2018 ne aveva ottenuti 3.777 (l'alleanza AVS nelle politiche 2022: 4.784).



In conclusione:
1) Tutte le consultazioni intercorse fra le elezioni politiche 2022 ed oggi, sia regionali sia amministrative hanno mostrato il tratto comune della crescita dell'astensione che ormai sembra riguardare strutturalmente quasi il 40% dell'elettorato e quindi superare, di volta in volta, a seconda dei casi e delle circostanze il 50%;
2) il "trend" di forte volatilità elettorale che aveva caratterizzato il secondo decennio del XXI secolo sembra aver rallentato la propria corsa identificando in FdI il partito di maggioranza relativa, senza assegnargli però la funzione di "partito pivotale" del sistema;
3) la prospettiva delle elezioni europee (proporzionale con preferenze, sbarramento - per ora - al 4%) risulterà determinante per il M5S capace di conservare una sua forza alle elezioni politiche ma debolissimo sul terreno delle elezioni locali, in particolare quando si è presentato in alleanza con il PD;
4) il nuovo corso della segreteria PD non ha finora dimostrato una capacità d'attrazione in grado di rendere il partito competitivo a livello di maggioranza relativa (altro discorso ovviamente per il sistema di alleanze che per il centro-destra appare ormai collaudato anche nella presentazione dei simboli e sul versante PD ancora da costruire anche e soprattutto rispetto all'identità e alla visibilità di uno schieramento definito).E' vero che le elezioni europee non prevedono la necessità di apparentamenti, ma nel 2025 ci sarà un importante turno di elezioni regionali che richiedono il sistema di alleanze. Turno delle regionali 2025 dal quale non dipenderà soltanto il governo delle singole regioni chiamate in causa (Toscana, Marche, Campania, Puglia, Veneto, Liguria e Valle d'Aosta) ma l'andamento del finale di legislatura (salvo colpi di scena, ovviamente).

PALAZZO MARINO IN MUSICA


Emma Arizza

L’universo nel violino.


Emma Arizza, violino domenica 2 Luglio 2023, ore 11.00 Sala Alessi – Palazzo Marino Piazza della Scala 2, Milano. Prosegue la XII edizione di Palazzo Marino in Musica, quest’anno dedicata al tema dell’identità. Il prossimo appuntamento vede la giovane violinista Emma Arizza regalare al pubblico un viaggio alla scoperta della musica di Bach, Paganini e Ysaÿe. Tre compositori che hanno saputo far emergere l’identità e la personalità del violino in modo molto diverso. Uno strumento che, a differenza di altri, appartiene davvero al musicista che lo suona, il quale si identifica con esso e gli sa dare una vera e propria impronta, una voce unica e inimitabile. Ascolteremo dunque il violino sprigionare tutta la sua qualità sonora nella complessità contrappuntistica di Bach, nelle dolci melodie cantabili di Paganini e nel suo virtuosismo estremo, ma anche nelle articolate armonie moderne di Ysaÿe. Vincitrice del Musicians’ Company Award 2019, Emma Arizza si è affermata come giovane violinista di talento nel panorama internazionale. Nata a Como, si diploma nel conservatorio della sua città con il massimo dei voti, lode e menzione d’onore sotto la guida di Gianluca Febo. Si trasferisce a Londra a soli 18 anni per continuare gli studi di alto perfezionamento al Royal College of Music e al Trinity Laban Conservatoire. È supportata dalla G. Bratton Scholarship, la A. Niekirk Scholarship e la Tillett Trust. Emma Arizza si è esibita in importanti sale da concerto e festival internazionali in Italia, Francia, Grecia, Olanda, Romania, Russia, Spagna, Svizzera, Israele e nel Regno Unito. Oltre ad essere una violinista acclamata, è anche attiva nell’educazione musicale. Nel 2021 è stata selezionata come Benedetti Foundation Ambassador. All’interno di questa Fondazione, creata dalla violinista di fama internazionale Nicola Benedetti, ricopre un ruolo importante: diffondere la musica tra migliaia di giovani e giovanissimi e ispirare la prossima generazione attraverso workshops innovativi e contenuti multimediali. Emma Arizza suona un violino F. Guadagnini (1927) e un Marcello Villa di scuola cremonese.
I biglietti d’ingresso per il concerto sono gratuiti con prenotazione: a partire da giovedì 29 giugno alle ore 10.00 è possibile prenotarli online sul sito www.palazzomarinoinmusica.it oppure ritirare quelli cartacei disponibili presso la biglietteria delle Gallerie d’Italia – Piazza Scala in Piazza della Scala 6. La rassegna Palazzo Marino in Musica è realizzata in collaborazione con la Presidenza del Consiglio Comunale ed è organizzata da EquiVoci Musicali e Fondazione Pasquale Battista. Le Istituzioni coinvolte nel 2023 come partner sono Comune di Milano, MM spa, la Centrale dell’Acqua di Milano e il Conservatorio G. Verdi di Milano. La rassegna è sostenuta da Intesa Sanpaolo. Sponsor tecnico Fazioli.
Palazzo Marino in Musica Stagione 2023 Direzione Artistica: Davide Santi, Rachel O’Brien, Luca Carnicelli Organizzazione: EquiVoci Musicali, Fondazione Pasquale Battista Ufficio Stampa: Andrea Zaniboni Social Media Manager: Gledis Gjuzi.
 
