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sabato 30 settembre 2023

ORDINE PUBBLICO
di Franco Astengo

 
Suscita grande preoccupazione la decisione del Governo di usare l'esercito per compiti di ordine pubblico. Una preoccupazione che va misurata ben oltre il numero degli effettivi che saranno impiegati nel lavoro di controllo del territorio, in luoghi strategici come aeroporti e stazioni ferroviarie.
Il segnale che ne deriva è quella di una irresistibile tendenza alla militarizzazione del territorio prima ancora che del conflitto e del contrasto a situazioni "devianti". Una situazione che, naturalmente, fa il paio con l'idea della chiusura dei porti e dell'utilizzo della marina militare: ricordando come, in questi casi, si tratti del respingimento dei migranti e non tanto della lotta ai cosiddetti "scafisti". Si tratta di un tema di grande delicatezza considerato che si intende rubricarlo alla voce "sicurezza" mentre l'esatta catalogazione del provvedimento dovrebbe essere quella di "repressione" esercitata senza individuare con chiarezza bersagli e limiti possibili degli interventi.
Debbono essere sollecitate, allora, le forze parlamentari della sinistra, democratiche e progressiste allo scopo di aprire immediatamente un dibattito su questo punto con l'eventuale coinvolgimento delle Camere in una precisa presa di posizione. Vale la pena, ancora, ricordare la definizione “democratura: regime politico improntato alle regole formali della democrazia, ma ispirato nei comportamenti a un autoritarismo sostanziale”; definizione usata da Eduardo Galeano per definire il modello sudamericano e da Pedrag Matvejevic per definire i sistemi dell'Est Europa cui si ispira direttamente la destra italiana.
 

A TE PASSANTE DISTRATTO 
di Associazione di volontariato Idra


Scavi Tav al buio nelle barbe di Firenze  
 
Se è dimostrato che:
1. la prima galleria ferroviaria ad Alta Velocità fra Castello e Rifredi è un colabrodo che perde acqua di falda da mesi, forse anni
2. il Comando provinciale dei Vigili del Fuoco di Firenze non sa niente del progetto di 12.888 metri di scavi TAV sotto la città: non è stato interpellato
3. non c’è il Piano di Emergenza che le norme ministeriali obbligano a predisporre prima dell’avvio dei lavori
4. l’attività della talpa per lo scavo è partita invece il 15 maggio, e il Comune di Firenze ne ha caricato su una pagina web il progetto esecutivo solo in ritardo e solo in parte, e senza nessuna iniziativa di presentazione pubblica dell’opera… se tutto questo è vero…
a. che effetto ti fa sapere che proprio il Comune di Firenze, documentato sui danni ambientali registrati sul suo territorio e sul paventato rischio emergenza, risponde seccamente di non avere (testuale) “nessuna competenza in materia”?
b. che effetto ti fa sapere che la Regione Toscana, altrettanto informata e documentata, risponde (testuale) che “il Comune di Firenze, ai sensi dell’ex art. 28 del D.P.R. 380/2001, è il soggetto chiamato al controllo della conformità dei lavori al progetto” e che “per il controllo ambientale della fase attuativa è stata disposta l’istituzione dell’Osservatorio Ambientale nazionale del Nodo di Firenze”, reclamando “l’assenza di competenze della Regione sull’approvazione del progetto esecutivo”  e suggerendo di domandare direttamente all’oste se il vino è buono (“pare opportuno che le richieste ed i dubbi espressi vengano rivolti ad RFI”)?
c. che effetto ti fa sapere che anche l’Osservatorio Ambientale si dichiara ‘non competente’, persino sull’acqua che filtra in più foto dalle pareti della galleria a Castello?
d. che effetto ti fa sapere che la Prefetto di Firenze, più volte interpellata sul Piano di Emergenza, non ha mai risposto, e non ha ancora accordato un incontro richiesto da mesi, benché abbia ricevuto dai Vigili del Fuoco della città la dichiarazione di mancata consultazione?
e. come valuti il grado di indipendenza e di deontologia professionale dei giornalisti che, informati, tacciono?

 
Violenza Pelosa a Piombino 
 
È giustificata una ricetta che sostituisce una dipendenza energetica a basso costo (gas via tubo) con un’analoga dipendenza assai più onerosa (GNL, Gas Naturale Liquefatto)?
È logico imporre in nome dell’ambiente misure che aggravano più e più volte il bilancio ecologico del pianeta a causa dei metodi di estrazione, di trasporto e di rigassificazione di una fonte fossile?
È ancora provvista di senso la scelta di adottare un modello energetico fondato su emergenze smentite dai fatti, come i bilanci nazionali di esportazione del gas attestano, e la sostanziale inattività della Golar Tundra conferma?
È legittimata da qualche normativa ambientale la scelta di costringere il nostro Paese col pretesto di una cobelligeranza mai avallata da una consultazione popolare al ruolo di piattaforma internazionale di trasformazione e transito delle energie fossili?
Denota competenza istituzionale disdire notizie e ritrattare impegni solennemente assunti, come dal presidente-commissario Eugenio Giani, dinanzi al Consiglio regionale?
È corretto rovesciare le sorti di una città, di un litorale e di un’intera economia senza informare la popolazione?
È civile rifuggire come la peste gli incontri con la cittadinanza e concedersi solo a quelli di telecamere compiacenti?
Trasmette affidabilità l’abitudine a schivare all’infinito verifiche e confronti tecnici dopo avere assunto dinanzi a testimoni istituzionali l’impegno a onorarli?
Sarebbe del tutto  inopportuno che anche in Toscana, di fronte all’atteggiamento autoritario e incongruente del suo governo,  le scuole si comportassero come il Collegio dei Docenti e la Dirigente Scolastica dell’Istituto Comprensivo di Quiliano (Savona), che hanno annunciato la volontà di “disertare qualsiasi proposta idi educazione ambientale, civica e di salute che pervenga dalla Regione o dagli enti ad essa collegati ritenendo ipocrita la richiesta di formare le coscienze degli studenti a valori che nella realtà vengono disattesi e calpestati?”

 
 
Disboscamento green in Mugello 
 
È decoroso che un soggetto con responsabilità pubblica si scagli contro un’istituzione come le Soprintendenze quando, adempiendo il proprio compito, esse esprimono legittimamente un parere indipendente su progetti di grande impatto?
È saggio non tener conto delle obiezioni dell’Ente Parco delle Foreste Casentinesi?
È rispettabile la volontà - liberamente espressa dal presidente Giani - di sovvertire addirittura le regole e le procedure per poter avere il sopravvento sulle conclusioni tecniche delle Soprintendenze?

