Allora, la prima notizia è che i russi hanno respinto un
attacco più pretenzioso del solito – l’inizio della fatidica controffensiva? –
sul fronte meridionale, mentre a nord l’artiglieria ucraina continua a colpire
i centri abitati al di là del confine – la provincia di Belgorod è anche quella
che ha visto le incursioni dei “patrioti” russi, una tipica creazione dei
pataccari inglesi (ricordate i tagliagole siriani fatti passare per combattenti
per la libertà? tra un po’ arriveranno anche gli elmetti bianchi). La seconda
notizia è che il governatore di Belgorod ha ordinato lo sgombero di alcuni
villaggi. Ciò aumenta la pressione in Russia per una condotta di guerra più
aggressiva: la conquista di Kharkov, il capoluogo della regione ucraina di
confine, viene indicato come il primo obiettivo. Portavoce di queste istanze
sono due competenti osservatori della scena politica russa: Gilbert Doctorow da
Bruxelles, e John Helmer da Mosca. Il primo è più convinto della necessità di
un’azione punitiva; il secondo, dopo aver paragonato la capitale russa alla
Roma del tempo delle guerre puniche – Medvedev ricoprirebbe il ruolo di Catone,
mentre Putin quello di Publio Cornelio Scipione, detto Corculum – ritiene più
solida la linea dello stato maggiore e di Putin, che punta alla distruzione
delle capacità militari ucraine. È una linea molto ragionevole; tuttavia, a
differenza di Cartagine, l’Ucraina gode di approvvigionamenti militari
che, seppur inadeguati, sono illimitati – quindi la guerra può durare
indefinitamente. Questa è però un’ipotesi teorica: in pratica è improbabile che
l’Occidente non tenti un’escalation prima di arrivare all’ultimo ucraino. Di
ciò è convinto Joachim Hagopian, secondo il quale i neocon già hanno messo in
conto la guerra mondiale, e che ricorda come le imminenti manovre NATO possano
essere un’occasione per l’incidente fatale. Franco
Continolo