Tel. 349 8523022 | ufficiostampa@palazzomarinoinmusica.it

 

martedì 27 giugno 2023

UN GIARDINO DELLA MEMORIA IN VIA D’AMELIO    
di Salvatore Borsellino
 

Nella strage di Via D’Amelio, nella quale persero la vita mio fratello Paolo Borsellino e i 5 agenti della sua scorta, un mancato divieto di sosta facilitò l’attentato. Lì, mia madre ha voluto che fosse piantato un Ulivo, simbolo di pace e di speranza. Oggi l’Ulivo è meta di pellegrinaggio di tante persone, ma oggi come allora, la strada è sempre ingombra di macchine che lo soffocano. Ogni mattina mi torna in mente quel 19 luglio e quel divieto di sosta che allora non c’era e che oggi è come se non ci fosse perché continua a non essere rispettato. Ho il sogno che quello che oggi è soltanto un posteggio di auto possa diventare finalmente un Giardino della Memoria, affinché torni a essere un luogo sacro e non soltanto un posteggio per le auto.


Mentre nelle stanze del potere si discute sull’intitolazione di un aeroporto milanese ad una persona appena defunta e sulla quale sarebbe prima necessario che vengano alla luce almeno delle verità storiche se non delle risultanze processuali ormai superate dalla morte del suo protagonista voglio lanciare un appello a tutti i cittadini di buona volontà perché venga posto finalmente rimedio a quel mancato divieto di sosta che, ormai quasi trentuno anni fa, facilitò il compito a chi doveva preparare quell’attentato che spezzò la vita di Paolo e dei cinque agenti della sua scorta. In quel luogo che quell’esplosione aveva trasformato in un inferno, in quella terra bagnata dal sangue mescolato insieme di Paolo dei suoi ragazzi, in quella terra dove erano disseminati i pezzi dei loro corpi smembrati, mia madre ha voluto che fosse piantato un Ulivo, che fece venire apposta da Betlemme, perché quel luogo diventasse un simbolo di pace e di speranza piuttosto che di violenza e di morte. 

Quell’ulivo oggi è meta del pellegrinaggio delle tante persone che da ogni parte d’Italia e del mondo si recano in quel luogo e si raccolgono in meditazione, ma oggi come allora, la strada è sempre ingombra di macchine che lo circondano e lo soffocano. Ogni mattina, appena accendo il computer, la prima cosa che faccio è collegarmi alla telecamera che dal Castello Utveggio inquadra quell’ulivo e ogni mattina mi si stringe il cuore a vederlo circondato dalle macchine che anche in sosta selvaggia, al centro della strada, nonostante le strisce che dovrebbero indicare il divieto, riempiono quella strada. E ogni mattina mi torna in mente quel 19 luglio e quel divieto di sosta che allora non c’era e che oggi è come se non ci fosse perché continua a non essere rispettato. 