 
Armi facili alla guerra e base militare a San Rossore      
 
Ricorda forse l’azione di Giorgio La Pira, di Ernesto Balducci o di Lorenzo Milani la scelta di avallare e benedire il foraggiamento con denaro pubblico di una guerra repellente, esponendo per giunta sui Palazzi regionali bandiere della pace?
Si può classificare come intervento ispirato alla tutela dei valori ambientali quello di destinare a base militare parte di un parco regionale pregiato?
È buona prova di equità intergenerazionale attingere al PNRR, e caricare quindi sulle generazioni future i costi di “opere destinate alla difesa nazionale” di una popolazione che non è sotto attacco e alla quale non è mai stato chiesto alcun consenso alla cobelligeranza?
 
Ti sembra una Regione Presentabile?

ADOLESCENZA AD CONTINUUM 
di Laura Margheria Volante


 
Ogni giorno la narrazione sui rapporti umani non solo in società, ma soprattutto in famiglia sono a dir poco inquietanti. Ormai le violenze e gli omicidi consumati all'interno delle famiglie rappresentano un fenomeno sociale in continua ascesa. Dei femminicidi se ne parla in dibattiti mediatici mentre alcune associazioni se ne occupano per sostenere le donne vittime di violenza e, allo stesso tempo, per sviluppare una presa di coscienza sociale su questa tragica vicenda umana. Altresì stanno avanzando, con acredine e ferocia, crimini nel mondo giovanile, dove adolescenti in branco commettono i più efferati reati anche ai danni di ragazze minorenni, vantandosene pubblicando le foto sui social. Si fotografa tutto, anche la morte procurata. Altri adolescenti sono protagonisti di omicidi senza pietà dei propri genitori. Di solito il movente ruota intorno ai soldi da ereditare.
Psicologi, psichiatri sono impegnati a studiare questo fenomeno così in continuo aumento. Non più figli, ma mostri. Cos'è dunque che non funziona nelle dinamiche familiari al punto di arrivare all'odio omicida? Nella società consumistica l'oggetto si è sostituito alla persona, diventata invisibile. Non più rapporti educati ai sentimenti e agli affetti, ma al possesso di oggetti costosi, e al procurarsi droghe per individui deboli e fragili, cresciuti nella solitudine della casa depressi e senza identità, cercata assumendo identità altro da sé, secondo i modelli sociali on voga. Non è avvenuto, infatti un processo di identificazione attraverso uno spazio di relazione, dove il soggetto viene visto nei suoi bisogni di attenzione, dedizione, ascolto, ma liquidato per accontentarne ogni desiderio: tutto e subito. Manca quindi un percorso educativo, con assunzione di responsabilità da parte dei primi educatori: i genitori, adolescenti ad continuum...
Inoltre la grave frattura fra scuola e famiglia comporta che gli adolescenti, senza autorità credibili, come piume al vento manipolano facilmente a proprio favore gli adulti in continuo conflitto non solo fra di loro, ma anche con i docenti a difesa dei figli. Una sorta di personalizzazione per cui ogni osservazione del docente, preposto all'istruzione e al superamento dei compiti di sviluppo dello studente, viene vissuto come un nemico e non un alleato per la crescita del soggetto preso in esame. In tale fase adolescenziale critica, bisognosa di una guida e di punti di riferimento che lo aiutino alla vita, ritengo che siano indispensabili i pedagogisti, figure esperte di accompagnamento alle famiglie con diagnosi funzionali sulle criticità delle relazioni, come prevenzione, per aiutare gli attori, di tale scenario, a leggere le dinamiche all'interno della famiglia, stabilendo ruoli e responsabilità.

VERGATI ALLA BIBLIOTECA VIGENTINA


Corso di Porta Vigentina, 15 - Mercoledì 4 ottobre 2023, ore 18.00
 
LA FORMA E L’ASPETTO - ANNO XIV
INCONTRI A PAROLA
A cura di Cesare Vergati
  
Per l’atto del guardare, del vedere e insieme dell’intuire il sensibile, in variegata sua manifestazione, l’autore dà all’apparenza una forma in divenire perché l’aspetto abbia a stare verosimilmente accanto a vissuto e pensiero. Per cui la parola d’arte assume la cura di dire a modo proprio.
 
Incontri con gli autori:
 
Rinaldo Caddeo: poeta, scrittore, critico
Maria Silvia Caffari: regista teatrale, attrice
curatrice dell’archivio di Giorgio Buridan
Luigi Maione: musicista, poeta
Cesare Vergati, scrittore poeta
 
Ingresso libero fino a disponibilità di posti

 

A LEGNANO. LIBRERIA NUOVA TERRA




PASSARELLO ALLA LIBRERIA BOCCA




A TRIGESIMO




venerdì 29 settembre 2023

SPIGOLATURE
di Angelo Gaccione
 

Scior Carera, il Pasquino milanese.


