LA REPRESSIONE SENZA TABÙ
di
Franco Astengo
Vincenzo Camuccini
La morte di Cesare
“La tirannia deve esistere
ma non per questo il
tiranno merita scuse”.
(John
Milton The lost paradise XII vv 95-96)
Come
si può definire una democrazia nella quale un Presidente eletto direttamente
del popolo proclama una “repressione senza tabù” verso moti di popolo
alimentati da diseguaglianze soffocanti, imperante razzismo, periferie
abbandonate, politica esercitata attraverso vuoti populismi? La migliore
definizione di tirannide, da ritenersi facilmente valida anche per l’attualità
si trova nella Repubblica di Platone: “La tirannide nasce da
una trasformazione della democrazia. La transizione della democrazia in tirannide
è dovuta, come nel caso dell’oligarchia, proprio al bene dominante che è
perseguito in quel regime. L’oligarchia va in rovina per l’avidità di denaro, e
la democrazia a causa dell’eccessiva libertà. La libertà democratica”
- e qui Socrate sta criticando l’Atene
a lui contemporanea - è una libertà senza
principii e senza autocontrollo: «alla
fine non si danno più pensiero né delle leggi scritte né di quelle non scritte,
affinché nessuno sia loro padrone in nessun modo»
Nella città democratica il
gioco politico si svolge fra tre gruppi: i parassiti che cercano di arricchirsi con la politica; i ricchi; il demos, cioè la massa del popolo, composta di persone che lavorano
per conto proprio, non si occupano di politica e non hanno grandi proprietà, ma
che, quando si radunano, sono il gruppo più numeroso e potente.
N.
B. Tre gruppi facilmente identificabili nella modernità anche rispetto alla
crisi della democrazia liberale degli ultimi decenni. L’esito della democrazia
è, per Platone, la violenza della tirannide, perché la democrazia stessa non si
fonda su nessuna forma e idea comune, ma privatizza a un tempo la ragione
pratica e la ragione teoretica, riconducendola interamente agli arbitrii
individuali. In una simile prospettiva, la tesi platonica potrebbe essere resa
più comprensibile al lettore contemporaneo in questi termini: la tirannide è
l’esito di un processo di privatizzazione radicale che s’innesca quando i
regimi democratici non sanno o non vogliono mantenere una regola pubblica e comune.
Oggi la guida delle grandi potenze affidata a una spiccata dimensione del
potere personale improntato a forme giudicabili come di vera e propria tirannia
pur suffragate da più o meno regolari plebisciti (ed è questo il nodo del presidenzialismo/ premierato italiano), in un quadro generale di arretramento
complessivo delle forme di democrazia liberale può giustificare un riaccendersi
di questo dibattito? La dottrina cattolica, ad esempio, distingue tra il
“tiranno per usurpazione” (tyrannus in titula, cioè che ha preso il potere
illegalmente) e il “tiranno per oppressione” (tyrannus in regimine, cioè che
abusa del potere che ha ricevuto legalmente). In una società complessa, di
capitalismo avanzato, può esistere la figura del tiranno oppure il “potere” è
spersonalizzato e ogni membro della classe dirigente può essere subito sostituito?
Senza dimenticare il titolo maoista “Ribellarsi è giusto”.
Vincenzo Camuccini La morte di Cesare |