Mi è nato allora dentro un sogno, che quello che oggi è soltanto un posteggio di auto possa diventare finalmente un Giardino della Memoria dove le centinaia di persone che ogni giorno, a tutte le ore del giorno, vengono davanti a quell’albero, possano sostare in raccoglimento, magari sedendosi a riposare su delle panchine che lo circondino delle aiuole che lo delimitino, senza doversi districare in mezzo alle auto, facendo ritornare quel luogo ciò che è e che deve essere, un luogo sacro e non soltanto un posteggio per le auto. In quel giardino porrebbero essere poi piantati degli altri ulivi che ricordino le altre vittime, gli altri martiri di questa lotta che ha fatto così tante vittime nella nostra città e non solo. Via D’Amelio, oggi come allora, è una strada chiusa, delimitata da quello che una volta era un giardino di limoni e oggi è soprattutto un posteggio e dietro il muro di quel giardino si nascose la mano azionò quel telecomando che fece scendere l’inferno in terra, non ci vorrebbe tanto a farlo tornare quello che è e che deve essere, un luogo sacro che ricordi il sacrificio di quelli che oggi chiamano eroi, che chiedono soltanto un po’ di pace. È soltanto un sogno adesso ma se saremo in tanti a sognarlo insieme, se davvero in tanti firmeremo questa petizione sarà più difficile per chi pensa soltanto ad intitolare aeroporti a chi non merita neanche di avere intitolato un vicolo ignorare la nostra richiesta e il nostro sogno potrà diventare realtà.


Firma anche tu la petizione
https://www.change.org/p/creiamo-un-giardino-della-memoria-in-via-d-amelio/psf/promote_or_share
 

 

 

MASSACRI
di Vincenzo Rizzuto 

      
 
La violenza ha sempre governato il mondo.
 
Che tristezza! Passano i secoli, i millenni e l’uomo continua a comportarsi sempre allo stesso modo. Ieri massacrava con la pietra, oggi lo fa con mille diavolerie messe a punto dalla sua ‘intelligenza’ di uomo ‘tecnologicus’.
La filosofia positivista della grande rivoluzione industriale prometteva un nuovo mondo, governato dalla ragione, dalla pace universale, dalla rivoluzione proletaria che avrebbe distribuito la ricchezza in modo equo a tutti i popoli liberandoli dalla schiavitù. E invece, ancora oggi non c’è continente senza guerre fratricide, senza baraccopoli in cui son costretti a vivere i nuovi schiavi, sacrificati alla logica del profitto del più forte di turno. Dopo la Seconda guerra mondiale, uscendo dal lungo tunnel della barbarie del nazifascismo, ci eravamo illusi che la fratellanza e uno sviluppo civile dei popoli avrebbero definitivamente governato il mondo, eravamo ancora memori dei milioni di morti che avevano insanguinato i campi di battaglia. Ma ecco, invece, che nuove guerre, con distruzioni ancora più spietate e apocalittiche, si sono riaffacciate all’orizzonte, e a nulla è servita la promessa del capitalismo, con cui si diffondeva una fiducia cieca nel progresso della tecnica e della scienza come strumenti di benessere e felicità; e parimenti a nulla è servita la cultura di sinistra, sorretta dalla concezione marxista che affidava l’emancipazione dell’uomo alla rivoluzione socialista del proletariato: due concezioni, queste, fideistiche che hanno miseramente fallito: il capitalismo ha finito per privilegiare gli interessi egoistici dei soliti magnati declinando la politica degli Stati in termini delinquenziali di aggressione ai più deboli e di distruzione dell’ambiente naturale; il socialismo reale è diventato ideologia accecante, e ha finito per chiudersi in politiche illiberali, che hanno letteralmente calpestato i diritti fondamentali della persona; così, la libertà, la dignità, l’uguaglianza sostanziale insieme ai valori del sentimento, nelle ‘democrature’ stataliste, sono diventati beni di cui hanno goduto soltanto pochi oligarchi, come è successo in Russia, in Cina e in altre realtà, in cui ha prevalso il capitalismo di Stato, appunto del socialismo reale. Se tutto questo è vero, e vero è! Che cosa rimane da fare? Non stancarsi mai di lottare, di fare la fatica di scendere in piazza con gli altri per difendere di volta in volta con i denti i fondamenti del vivere civile. Tutto il resto è solo chiacchiera e squillo di tromba che si disperde a valle. 

ATENEO LIBERTARIO
Contro il Muos




 

MUSEO DEL SOMARO
A Revine Lago (Treviso)




lunedì 26 giugno 2023

POETI
di Lelio Scanavini


 
 
VITTIME IDENTIFICATE
I morti di Bologna
 
I
Cicale e formiche sono uccise in pianura
Madri e padri marciscono nel bus 37
secchielli e palette s’impigliano nei denti della ruspa
 
(... ma Lazzaro fu un uomo fortunato:
(aveva amici potenti...
 