Milano ha avuto il suo Pasquino, non celebre come quello romano e che può addirittura vantare una piazza intestata a suo nome, pur tuttavia, ha lasciato presenza di sé come si può ancora vedere, se non ci si fa distrarre dal flusso ossessivo che affolla i portici di Corso Vittorio Emanuele stracarico di negozi alla moda, e si levano gli occhi all’altezza del numero 13 dove la statua avvolta da una toga romana fa bella mostra di sé. Subito sotto ai suoi piedi una scritta in lingua latina recita: “Carere debet omni vitio qui in alterum dicere paratus est”. Tradotta ammonisce che deve essere privo di ogni vizio colui che si accinge a criticare la condotta di un altro. Il Pasquino milanese il nome lo ha mutuato dalla parola latina Carere che apre la scritta, per quelle incredibili alchimie popolari, quelle storpiature ironiche della sua accesa fantasia. E così Carere è stato trasformato in un vero e proprio nome: Carera, al quale con l’aggiunta del sostantivo dialettale scior (signore), ha dato vita allo scior Carera, il signor Carera. Ma attenzione a quello scior, va letto rigidamente sciur, altrimenti i pochi milanesi sopravvissuti e che ancora parlano la lingua meneghina potrebbero adontarsene. Questo altorilievo di marmo, pare databile al terzo secolo, è stato battezzato anche omm de preja (uomo di pietra); e difatti, un’altra iscrizione del piedistallo, appena sotto la prima, ci informa: “Statua virile romana detta omm de preja o scior Carera. Un tempo in via S. Pietro all’Orto. Durante il dominio austriaco fu per Milano quello che per Roma era la statua di Pasquino”. Ed ecco tutti gli elementi a nostra disposizione: per un lungo periodo la statua si trovava in via San Pietro all’Orto e vi si attaccavano, come per la statua “parlante” di Pasquino al Parione, ogni sorta di scritti: satire, epigrammi, versi salaci, invettive e quant’altro. Se il Pasquino romano fustigava il corrotto potere papale, lo scior Carera milanese fustigava i dominatori austriaci. La storia della sua collocazione è lunga e articolata e nel tempo si è tentato di dargli una identità attendibile, ma senza successo. Si pensò persino a Marco Tullio Cicerone (ma la testa è posticcia e non di epoca romana, e poi i lineamenti non corrispondono a quelli del politico ed oratore), il piccolo scrigno posto ai suoi piedi ha fatto pensare invece ad un magistrato. Ad ogni modo nel 1832 la statua fu sistemata in una posizione molto elevata per evitare che si mettessero ai suoi piedi gli scritti irriverenti come avveniva per quella di Pasquino a Roma. La tradizione sostiene che nel 1848 vi fu affisso il manifesto dello sciopero del fumo per protestare contro la tassa imposta dagli austriaci, protesta che poi culminò con l’insurrezione delle Cinque Giornate. Non è escluso che qualcuno dei patrioti ci abbia fatto davvero un pensierino; e quanto agli aspetti irriverenti ecco come ci si rivolgeva all’Arciduca Eugenio de Beauharnais: arciduca 6 -1- 0, cioè sei uno zero. Questi versi furono scritti invece in occasione della visita dell’Imperatore asburgico: Verona città giuliva, l’applaude quando arriva. Milano che sa l’arte, l’applaude quando parte. Le altre città che pensan ben, l’hann in del c* quando parte e quando vien. Nel 1950 con il riassetto urbano del corso Vittorio Emanuele, la statua fu collocata nel luogo dove si trova tuttora.

LA LUCE DELL’INIZIO
di Gabriele Scaramuzza


Massimo Camisasca

È stata la segnalazione di Claudio Toscani il 6 settembre 2023 su “Avvenire” a invogliarmi all’acquisto di questo libro, mosso da due motivazioni intrecciate. La prima è conoscere meglio, al di là dei suoi molti scritti dottrinari (ma forse è riduttivo definirli così, e neppure “teorici” si conviene loro, meglio teologici), l’autore. La seconda è la speranza di potermi addentrare meglio nelle radici vissute della sua convinta adesione al mondo di Comunione e Liberazione, di cui resta tra i rappresentanti di maggiore spicco; ad esso ha dedicato non pochi impegnativi scritti. La mia non è alcuna ricognizione piena di Nella luce dell’inizio; mi soffermerò solo su alcuni spunti (discutibili, certo) che la lettura mi ha offerto. Queste pagine mi hanno per lunghi tratti coinvolto; non fosse stato così, non avrei loro dedicato quest’attenzione, che mi viene spontanea. Ho tentato di spiegarmi il titolo, dubito mi sia riuscito. Lo si può connettere, penso, con l’esperienza di Comunione e Liberazione (e, prima, della Gioventù Studentesca), quale si è configurata nell’autore. In questa linea mi è parso di scorgere in suor Cristiana (pp. 169-172) una sorta di controfigura al femminile del don Giussani che tanta presa ha avuto su taluni. “Effettivamente – mi conferma Camisasca - suor Cristiana rappresenta una eco un po’ sbiadita di don Giussani”. Devo confessare: conosco da tempo Massimo Camisasca (e suo fratello Franco, cui il libro è significativamente dedicato); non ho letto molto di lui, non so quanto ne ho davvero capito, ma mi ha sempre interessato; così mi ha colpito quel tanto che ho saputo della sua vita. Ricordo Comunione e Liberazione. Le origini (1954-1968) - ediz. San Paolo 2001, introdotto da Josef Ratzinger; recensito tra gli altri da Gad Lerner sul “Corriere della Sera” nella primavera del 2001. Non ho modo di rileggerlo ora, ma lo conservo segnato a matita; mi sono rimaste però le pagine sull’ambiente provinciale in cui è cresciuto don Giussani, per certi aspetti analogo a quello in cui sono vissuto io, più tardi. Sullo sfondo sta il mio superficiale rapporto con don Giussani, che pur a modo mio posso dire di aver frequentato. È nato 17 anni prima di me; quando l’ho conosciuto la sua posizione, ormai affermata, era ben diversa da quella di un mero, provvisorio supplente al Berchet, quale ero io. Ricordo la scarsa volontà, peraltro reciproca, di conoscersi; dovrei rimproverare anche a me stesso il vuoto di empatia che ho ascritto a lui. Devo anche aggiungere che, in questi giorni malagevoli per me, l’urgenza di tornare a un mondo lontano, ma per me tuttora ricco di colori, si è acutizzata. Ma torniamo al libro: ben impaginato, a righe larghe, a caratteri leggibilissimi - ed è un sollievo. Accattivante la figura di copertina: è già una promessa. L’esergo poi - Tout comprendre, pour tout pardonner - affascina e insieme interroga; imprime una commovente patina esistenziale all’intero testo.



Il periodo in cui si distende la narrazione è breve: tra il maggio del 1966 e il giugno del 1968. Pochi i personaggi in gioco: protagonisti sono Enrico (il padre), Marco (il figlio), cui si aggiunge Lucia amata, alfine - in un lieto fine - condotta all’altare da Marco: è lei soprattutto a dar volto all’ossatura affettiva del testo. Nelle giornate in cui si articola il racconto tuttavia si proiettano ricordi, attese, speranze. Si rapprendono eventi, persone, meditazioni appartenenti ad anni, climi, contingenze lontane, e per forza di cose differenti. Della figura del padre colpisce il rifiuto di aderire alla Repubblica Sociale, la conseguente, debilitante, prigionia in uno Stalag (come successe a non pochi altri, tra cui Guareschi, Paci...). Sorprendente è il dialogo difficile, altalenante, e tuttavia rassicurante tra padre e figlio: diversi casi della vita vi si intrecciano; diverse sono le difficoltà anche affettive attraversate. La vita del figlio Marco è incerta ma alla fine riuscita. L’ambiente in cui si muove la vicenda non è il mio, ma ho apprezzato il modo di narrare di Camisasca: spigliato, snello, mai inutilmente contorto; penetrante nelle osservazioni psicologiche e nelle riflessioni etico-filosofiche o religiose. Teso infine a evitare dogmatismi e aprioristici paraocchi, o così mi è parso, encomiabilmente dal mio punto di vista. Mi è sembrato riflettere quello “stato d’animo di silenzio, di pace, di accordo con le cose, di serenità; un senso di giusta distanza nella vita: né ansia, né disinteresse” - di cui leggo a p. 8). Un’eco di Pavese si avverte nel perseguire “quello stile asciutto, essenziale, che esalta il valore della parola, senza togliere nulla al sangue della frase o del verso” (p. 72). Non è il mio mondo, ripeto, e tuttavia vi è presente qualcosa che riguarda anche me; persino la visione del mondo mi è forse meno estranea di quanto si possa pensare. Non solo la crudele “caccia alle lucertole” (pp. 159-160), per me tra me macerie della Milano dell’immediato dopoguerra; non solo l’imbarazzante richiesta “di salire su una sedia e recitare una poesia davanti agli ospiti, nei giorni di festa” (p. 186); non solo un cenno al gioco delle carte (p. 74). Ma soprattutto la sensibilità per la natura, la consuetudine col mondo culturale; il ritorno di artisti da me molto amati quali Montale, Dostoevskij, Mozart, Manzoni, Caravaggio, Verdi, Primo Levi ...; assente tuttavia il “mio” Kafka.



