La difficile posizione dei post-comunisti filo-statunitensi. Ipost-comunisti italiani, capeggiati da Elly Schlein,
passati dopo il crollo dell’impero sovietico a ingrossare le file dei partiti
europei filo-statunitensi, oggi non sanno che pesci
prendere. L’alternativa è: o quella di allearsi con i “Fratelli d’Italia”
della Meloni e togliere l’ascia di guerra dalle mani della sola “pulzella della
Garbatella” contraddicendo ancor più vistosamente le molteplici
manifestazioni pacifiste degli anni passati (non del tutto dimenticate dagli
Italiani) o seguire Francesco sulla via del “cessate il fuoco”, perdendo i
benefici (economici e mass-mediatici) della sudditanza politica dagli
Americani, faticosamente conseguita con le note intermediazioni di “venerati”
compagni.Non v’è dubbio che la cultura, pure approssimativa,
dei “post-comunisti” dovrebbe farli inclinare verso il secondo corno del
dilemma. Nel loro DNA dovrebbero
essere rimaste tracce della loro avversione all’incontenibile
intromissione statunitense negli affari dei Paesi dell’intero Pianeta.Ai più coltivati tra essi dovrebbe essere noto che
nella vecchia colonia inglese d’oltreoceano sono confluiti e risultano
pesantemente presenti i tre irriducibili monoteismi religiosi mediorientali
(con la loro tendenza alla locupletazione monetaria: lobby bancaria
ebraica di Wall Street, Ior cattolico e Petroldollari islamici), le derivazioni
protestanti del cristianesimo (gli anglicano-calvinisti con il loro accentuato
e soffocante puritanesimo, i luterani, gli evangelici, gli Avventisti, i
Mormoni, i Battisti, i Pentecostali, i Metodisti), le innumerevoli
sette religiose (tra cui la temibile Scientology, responsabili di imprevedibili
e ricorrenti eccidi), le Massonerie di vari riti, gli epigoni della
filosofia idealistica tedesca di fine Ottocento nelle versioni fintamente
moderate di destra e di sinistra e che, in sintesi, nei confini del Nuovo
Continente si annidano gli assolutismi più impermeabili del mondo, inquadrati
in una finta cornice di tolleranza che ha radici vere nell’empirismo inglese, mai
approdato, però, se non per alcuni aspetti pratici, sulle coste
scoperte da Cristoforo Colombo. I post-compagni non dovrebbero neppure
ignorare che in America del Nord non è difficile imbattersi in mistici impazziti,
fondamentalisti religiosi, antiabortisti fanatici e violenti, membri di segrete
sette sataniche o hare krishna in interminabili processioni. Sta di fatto, però che
il pout-pourrì culturale (?) statunitense se ha potuto dominare
l’Occidente e, dopo il crollo dell’Impero sovietico, sedurre anche loro,
figli di Togliatti e Berlinguer, la causa sta nel fatto che la loro cultura di
base non era e non è diversa, impastata com’è di un temperato confessionalismo
religioso e di un accentuato hegelismo di sinistra. In altre parole, la
cosiddetta cultura americana altro non è che una conseguenza ineliminabile
della cultura Occidentale. C’è, però, un ma. Il dominio
statunitense è avvenuto con la cosiddetta “politica dei due forni”. Per
combattere un pericoloso nazi-fascismo, sviluppatosi nel ventre dell’Europa,
l’alleanza con il “mostro” bolscevico-comunista fu essenziale e
determinante. Oggi, però, per
arginare la presenza in Europa della Russia ritenuta ancora “potenzialmente
comunista”, Joe Biden fa leva sui “mostruosi” neo-nazisti di Azov utilizzati
da Zelensky e su governi imperniati sull’estrema destra neo fascista
(in Svezia e in Italia, a tacer d’altri). Da questo “ma” dovrebbe pur nascere
qualche utile riflessione!