(Omaggio a I.
Calvino) Sul treno aveva volutamente abbandonato qualunque pensiero, lo
aveva come respinto sul marciapiede prima di salire. Invero, fino all'ultimo
tentò di seguirne uno, di percorrerne il flusso di speranze, obiettivi e
delusioni abilmente mischiati in ciò che esso racchiudeva, ma decise che
sarebbe stato inutile, persino dispendioso per la mente. Era forse utile
portare con sé, nella propria anima, il sospetto di aver errato nel considerare
quella data persona qualche tempo prima? E se mai lo fosse stato, a cosa
sarebbe servito ormai? Trovò posto in uno scompartimento semivuoto: si sedette
nel sedile contrassegnato dal numero 5, dietro ad una famiglia con due bambini,
l'uno dalle guance rosee ed in carne, capace di dimostrare quanto l'ugola non
gli difettasse (le urla erano forse dovute alla fame, almeno stando a quanto
cercava, curioso, nella borsa della madre), l'altro esile e taciturno, le cui
mani, premute contro il finestrino, sembravano lì posate da sempre, interessato
solo a percepire il flusso delle cose oltre il vetro. Partivano certo per le
vacanze, come lui, solo più incerti su quale bagno frequentare (speravano la
spiaggia fosse ampia e sabbiosa, la madre già pregustava, ridendo con il
consorte, un'abbronzatura da mostrare alle amiche, al ritorno) e sulla qualità
della camera d'albergo (sarebbe stata grande e comoda per tutti?). Libero dai
pensieri, posato l'ampio bagaglio accanto al sedile vuoto che aveva di fronte,
F. si dedicò ad ammirare il paesaggio che correva fuori dal finestrino: il
treno era in quel percorso in cui acquistava velocità, la prossima fermata
essendo di lì ad un'ora ed ogni cosa gli appariva difficile da mettere a fuoco
(i pali dell'energia elettrica che si susseguivano ad un ritmo sempre più
rapido, i ponti in ferro che si alternavano sui piccoli torrenti, persino le
colline in lontananza che si muovevano sinuose or su or giù). Non avrebbe
saputo dire l'ora in cui cadde in un torpore che annullò tutto: la vista delle
cose, il borbottio di marito e moglie, il passaggio di qualche viaggiatore che
si spostava di scompartimento. Si rivide improvvisamente fanciullo, su un treno
con i finestrini abbassati e l'aria che, entrando, lo schiaffeggiava sul viso.
In quello stato mentale "leggeva" l'intero percorso che lo avrebbe
condotto al mare e l'impeto che lo travolgeva ad ogni stazione passata. Uno
scossone improvviso del finestrino, dovuto allo spostamento d'aria di un
convoglio che viaggiava in opposta direzione, lo fece svegliare di soprassalto.
Si vide raffigurato nel bambino esile che, ancora, aveva le mani appoggiate al
finestrino, come in trance. Il convoglio si fermò, una signora in tenuta da
vacanze marine prese posto nel sedile numero 5: era vuoto.