L’universo culturale in cui si muove il romanzo è variegato, non manca l’attenzione al sociale, alla dimensione estetico-artistica, alla realtà psicologica (citata è tuttavia la psicanalisi, non la psichiatria), ovviamente al mondo femminile, che ha anzi un grande rilievo. Dominante resta tuttavia la sensibilità religiosa, evidente soprattutto nelle ultime pagine, otre che naturalmente nella figura di Massimo Camisasca. Una sensibilità che non è la mia e tuttavia non mi è così estranea, anche se esiste per me in modi e in sensi assai lontani dai suoi, ed è stata raggiunta da me per vie sensibilmente differenti. Nell’insieme mi colpisce la visione del mondo presente nel libro: la fiducia in un tono della vita animato dalla speranza, lontano da malinconie, depressioni, angosce, abbandoni (ma l’abbandono è anche affidamento...): “L’abbandono rimane dentro di noi come una voce che non possiamo accettare. Eppure possiamo guarire, se impariamo a poco a poco a perdonare” (p. 148). Questo riprende e motiva l’esergo. L’esortazione è a tentare risposte, a reagire; e non in nome di nulla. A questo si associa una religiosità non nemica del vivere, della sua possibile gioia, del piacere di esistere. Una prospettiva per nulla nuova per me, e già presente negli scrittori da me amati, se non in forme di religiosità appena sfiorate. C’è un messaggio a cui Nella luce dell’inizio dà voce, ed è questa visione positiva della vita, un tantino idilliaca forse, ma aperta alla speranza e alla felicità, non consumata tra malinconie, depressioni, sfiducie. Un’istanza condivisibile, che certo ha proprie condizioni di possibilità in esistenze che si sono salvate, e che può comunque realizzarsi per vie differenti, anche lontane tra loro. Come tanta arte di ogni tempo insegna. Camillo De Piaz coglie benissimo che “il cristianesimo non può e non deve essere inteso come un disperato, suturno, e disumano soggiorno di sragionate rinunce”. Hanno inciso troppo “sulle meditazioni cristiane le fonde occhiaie e il lucidi pallori dei teschi, troppo ci si è scordati” del “gesto festivo di Cristo a Cana” (Giuseppe Gozzini, Sulla frontiera. Camillo De Piaz, la Resistenza, il Concilio e oltre, Scheiwiller, Milano 2007, pp. 81-82). Delle due domande iniziali la prima ha ottenuto risposta, mi si è confermato e arricchito il tono della personalità di Massimo Camisasca. Quanto a Comunione e Liberazione non saprei... sarà per un’altra volta.



Massimo Camisasca
Nella luce dell’inizio
Ed. San Paolo 2023
Pag. 190, € 16.

 

ABBASSO LA GUERRA


 
Invito a Conferenza stampa sulla denuncia della presenza di armi nucleari in Italia. Davanti alla base militare di Ghedi (Brescia).
 
La stampa, le autorità, le associazioni e le persone sono invitate a una conferenza stampa che si svolgerà di fronte alla base militare di Ghedi il 2 ottobre alle ore 10 prossimo venturo per presentare la denuncia sottoscritta da 22 esponenti di associazioni pacifiste e antimilitariste e singoli cittadini tesa ad accertare la presenza di ordigni nucleari in territorio italiano e, successivamente, di accertarne l’illegalità sulla base della normativa interna e internazionale. La conferenza stampa si svolge in un giorno evocativo, la Giornata Internazionale della Nonviolenza istituita dall’ONU e in un possibile e probabile “luogo del reato”, la base militare di Ghedi che condivide con quella di Aviano il segreto di Pulcinella della presenza di un numero imprecisato di armi nucleari. La denuncia fa seguito a una campagna iniziata due anni fa da un vasto settore del pacifismo italiano che ha chiesto uno studio a IALANA, associazione di giuristi specializzati in Diritto Internazionale, al fine di emettere un parere sulla legalità della presenza di armi nucleari in Italia. Per partecipare alla conferenza stampa in forma virtuale e per informazioni scrivere a:  denunciaarminucleari@proton.me

 

 

 

 

CAMMINO E RIFLESSIONI SUL DIGIUNO DI PACE



La mattina di sabato 30 ottobre avrà luogo nel 'Bosco della Difesa' di San Marco in Lamis (Foggia) una interessante iniziativa nell'ambito della “Settimana di mobilitazione Internazionale per il cessate il fuoco e negoziati in Ucraina (30 settembre - 8 ottobre 2023)”. Da sempre il digiuno rappresenta una pratica non violenta a disposizione di quanti intendono manifestare pacificamente il dissenso a difesa dei diritti umani calpestati dalle leggi e dagli stati. Da qualche mese, all'interno del Coordinamento Capitanata per la pace, si è costituita una ‘Arca per la Pace' che pratica il 'digiuno a staffetta', con il coinvolgimento attivo di circa una quindicina di pacifisti locali che digiunano avvicendandosi lungo l'arco della settimana. Si tratta ora di conoscere meglio - grazie ad un incontro in presenza - le motivazioni che da mesi animano quel gruppo e di approfondire le modalità più idonee per dare a questo digiuno significato compiuto e coerente risonanza pubblica. Il cammino nel paesaggio suggestivo del bosco garganico consentirà di incontrarsi e conoscersi anche personalmente poiché solo una salda trama di affetti e condivisioni potrà dare respiro e continuità alle iniziative a sostegno della pace.

