Pagine

martedì 6 giugno 2023

POST COMUNISTI FILO AMERICANI
di Luigi Mazzella
 


La difficile posizione dei post-comunisti filo-statunitensi.
  
I post-comunisti italiani, capeggiati da Elly Schlein, passati dopo il crollo dell’impero sovietico a ingrossare le file dei partiti europei filo-statunitensi, oggi non sanno che pesci prendere. L’alternativa è: o quella di allearsi con i “Fratelli d’Italia” della Meloni e togliere l’ascia di guerra dalle mani della sola “pulzella della Garbatella” contraddicendo ancor più vistosamente le molteplici manifestazioni pacifiste degli anni passati (non del tutto dimenticate dagli Italiani) o seguire Francesco sulla via del “cessate il fuoco”, perdendo i benefici (economici e mass-mediatici) della sudditanza politica dagli Americani, faticosamente conseguita con le note intermediazioni di “venerati” compagni. Non v’è dubbio che la cultura, pure approssimativa, dei “post-comunisti” dovrebbe farli inclinare verso il secondo corno del dilemma.
Nel loro DNA dovrebbero essere rimaste tracce della loro avversione all’incontenibile intromissione statunitense negli affari dei Paesi dell’intero Pianeta. Ai più coltivati tra essi dovrebbe essere noto che nella vecchia colonia inglese d’oltreoceano sono confluiti e risultano pesantemente presenti i tre irriducibili monoteismi religiosi mediorientali (con la loro tendenza alla locupletazione  monetaria: lobby bancaria ebraica di Wall Street, Ior cattolico e Petroldollari islamici), le derivazioni protestanti del cristianesimo (gli anglicano-calvinisti con il loro accentuato e soffocante puritanesimo, i luterani, gli evangelici, gli Avventisti, i Mormoni, i Battisti, i Pentecostali, i Metodisti),  le innumerevoli sette religiose (tra cui la temibile Scientology, responsabili di imprevedibili e ricorrenti eccidi), le Massonerie di vari riti,  gli epigoni della filosofia idealistica tedesca di fine Ottocento nelle versioni fintamente moderate di destra e di sinistra e che, in sintesi, nei confini del Nuovo Continente si annidano gli assolutismi più impermeabili del mondo, inquadrati in una finta cornice di tolleranza che ha radici vere nell’empirismo inglese, mai approdato, però,  se non per alcuni aspetti pratici, sulle coste scoperte da Cristoforo Colombo. I post-compagni non dovrebbero neppure ignorare che in America del Nord non è difficile imbattersi in mistici impazziti, fondamentalisti religiosi, antiabortisti fanatici e violenti, membri di segrete sette sataniche o hare krishna in interminabili processioni.
Sta di fatto, però che il pout-pourrì culturale (?) statunitense se ha potuto dominare l’Occidente e, dopo il crollo dell’Impero sovietico, sedurre anche loro, figli di Togliatti e Berlinguer, la causa sta nel fatto che la loro cultura di base non era e non è diversa, impastata com’è di un temperato confessionalismo religioso e di un accentuato hegelismo di sinistra. In altre parole, la cosiddetta cultura americana altro non è che una conseguenza ineliminabile della cultura Occidentale. C’è, però, un ma. Il dominio statunitense è avvenuto con la cosiddetta “politica dei due forni”. Per combattere un pericoloso nazi-fascismo, sviluppatosi nel ventre dell’Europa, l’alleanza con il “mostro” bolscevico-comunista fu essenziale e determinante. 
Oggi, però, per arginare la presenza in Europa della Russia ritenuta ancora “potenzialmente comunista”, Joe Biden fa leva sui “mostruosi” neo-nazisti di Azov utilizzati da Zelensky e su governi imperniati sull’estrema destra neo fascista (in Svezia e in Italia, a tacer d’altri). Da questo “ma” dovrebbe pur nascere qualche utile riflessione!