Non ci sono salvatori in agosto
Brucia la gioia sotto le ruspe
 
II
Aste di bandiere incidono le torri
Un rosso barbaro cala dalle logge
Nazareni bercianti corrono i porticati
Teleobiettivi sono in piena erezione
Schiere di prelati s’appoggiano ai fari
L’oro delle medaglie infetta le ferite
L’innocenza è colpita nel ventre
La vita è come il sole sui muri
 
(... ma Lazzaro fu un uomo fortunato:
(aveva amici potenti...
 
III
I cardini divelti della vita
si mischiano ai semi della pietra
Nella grande casa verde
ci sono ancora mappe nascoste
ma i pali neri della follia
spezzano le dita a chi bussa
 
IV
Sull’Autostrada del Sole
ho visto passare il Dolore:
era in corsia di sorpasso
 
Nota
Il 6 agosto, di ritorno in moto dai funerali, l’autore, rimasto senza benzina, era fermo in una piazzola dell’autostrada e vide passare il Dolore. 

ERASMO
di Franco Toscani
 
Aldo Capitini

11. La spettacolarizzazione massmediatica della guerra, la sua realtà effettiva e l'esigenza della sua espulsione dall'orizzonte della civiltà planetaria.
 
Oggi assistiamo a una pronunciata estetizzazione e spettacolarizzazione massmediatica della guerra che, nei paesi in cui la popolazione non la vive sulla propria pelle, tende a esser ridotta per lo più a materia di talk-show, oggetto di estenuanti dibattiti televisivi nel "circo massmediatico" (come lo ha definito Costanzo Preve), elemento di intrattenimento e di discussione, tra una pubblicità televisiva e l'altra. Gli spettatori, comodamente seduti sulle poltrone o sui divani casalinghi, vedono scorrere anche le più cruente immagini di distruzione tra un piatto e l'altro, tra un sorso di vino e un digestivo, vedono e sentono confrontarsi le opinioni e le valutazioni dei vari "esperti" (alcuni dei quali sono pure effettivamente competenti) e "opinionisti", ma ciò che va perduto è proprio l'essenziale della guerra. Nel mondo ridotto a immagine della "società sirenico-spettacolare" (secondo la pertinente definizione di Günther Anders), tutto tende a venire anestetizzato nel grande circo massmediatico e nel chiacchiericcio televisivo. Erasmo, invece, ci invita costantemente a non dimenticare e a non sottovalutare le immani, inaudite distruzioni e sofferenze, le violenze d'ogni tipo, la crudeltà e la ferocia, l'orrore della guerra in tutti i suoi aspetti, il suo odore, il puzzo dei cadaveri e delle ferite, le epidemie che spesso l'accompagnano, il sangue, la morte nella sua inesorabilità, la perdita dei propri cari e degli affetti, la degradazione e lo svilimento dell'umano, il venir meno di ogni "qualità della vita".
Abbiamo preso in considerazione nelle pagine precedenti l'indignazione e la preoccupazione di Erasmo circa le conseguenze rovinose dei nuovi strumenti bellici disponibili al suo tempo, come le frecce intinte di veleno o le prime forme di armi da fuoco e di artiglieria. Cosa direbbe oggi di fronte all'enorme, immensa capacità distruttiva della tecnologia bellica attuale, delle bombe atomiche e dei missili intercontinentali, delle guerre interstellari per la "conquista dello spazio" che si stanno preparando, di quelli che Günther Anders definì i "mostri invisibili" ben presenti negli arsenali militari e che ci ritroviamo tutti sul capo, capaci di distruggere più volte la vita di tutti gli esseri viventi sul pianeta, pronti ad essere usati dalla follia dei potenti?

Don Milani

Erasmo non può più rispondere e siamo noi, i via via soggiornanti, chiamati a dare risposte, in una situazione caratterizzata dalla "spada di Damocle" pendente perennemente sul capo e da una capacità bellica distruttiva smisurata, fuori di ogni controllo. La voce della ragione suggerisce che qualsiasi guerra, nucleare o non nucleare, anche quella apparentemente più giustificata, non ha alcun motivo d'essere, va semplicemente messa al bando, espulsa dall'orizzonte, innanzitutto perché la possibilità della distruzione totale di tutti i contendenti in campo è comunque troppo reale e vicina. Ma la voce della ragione non di rado rimane inascoltata e risuona vanamente per molti, per troppi.
Già nella Lettera ai giudici (1965) in difesa dell'obiezione di coscienza, don Lorenzo Milani rilevava che nelle condizioni date "la guerra difensiva non esiste più. Allora non esiste più una 'guerra giusta' né per la Chiesa né per la Costituzione. A più riprese gli scienziati ci hanno avvertiti che è in gioco la sopravvivenza della specie umana. (...) E noi stiamo qui a questionare se al soldato sia lecito o no distruggere la specie umana?".
È controllabile l'escalation nell'uso delle armi più letali? La risposta è secca: non è evidentemente controllabile.