Arca per la pace  
Coordinamento Capitanata per la pace
coordinamentocapitanatapace@gmail.com    

AUDITORIUM CENTRO PUECHER




A CERNUSCO SUL NAVIGLIO
Casa delle Arti




LIBRAMENTE AL MUSEO LECHI

 
Il grande successo riscosso durante la stagione estiva ha indotto l’Assessore alla Cultura Angela Franzoni a “replicare” la rassegna letteraria “Libramente” anche nel periodo autunnale e invernale, come già accaduto lo scorso anno. Dal 30 settembre e sino al mese di marzo 2024 si susseguiranno nella Sala della Riserva del Museo Lechi una serie di presentazioni di autrici e autori legati al territorio bresciano, ma anche di fama nazionale, sotto il coordinamento di Federica Belleri e Federico Migliorati e con la collaborazione di Adriana Mori e Marzia Borzi, di Montichiari Musei e della Libreria Mirtillo. 6 le iniziative previste fino al termine del 2023 e già definite: si spazierà da gialli e thriller a testi divulgativi alla scoperta di Brescia e provincia sino alla partecipazione di un ospite d’eccezione nella persona dello scrittore Christian Ginepro, attivo non solo nel mondo letterario ma anche al cinema, in teatro e in televisione (ricordiamo la serie di Rocco Schiavone dove interpreta il personaggio di Domenico D’Intino). Tra le novità 2023 c’è la poesia che “sbarcherà” per la prima volta nella rassegna autunnale a Montichiari con Maria Antonietta Viero, insignita di una Menzione Speciale al Premio Internazionale Camaiore 2023. “Libramente – spiega l’assessore alla Cultura Angela Franzoni – sta diventando una piacevole tradizione che confido possa continuare anche nei prossimi anni. Un ringraziamento sentito va a tutti coloro che si prodigano per rendere possibile ogni volta un ciclo di appuntamenti così ampio e in grado di soddisfare il pubblico: relatori, lettori, personale di Montichiari Musei e collaboratori. Contiamo di avere una buona partecipazione, anche per il prestigio del luogo dove non solo la collezione permanente Lechi ma anche le nuove mostre temporanee in programma nei prossimi mesi daranno ulteriore lustro a tutto il contesto garantendo così una sinergia tra arte e letteratura”. Tutti gli incontri inizieranno alle ore 16 con ingresso libero e gratuito.

giovedì 28 settembre 2023

SCIOPERO GENERALE CONTRO LA GUERRA


Bansky "Cnd Soldiers"

Assemblea Nazionale domenica 8 ottobre 2023 presso il Circolo El Salvadané di via De Amicis 17 a Milano alle ore 9,30. Per preparare lo sciopero generale del 20 ottobre.


L’impatto drammatico dell’economia di guerra sulle condizioni materiali e di vita di milioni di lavoratori italiani ed europei è sempre più tangibile. Mentre prosegue senza sosta la mattanza della popolazione ucraina, vittima dello scontro imperialista tra la Nato e la Russia di Putin, assistiamo a una corsa al riarmo senza precedenti su scala globale. In un quadro già segnato dall’aumento costante delle spese militari nell’ultimo decennio, lo scorso 13 luglio il parlamento europeo, con voto quasi unanime, ha approvato in via definitiva il regolamento ASAP (“Atto di supporto alla produzione di munizioni”) col quale l’UE stanzia 500 milioni di finanziamenti alle industrie di armi al fine di aumentare la produzione di proiettili e missili da inviare al governo di Kiev, e prevede la possibilità di dirottare a tal fine gli stessi fondi del PNRR (che nelle enunciazioni dei governi sarebbero dovuti servire per contrastare l’impatto economico e sociale della pandemia). Ma soprattutto, in tale regolamento si dichiara apertamente che i livelli di spesa pubblica destinata alle armi (e alle guerre) dovranno aumentare anche nei prossimi anni per far fronte a un nuovo contesto che “non è più di pace”, lasciando intendere che la tendenza generale al riarmo (e allo scontro tra le grandi potenze) va ben al di là degli esiti della guerra in Ucraina, caratterizzandosi come elemento sempre più centrale delle politiche economiche delle grandi potenze a livello globale. Così noi lavoratori, precari, disoccupati e pensionati, già duramente colpiti negli ultimi 3 anni dagli effetti della pandemia, vedremo le nostre condizioni di vita ulteriormente e duramente peggiorate per effetto dell’inflazione sui salari già poveri, dei rincari di tutti i beni di prima necessità, delle bollette, degli affitti e dei mutui. In un simile contesto, le politiche del governo Meloni rappresentano una vera e propria dichiarazione di guerra contro i ceti sociali meno garantiti: 
*il sostegno incondizionato ai piani di guerra fa il paio con le ricette securitarie (carcere ai minori e ai loro genitori), con la repressione degli scioperi e del conflitto sociale e con misure apertamente reazionarie.
*L'abolizione del reddito di cittadinanza, supportata da una campagna di odio contro i disoccupati, sta condannando milioni di famiglie alla povertà estrema e al ricatto di dover accettare condizioni di lavoro ultra-precarie e con salari da fame.


Pablo Picasso "Guerra e pace"

Dopo l’approvazione del DL Lavoro che ha incentivato la precarietà attraverso l'estensione dell'utilizzo dei voucher e la facilitazione dell'uso reiterato dei contratti a termine, e di una legge di rifinanziamento delle missioni militari all’estero (43 in totale) che incrementa di oltre 100 milioni di euro (e di 1500 soldati) la spesa destinata ai contingenti italiani in Europa orientale, la prossima manovra economica non potrà che confermare il carattere antisociale e guerrafondaio dell’attuale governo, teso ancora una volta a colpire lavoratori e disoccupati aumentando le diseguaglianze al fine di tutelare e alimentare i già alti profitti del grande capitale, della finanza speculativa e delle lobbies belliciste. Intanto decine e decine di contratti collettivi sono scaduti: milioni di lavoratori si ritrovano privi di qualsiasi tutela e con in tasca un salario falcidiato dall’aumento dei prezzi.  Tutto ciò col sostanziale silenzio-assenso delle ‘opposizioni’ parlamentari e dei vertici di Cgil, Cisl, Uil e UGL, i quali al di là di qualche dichiarazione ad effetto sui media e di qualche passeggiata rituale convocata in autunno, si guardano bene dal lavorare a una nuova stagione di lotta dentro e fuori ai luoghi di lavoro. Contro questa nuova macelleria sociale, le nostre organizzazioni sindacali hanno proclamato una giornata di sciopero generale nazionale per il prossimo 20 ottobre, che avrà come sue principali rivendicazioni:
 

Pino Canta e Mari Cesena
"Lancio di missili" 2023

NO ALLA GUERRA, NO ALLE SPESE MILITARI, ALLA PRODUZIONE E ALL’INVIO DI ARMI - PER L'AUMENTO GENERALIZZATO DEI SALARI PARI ALL'INFLAZIONE E DELLE SPESE SOCIALI; NO ALL'ABOLIZIONE DEL REDDITO DI CITTADINANZA, PER IL LAVORO STABILE E SICURO O UN SALARIO GARANTITO A TUTTI IDISOCCUPATI. BASTA CON LA STRAGE DEI MORTI SUL LAVORO.


