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lunedì 3 luglio 2023

LA REPRESSIONE SENZA TABÙ
di Franco Astengo

Vincenzo Camuccini
La morte di Cesare
 
La tirannia deve esistere
ma non per questo il tiranno merita scuse”.
(John Milton The lost paradise XII vv 95-96)
 
Come si può definire una democrazia nella quale un Presidente eletto direttamente del popolo proclama una “repressione senza tabù” verso moti di popolo alimentati da diseguaglianze soffocanti, imperante razzismo, periferie abbandonate, politica esercitata attraverso vuoti populismi? La migliore definizione di tirannide, da ritenersi facilmente valida anche per l’attualità si trova nella Repubblica di Platone:La tirannide nasce da una trasformazione della democrazia. La transizione della democrazia in tirannide è dovuta, come nel caso dell’oligarchia, proprio al bene dominante che è perseguito in quel regime. L’oligarchia va in rovina per l’avidità di denaro, e la democrazia a causa dell’eccessiva libertà. La libertà democratica - e qui Socrate sta criticando l’Atene a lui contemporanea - è una libertà senza principii e senza autocontrollo: «alla fine non si danno più pensiero né delle leggi scritte né di quelle non scritte, affinché nessuno sia loro padrone in nessun modo»
Nella città democratica il gioco politico si svolge fra tre gruppi: i parassiti che cercano di arricchirsi con la politica; i ricchi; il demos, cioè la massa del popolo, composta di persone che lavorano per conto proprio, non si occupano di politica e non hanno grandi proprietà, ma che, quando si radunano, sono il gruppo più numeroso e potente.
N. B. Tre gruppi facilmente identificabili nella modernità anche rispetto alla crisi della democrazia liberale degli ultimi decenni. L’esito della democrazia è, per Platone, la violenza della tirannide, perché la democrazia stessa non si fonda su nessuna forma e idea comune, ma privatizza a un tempo la ragione pratica e la ragione teoretica, riconducendola interamente agli arbitrii individuali. In una simile prospettiva, la tesi platonica potrebbe essere resa più comprensibile al lettore contemporaneo in questi termini: la tirannide è l’esito di un processo di privatizzazione radicale che s’innesca quando i regimi democratici non sanno o non vogliono mantenere una regola pubblica e comune. Oggi la guida delle grandi potenze affidata a una spiccata dimensione del potere personale improntato a forme giudicabili come di vera e propria tirannia pur suffragate da più o meno regolari plebisciti (ed è questo il nodo del presidenzialismo/ premierato italiano), in un quadro generale di arretramento complessivo delle forme di democrazia liberale può giustificare un riaccendersi di questo dibattito? La dottrina cattolica, ad esempio, distingue tra il “tiranno per usurpazione” (tyrannus in titula, cioè che ha preso il potere illegalmente) e il “tiranno per oppressione” (tyrannus in regimine, cioè che abusa del potere che ha ricevuto legalmente). In una società complessa, di capitalismo avanzato, può esistere la figura del tiranno oppure il “potere” è spersonalizzato e ogni membro della classe dirigente può essere subito sostituito? Senza dimenticare il titolo maoista “Ribellarsi è giusto”.