M. L. King

Riprendendo questa ispirazione di Milani, papa Francesco (Jorge Mario Bergoglio) ha rilevato nella lettera enciclica Fratelli tutti (2020) che "a partire dallo sviluppo delle armi nucleari, chimiche e biologiche, e delle enormi e crescenti possibilità offerte dalle nuove tecnologie, si è dato alla guerra un potere distruttivo incontrollabile, che colpisce molti civili innocenti. In verità, 'mai l’umanità ha avuto tanto potere su sé stessa e niente garantisce che lo utilizzerà bene'. Dunque non possiamo più pensare alla guerra come soluzione, dato che i rischi probabilmente saranno sempre superiori all’ipotetica utilità che le si attribuisce. Davanti a tale realtà, oggi è molto difficile sostenere i criteri razionali maturati in altri secoli per parlare di una possibile 'guerra giusta'" (VII, 258).
Ciò significa allora rassegnarsi e arrendersi anche di fronte alle ingiustizie e alle aggressioni più evidenti e insensate? No di certo. Si deve sempre stare dalla parte degli aggrediti contro gli aggressori ed è bene sempre opporsi a ogni forma di ingiustizia e di prevaricazione. Si tratta però di vedere come e qui entriamo in un campo dove non esistono ricette precostituite e neppure molte certezze.
Oltre al ricorso a e al potenziamento di tutte le forme di poteri politico-giuridici sovranazionali capaci di arginare e dirimere i conflitti internazionali, oltre alla realistica, urgente e sacrosanta proposta di Luigi Ferrajoli - attenta non solo alla questione bellica, ma anche alla questione ambientale e alle crescenti diseguaglianze economico-sociali - di una "Costituzione della Terra" per "l'umanità al bivio" della nostra epoca (Feltrinelli, 2022),  va finalmente presa in seria considerazione (cosa che finora è avvenuta troppo raramente) la prospettiva della lotta nonviolenta, ossia di un'opposizione non armata, ma tenace e risoluta, in grado di contrastare le ingiustizie, le aggressioni e i conflitti tra gli stati e gli stati. La strada della lotta nonviolenta è l'unica in grado di garantire un futuro per la civiltà planetaria, se vi sarà per essa un futuro.[1]


Gandhi

Tale prospettiva di lotta - che si richiama alla grande lezione di Gandhi, Martin Luther King, Capitini, Langer e altri ancora che non possiamo qui ricordare - presenta anch'essa, ovviamente, i suoi rischi di fallimento, ma non contempla quello dell'annientamento totale. E ha poi il merito - basandosi sul confronto, sul dialogo, sull'ascolto reciproco - di fare appello e di tener conto delle eventuali buone ragioni presenti nelle posizioni e nelle argomentazioni di tutti i contendenti in campo. Insomma, mira a valorizzare non gruppi umani particolari, ma le ragioni dell'umanità intera, il senso dell'umano nella sua pienezza, l'umanità di tutti e quella che Aldo Capitini chiamava omnicrazia, il potere di ciascuno e di tutti.
Constatiamo però con amarezza il grande divario tuttora esistente fra ragione e potere, l'inefficacia/sterilità della ragione senza potere e la pericolosità/dannosità del potere privo di ragione. Come rendere possibile una maggiore compenetrazione tra ragione e potere - alla luce di una diversa concezione del potere come servizio, poter-essere, poter-fare e non come dominio - resta uno dei problemi decisivi del nostro tempo. La lotta nonviolenta per l'affermazione della giustizia e della dignità umana è dunque certamente anch'essa una scelta difficile, problematica e rischiosa, ma l'enorme potenza distruttiva accumulata dalla tecnologia bellica odierna non ci consente un'altra scelta e un'altra strada per garantire la sopravvivenza dell'umanità e di tutte le forme di vita sul pianeta.
  
Nota
[1] Per un approfondimento di questo discorso si veda F. Toscani, Gandhi e la nonviolenza nell'era atomica, Ed. Piccola Biblioteca di Odissea, Milano 2011.