Hermann Nitsch "Sangue"


Intendiamo dar vita a una giornata di lotta che, a partire dai luoghi di lavoro e dal protagonismo dei lavoratori e dei disoccupati, punti ad attraversare e coalizzarsi con l'opposizione sociale che in questi mesi si sta sviluppando sui territori sul NO al riarmo e alle spese militari, contro l’abolizione del reddito di cittadinanza, le devastazioni ambientali e le catastrofe climatica prodotta dal modello di sviluppo capitalista promosso da Governo e opposizioni parlamentari, contro le politiche razziste e sessiste e più in generale contro l’ondata reazionaria alimentata da questo governo. In queste settimane alcune soggettività sociali si stanno mettendo in moto per sviluppare mobilitazioni e appuntamento di lotta: dalle manifestazioni lanciate dagli ex percettori del RdC per le prossime settimane, ai cortei contro la guerra indetti per il prossimo 21 ottobre presso la base militare di Ghedi (principale deposito di ordigni nucleari Nato in Italia), a Pisa su iniziativa del Movimento No Base a Coltano Né Altrove e in Sicilia; dagli scioperi nazionali nei settori del trasporto aereo e locale e del trasporto merci e logistica, alle mobilitazioni per il diritto all’abitare. Vogliamo sviluppare, prima, durante e dopo lo sciopero generale, la massima unità d’azione con tutti coloro che intendono costruire ed animare un’opposizione reale e di classe alle politiche lacrime e sangue del governo Meloni e ai signori della guerra. 


Max Hamlet "No War"

Per questo motivo, invitiamo le realtà di lotta, sociali, politiche e sindacali, i movimenti studenteschi, i comitati ambientalisti e le reti attive contro la guerra e il militarismo all’Assemblea Nazionale dell’8 ottobre 2023 presso il Circolo El Salvadané di via De Amicis 17 a Milano alle ore 9,30. Guerra ed economia di guerra, Salari bassi e tagli alle pensioni, precarietà, sfruttamento, taglio del reddito di cittadinanza, morti sul lavoro, dissesto dei territori, discriminazioni di genere, blocco dell’edilizia popolare, aumento dell’inflazione e del costo della vita, distruzione del sistema sanitario, del welfare, dei trasporti e della scuola:

SCIOPERO GENERALE 20 OTTOBRE 2023  


AdL Varese - Cub - SGB - Si Cobas - Usi Cit

ALLA CASA DELLA CULTURA



Con Massimo Raffaeli, Giovanni Scirocco, Franco Toscani per Sebastiano Timpanaro. Venerdì 29 settembre ore 18 via Borgogna 3 Milano. Fermata Metropolitana San Babila.

mercoledì 27 settembre 2023

LAVORARE INSIEME PER LA PACE 

 

 
Se continua questa guerra
tutti quanti andiam per terra.
 
I punti chiave
Continuare a fare la guerra è la scelta peggiore.
La guerra è inconcludente e autodistruttiva.
La “grande assenza” della politica di pace non è più sostenibile.
La guerra ci sta impoverendo.
Le alternative esistono.
La pace non è solo l’obiettivo.
La pace è la via.
Abbiamo bisogno di cure, non di bombe.
Per le persone, per il pianeta. Trasformiamo il futuro.

 
La guerra è la cosa più stupida e irrazionale che possiamo continuare a fare perché è inconcludente, autodistruttiva e nessuno la può vincere. Continuare a fare la guerra sarà la scelta peggiore. Per gli ucraini, per noi e per il mondo. La scelta peggiore produrrà gli esiti peggiori: il martirio e la devastazione epocale dell’Ucraina, l’allargamento della guerra e delle devastazioni al resto dell’Europa e quindi anche all’Italia, fino - e speriamo mai - all’apocalisse atomica. Per questo ci vuole un’uscita diplomatica dalla guerra. La guerra è un disastro anche perché non riesce a risolvere nessuno dei problemi che i suoi sostenitori pretendono di risolvere: la conquista e la smilitarizzazione dell’Ucraina da parte della Russia, la vittoria dell’Ucraina sulla Russia e la riconquista dei territori occupati, il ripristino della legalità internazionale, l’esportazione della democrazia. La guerra non è dunque solo “un crimine in grande” che doveva e poteva essere evitato ma anche “un tragico fallimento”. Per questo, dopo tanti mesi di inutili stragi, nell’interesse superiore delle presenti e future generazioni, torniamo a chiedere a tutti i responsabili della politica nazionale, europea e internazionale di essere “realisti”, di raccogliere l’appello di Papa Francesco e di fare tutto il necessario per raggiungere l’immediato cessate-il-fuoco. Non è vero che fermare la guerra voglia dire abbandonare gli ucraini. È vero il contrario! Fermare la guerra vuol dire fermare il massacro degli ucraini e la distruzione del loro paese. Fermare la guerra vuol dire fermare l’escalation militare, l’annientamento quotidiano di civili e soldati, le sofferenze di tutte le persone che devono cercare di sopravvivere nel campo di battaglia, la distruzione di immensi territori e di preziose risorse naturali, la corruzione, il traffico delle armi, il radicamento dell’inimicizia e dell’odio. L’impegno per ottenere il cessate-il-fuoco deve procedere di pari passo con un altro serio lavoro: quello difficile ma indispensabile della costruzione delle condizioni per la pace. “La pace è il lavoro più fondamentale che abbiamo. È tempo di compromessi per un domani migliore”. Antonio Guterres, Segretario Generale dell’Onu, (13 settembre 2023). La lunga “grande assenza” di una seria politica di pace e l’assurda pretesa di vincere la guerra con la guerra non è più sostenibile (se mai lo fosse stata). 



