“E poi,
diciamoci le cose come stanno, si può fare giuramenti, buoni propositi, ma
dalle nostre passioni non si va mai in pensione… Io insieme ai globuli rossi,
ho i motori”. Queste parole dell’ex meccanico in pensione Ernesto Marchi,
protagonista del nuovo romanzo di Graziano Mantiloni, La Balilla,
chiariscono senza possibilità di fraintendimenti la febbre che lo divora. Nel
momento in cui si troverà davanti a quello che a tutta prima si presenta come
un vecchio rottame, la sfida fatale ha già preso il sopravvento e non se ne
potrà più liberare; nonostante l’avversione della moglie Luciana, nonostante
abbia intuito quasi subito la trappola tesagli dal figlio Tommaso. La cura dei
tre ettari di uliveti, le gabbie con le galline, i conigli e tutto il resto
potrebbero bastargli, ora, dopo una vita di “onorato servizio”, ma l’idea di
“resuscitare” una Fiat 508, carrozzeria Balbo del 1933, la mitica Balilla, di
farla tornare a nuova vita, farla risplendere attraverso la sapienza del
mestiere e l’abilità delle mani, è una pulsione che né il tempo né le
difficoltà di salute possono del tutto cancellare. A quest’avventura Marchi si
applicherà con una testardaggine fuori dal comune sfidando ogni avversità: a
cominciare dal Covid e dai divieti di uscire di casa che le restrizioni
governative hanno imposto, obbligati come siamo stati per tutta la pandemia a
fare vita da reclusi. Lui al casolare, dove lo scheletro della Balilla è stato
“ricoverato”, ci va eccome; e nonostante le difficoltà a recuperare i pezzi
necessari e quant’altro, porterà a termine in un tempo, seppure non breve, la
missione a cui si era votato. Fatica, esborso di denaro personale,
arrabbiature, contrasti familiari e sociali e molto altro è stato il prezzo da
pagare, ma ne è valsa la pena. Al raduno di auto d’epoca, in quel di San Guido,
sullo sfondo dei cipressi resi celebri dal poeta Carducci, la Balilla farà la
sua apparizione trionfale e il restauro realizzato da Marchi lascerà a bocca
aperta pubblico ed esperti, meritandosi una citazione anche su un noto
quotidiano. Naturalmente non si realizzerà il sogno del “nostalgico” Guerreschi
che vorrebbe adoperare la Balilla in una sfilata in ricordo del 27 ottobre,
giornata della marcia su Roma dei fascisti. Marchi, dopo averne intuito la
ragione, lo manderà decisamente al “quel paese”. Tanti i personaggi che si
muovono, com’è logico, in un romanzo; tanti i risvolti, le psicologie e i
comportamenti. Il lettore potrà gustarseli a piacimento e giudicarli in base
alle sue più intime convinzioni. Da parte mia voglio mettere in evidenza
l’aspetto generoso del protagonista, la sua fiducia verso gli altri, spesso
spinta fino ai limiti del rischio. Le numerose canaglie in circolazione ci
hanno resi tutti diffidenti e ad essere guardinghi prima di elargire fiducia al
prossimo. Il dubbio sorge anche in Marchi, che è ingenuo ma non stupido. Per
fortuna non verrà tradito, come l’episodio dell’anticipo all’attore Filmostene
Sperandio ci dimostra alla fine del romanzo. La bontà trionfa, è confortante.
Ma non voglio nemmeno dimenticare che le passioni possono riscattare un uomo o
dannarlo. A Marchi è andata bene e questo è confortante. Costruito con una
prosa molto colloquiale e scorrevole, i luoghi sono quelli radicati nella
memoria dello scrittore: Grosseto e dintorni, in particolare Donoratico,
Castagneto, la Maremma, e la lingua non poteva non essere contaminata dal
parlato toscano, dal suo intercalare, dai suoi timbri e colori.
Graziano Mantiloni La Balilla Youcanprint 2023 Pagg. 174 € 16,00