Basta! La guerra ci sta impoverendo!
Questa guerra, nel cuore dell’Europa, ci costa tantissimo e ci sta mettendo in ginocchio. Ogni giorno crescono le persone che precipitano nella disperazione e sono abbandonate da chi aveva e ha il compito di proteggerle. L’esplosione incontrollata del costo dell’energia, lo scoppio e la corsa dell’inflazione, la recessione economica, la speculazione su tutti i beni primari, l’aumento vertiginoso delle disuguaglianze, la crescente sottrazione e distruzione di enormi quantità di soldi pubblici, l’impoverimento di noi tutti e di centinaia di milioni di altre persone, la distruzione del sistema economico/produttivo europeo… nessuno di questi problemi sarà risolto, o anche solo alleviato, se non rimuoviamo la causa principale che è: la guerra. La continuazione della guerra in Ucraina ci impedisce, inoltre, di affrontare tutte le altre grandi sfide “strutturali”, le crisi a cascata e i continui shock globali che stanno seminando sofferenze, ansie e disperazione in tante persone: il cambiamento e le catastrofi climatiche, il dramma delle migrazioni forzate, le guerre economiche e finanziarie, l’implosione autoritaria di molti paesi, lo scontro tra nazionalismi, la proliferazione delle armi e la moltiplicazione dei conflitti armati, la crisi mondiale delle Istituzioni democratiche, la rivoluzione digitale fuori controllo…
Papa Francesco ce l’ha insegnato: ogni spiraglio va cercato!
I talebani della guerra dicono che non abbiamo alternative, che la guerra è la sola cosa che possiamo fare per difendere l’Ucraina. Ma non è vero. Mentre i censori e i propagandisti della guerra continuano a manomettere la realtà, noi continuiamo a dire chiaro e forte: la storia, la ragione e la politica ci insegnano che le alternative esistono e vanno sinceramente volute, cercate e costruite con coraggio, pazienza, tenacia, visione e lungimiranza. La pace non è solo l’obiettivo. La pace è la via. La via scelta dalla comunità internazionale dopo lo sterminio di settanta milioni di persone, la distruzione dell’Europa e lo scoppio della bomba atomica. La sola che mette in primo piano la vita e non gli interessi. La vita degli ucraini e dei russi, la nostra e quella degli altri, la vita di tutta la famiglia umana e non gli interessi dei soliti pochi. Non serve dirsi pacifisti. Chi ama la vita e la vita dei propri figli, non può che fare la scelta della pace. Fare la pace è difficile ma è necessario. Per questo si deve fare. La strada per la pace può essere lunga, tortuosa, incerta, ma è l’unica strada possibile per allontanarci dall’orlo del precipizio. La pace non è il frutto di anime buone e illuminate, ma del lavoro laborioso di esseri imperfetti che lottano ogni giorno con l’arte del rispetto, del dialogo e della persuasione. Dalla fine della seconda guerra mondiale moltissime persone hanno dato la vita per la pace, molte istituzioni sono state costruite e molte politiche sono state realizzate per costruire e assicurare la pace nel mondo. Il fatto che tali istituzioni siano state messe in crisi non ci consente di buttarle via ma ci deve spingere a moltiplicare gli sforzi per risanarle, rigenerarle e rimetterle nelle condizioni di lavorare. Non dimentichiamo che la pace è un diritto fondamentale, riconosciuto nella Carta delle Nazioni Unite, nella Dichiarazione Universale dei Diritti Umani e nella nostra Costituzione. Un diritto primario che va promosso e difeso con la politica e l’economia, la cultura e l’educazione. “La mia speranza è che si dia spazio alle voci di pace, a chi si impegna per porre fine a questo come a tanti altri conflitti, a chi non si arrende alla logica “cainista” della guerra ma continua a credere, nonostante tutto, alla logica della pace, alla logica del dialogo, e alla logica della diplomazia.” [Appello di Papa Francesco ai giornalisti, 26 agosto 2023].



Cura, non bombe!
“Deponiamo le armi, riduciamo le spese militari per provvedere ai bisogni umanitari, convertiamo gli strumenti di morte in strumenti di vita” Papa Francesco, 19 agosto 2023 Più di due trilioni di dollari: la guerra in Ucraina (ma non solo quella) ci sta rubando e distruggendo una montagna di soldi. Quei soldi sono nostri e dei nostri figli, soldi pubblici, soldi di chi lavora e paga le tasse. Dicono che servono alla nostra sicurezza ma è un grande imbroglio perché in questo modo cresce solo la nostra insicurezza. In un tempo di così grave crisi economica, sociale e ambientale, mentre sappiamo di non avere abbastanza risorse per fare tutto, dobbiamo decidere dove mettiamo i nostri soldi. Se vogliamo che i soldi delle nostre tasse vengano spesi dai governi per soddisfare i nostri bisogni più elementari, non dobbiamo permettere che ci sia alcun aumento delle spese militari. L’idea di aumentarle ancora fino e oltre il 2% come pretende la Nato deve essere abbandonata. Questo è il tempo in cui tutta la cosiddetta “spesa per la sicurezza” deve essere posta sotto una trasparente radicale revisione. Il Ministero della Difesa deve essere il primo ad essere sottoposto alla “spending review” a cui sono già stati costretti, più volte, tutti gli altri ministeri. La vera sicurezza di cui ci dobbiamo preoccupare è la sicurezza delle persone che non riescono ad arrivare a fine mese, che sono costrette a sopravvivere nella più totale incertezza, talvolta in ambienti malsani, senza dignità, diritti né legge, in balia della paura e della violenza, dell’illegalità, di sfruttatori, criminali e mafie. È di loro che ci dobbiamo occupare, come stabilito nella nostra Costituzione (art. 2 e 3), nella Dichiarazione Universale dei Diritti Umani (art. 25), nella Carta 4 dell’Onu, nell’Agenda 2030 e nel Rapporto dell’Unesco “Re-immaginare i nostri futuri insieme”. Dobbiamo aiutare chi non ce la fa, soccorrere chi è in difficoltà, proteggere chi è minacciato o abusato, nutrire chi è affamato e assetato, curare chi è ammalato, sostenere chi è fragile, ridurre le disuguaglianze, promuovere le pari opportunità, preservare i beni comuni, promuovere la transizione ecologica. Per questo, dobbiamo disarmare e rimettere al centro le comunità locali e finanziare e riqualificare i servizi pubblici e universali (i servizi sociali, sanitari, per l’educazione, la formazione, l’ambiente, la cultura…) così come dobbiamo ricostruire e rifinanziare la solidarietà e la cooperazione internazionale. Se solo smettiamo di pagare lo stipendio di qualche Reggimento, possiamo pagare gli stipendi di tanti medici e infermieri, insegnanti e assistenti sociali. Se smettiamo di finanziare qualche missione militare propagandistica possiamo finanziare le persone, le famiglie, le attività economiche colpite dagli eventi climatici estremi (terremoti, alluvioni, esondazioni, frane, bombe d’acqua, tempeste, siccità…) come in Emilia Romagna o in Libia. Se rinunciamo a comprare altri cacciabombardieri possiamo assicurare l’assistenza domiciliare socio sanitaria alle persone non autosufficienti, assumere dei buoni medici di famiglia, finanziare la rete territoriale di contrasto alla violenza sulle donne. Se rinunciamo a costruire la terza portaerei possiamo prenderci cura di tanti bambini, donne e giovani in fuga dalla miseria e dalla guerra. Se rinunciamo ad acquisire altri duecento carri armati possiamo investire sulla cura, sulla formazione e sul lavoro delle nostre giovani generazioni. Adesso è il tempo della cura, non delle bombe! Nell’ora della crisi, la cura è la risposta di cui abbiamo bisogno, la più concreta, immediata ed efficace, la miglior fabbrica di benessere, il vero, grande, investimento sul futuro.



Diamoci da fare insieme per costruire un avvenire di pace
La guerra in Ucraina non è venuta dal nulla ma è parte e conseguenza di un mondo che da più di due decenni sta progressivamente scivolando nella guerra. Quando Papa Francesco parla della “terza guerra mondiale a pezzi che si va espandendo” alcuni lo accusano di esagerare. Ma lo scontro planetario -reso evidente anche dalle sempre crescenti tensioni tra Stati Uniti e Cina- si sta acutizzando e ciò che ancora oggi riteniamo impossibile sta diventando sempre più possibile e probabile. Dopo aver abbandonato il paradigma della cooperazione per passare al paradigma della competizione, i “grandi” del mondo sembrano aver scelto il paradigma del conflitto globale. La guerra, il grande scontro degli interessi economici mascherati da falsi interessi nazionali e falso sovranismo, la volontà di potenza, la legge selvaggia del più forte e la nuova impressionante corsa al riarmo che accompagna lo smantellamento di tanti accordi strategici per la limitazione degli armamenti 5 stanno ridefinendo le relazioni internazionali -e quindi la vita dell’umanità- per gli anni che verranno. Con la fine del mondo bipolare, il passaggio al mondo unipolare e ora a quello “zero-polare”, insieme all’indebolimento delle istituzioni internazionali unificanti, stiamo assistendo alla diffusione di un tribalismo geopolitico che sta accelerando la distruzione della convivenza nel pianeta. Davanti a noi si para sempre più chiaro un bivio: o cominciamo a prenderci cura della famiglia umana e del pianeta che la sostiene o non sfuggiremo alla guerra totale. Prenderci cura della famiglia umana vuol dire riconoscere ciò che la realtà ha reso evidente ovvero che viviamo in un pianeta dove tutto – persone, popoli, nazioni, economie, risorse, natura, presente e futuro…- è interconnesso e interdipendente, che i problemi e le sfide che dobbiamo affrontare sono troppo grandi perché i Paesi possano pensare di affrontarli da soli o con qualche alleato, che se vogliamo avere un futuro e assicurarlo ai nostri figli e nipoti dobbiamo attuare il primo articolo della Dichiarazione Universale dei Diritti Umani e promuovere l’amicizia sociale, il dialogo politico e la cooperazione universale riconoscendoci “sorelle e fratelli tutti”. Per promuovere e organizzare la cura della famiglia umana e del pianeta, abbiamo bisogno di rafforzare le istituzioni internazionali democratiche a cominciare dall’Onu. L’Onu è come la terra: è l’unica casa che abbiamo. Sapere che si trova in grave difficoltà e piena di contraddizioni non ci consente di buttarla via. Chi vuole prendersi cura dell’umanità e del pianeta deve impegnarsi per dare a questa organizzazione tutti gli strumenti e i mezzi per realizzare il suo mandato originario: “salvare le future generazioni dal flagello della guerra, promuovere il progresso sociale ed un più elevato tenore di vita in una più ampia libertà, riaffermare la fede nei diritti fondamentali, nella dignità e nel valore della persona umana, nella eguaglianza dei diritti degli uomini e delle donne e delle nazioni grandi e piccole”. Della mancanza di volontà di molti governi nazionali di agire insieme “per il bene pubblico globale”, nonostante si sia iper-connessi e interdipendenti, sono già evidenti le tragiche conseguenze in tanti campi: da quello ambientale a quello sanitario, da quello umanitario a quello della sicurezza. Il mondo sta soffrendo una gravissima crisi globale di cura e una “carestia di fraternità”. 



Tutte le spie di allarme del mondo sono accese. Ignorarlo è da irresponsabili. dare impulso all'attuazione degli impegni esistenti, concordare soluzioni concrete alle sfide, ripristinare la fiducia tra gli Stati membri e adottare un “Patto per il futuro”. Siamo ad un nuovo bivio cruciale. Il futuro sarà il tribunale delle nostre scelte presenti. Quelle dei governanti ma anche delle nostre. Per questo, invitiamo tutte e tutti, donne, uomini, giovani e anziani, scuole, associazioni e istituzioni, a promuovere dal basso, con coraggio e creatività, un movimento per trasformare il futuro con la cura. Siamo ancora in tempo per scrivere un nuovo capitolo di pace nella storia dell’umanità. Scriviamolo assieme!



Trasformiamo il futuro! Ma io cosa posso fare?

1. Diffondi questo documento 2. Invialo alla stampa e chiedi di pubblicarlo 3. Invialo ai responsabili della politica locale, nazionale ed europea 4. Aderisci, sostieni e collabora con la Fondazione PerugiAssisi per la cultura della pace 5. In ogni città, in ogni quartiere, in ogni scuola e università, in ogni luogo di lavoro nasca un gruppo, un incontro, un’iniziativa per la pace.
 


Questo documento è stato elaborato in occasione del Seminario di riflessione e proposta alla scuola di Antonio Papisca che si è svolto a Pellegrino Parmense il 15 settembre 2023. Il Seminario è stato organizzato dalla Fondazione PerugiAssisi per la cultura della pace in collaborazione con il Comune di Pellegrino Parmense, il Centro di Ateneo per i Diritti Umani “Antonio Papisca” e Cattedra Unesco “Diritti Umani, Democrazia e Pace” dell’Università di Padova, il Coordinamento Nazionale degli Enti Locali per la Pace e i Diritti Umani e la Tavola della pace nell’ambito della “Festa della Pace 2023".
 
Fondazione PerugiAssisi per la cultura della Pace
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