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giovedì 14 settembre 2023

I LUOGHI DELLA MEMORIA, “IL TEMPIO E LA CITTÀ”
di Gianmarco Pisa

Dom Kulture
 
È stata inaugurata lunedì 11 settembre 2023 la mostra fotografica dedicata a “Uroševac, il tempio e la città” (“Uroševac hram i grad”) nella Galleria del Centro Culturale (“Dom kulture”) di Gračanica, in Kosovo. La mostra, in occasione del novantesimo anniversario della consacrazione della Chiesa cattedrale di Uroševac dedicata all’imperatore Uroš V Nemanjić, ripercorre le vicende della città e del suo tempio attraverso tre ben distinti momenti storici: il periodo a cavallo delle due guerre balcaniche e della prima guerra mondiale, il periodo del Regno di Jugoslavia e il periodo della edificazione socialista della città e della rifondata Jugoslavia post-bellica, con gli interventi inaugurali del vescovo Teodosije, dello storico Nemanja Dimitrijević, del direttore degli Archivi del Kosovo e Metohija, Marko Marković. La mostra è dedicata a uno dei luoghi storicamente e culturalmente più importanti del Kosovo, un vero e proprio «luogo della cultura e della memoria». Uroševac, la cui denominazione originaria è Ferizović, da cui deriva la designazione albanese, Ferizaj, è una città di ca. 50 mila abitanti, popolata sin dalla preistoria dalle culture di Starčevo e Vinča, come dimostrano i ritrovamenti archeologici, il secondo dei quali particolarmente recente (2008), nei villaggi poco distanti di Varosh e di Zllatar. Durante il periodo ottomano, Uroševac fungeva da centro commerciale sulla rotta Belgrado-Salonicco, mentre nel periodo jugoslavo è stata una delle più vivaci città della provincia. È da sempre considerata città di convivenza tra le diverse culture e religioni, con una composizione, ancora nella prima metà degli anni Ottanta, significativamente multietnica, essendo abitata all’epoca da albanesi (75%), serbi (14%), rom (5%), bosgnacchi (slavi musulmani, 4%) e, in percentuali minori, altre nazionalità. Dopo l’aggressione della NATO del 1999 e la separazione del Kosovo dalla Serbia, proprio nel territorio di questa municipalità è stata installata la base di Camp Bondsteel, la più grande base militare costruita dagli Stati Uniti in Europa dopo la guerra del Vietnam.



Prima che l’accordo di Londra del 1913, all’indomani della prima guerra balcanica, rendesse la città parte del Regno di Serbia, il nome fu cambiato in Uroševac, in onore di Stefan Uroš V, come parte della politica di “serbizzazione” portata avanti all’inizio del Novecento. Uroševac fu anche, durante la seconda guerra mondiale, un luogo significativo della resistenza antifascista e della lotta partigiana in Kosovo. Già nel 1941 il Partito comunista aveva lanciato la parola d’ordine dell’insurrezione e dell’avanzata del movimento di liberazione dei popoli della Jugoslavia, e nel corso dello stesso anno si formarono a Uroševac i primi nuclei della Resistenza. Questo movimento portò alla liberazione della città il 2 dicembre 1944, nel contesto del movimento di liberazione guidato da Tito, che condusse alla rifondazione della Jugoslavia, su base plurinazionale, federale e socialista.
La Chiesa cattedrale di Uroševac, cui la mostra è dedicata, intitolata allo zar Uroš V, fu ultimata nel 1933; Stefan Uroš V (1336 o 1337-1371) fu imperatore (zar, 1355-1371) e ultimo sovrano della dinastia Nemanjić, e sotto il suo regno, ereditato dal padre, lo zar Stefan Dušan, che aveva portato l’impero serbo alla sua massima espansione ed era stato uno dei sovrani più potenti dell’Europa del tempo, l’impero serbo andò indebolendosi a causa dei conflitti dinastici e delle divisioni tra i principi locali. Dopo la morte di Stefan Uroš V, il regno serbo dei Nemanjić cessò di fatto di esistere e finì, all’indomani della battaglia del Kosovo (1389), nell’orbita dell’Impero ottomano; dopo la seconda battaglia del Kosovo (1448), il dominio ottomano sulla regione si consolidò per le generazioni successive. La chiesa cattedrale è stata costruita sul modello della chiesa del monastero di Gračanica, quest’ultima, poco distante dal capoluogo kosovaro, Prishtina, Patrimonio mondiale dell’umanità.



La chiesa ospitava uno splendido corredo di icone, doni votivi del 1909, alcune campane donate dalle donne di Kragujevac nel 1912 e conserva l’iconostasi del XIX secolo, scolpita in legno. Anche la vicenda della chiesa è uno spaccato della storia travagliata e spesso tragica del Kosovo, dal momento che fu anche saccheggiata e data alle fiamme da estremisti albanesi dopo l’arrivo della missione KFOR della NATO a Uroševac/Ferizaj, alla fine della guerra, nel giugno 1999, ed è stata poi nuovamente attaccata nel 2004, in occasione dei tragici pogrom contro le comunità serbe rimaste del marzo di quell’anno, e poi ancora colpita e vandalizzata nel 2013 e profanata con graffiti. Sebbene la grande moschea di Mulla Veseli, del 1891, e la chiesa cattedrale siano, in pratica, fianco a fianco nel centro della città, considerate pertanto un simbolo della storia di convivenza di Uroševac/Ferizaj, la presenza serba è pressoché scomparsa, mentre una comunità serba è a Štrpce, sulla strada per Prizren, a più di venti chilometri dalla città. La mostra, visitabile presso il Centro Culturale di Gračanica sino al prossimo 21 settembre, è organizzata in collaborazione tra il Centro Culturale, l’Archivio del Kosovo e Metohija, la Pinacoteca di Prishtina e l’Eparchia di Raška-Prizren e mette in mostra foto e cartoline che rappresentano eventi e personaggi, oggetti e monumenti. Oltre alla loro funzione culturale e sociale, di ricordo personale e familiare e di memoria sociale e collettiva, le fotografie intendono anche promuovere una più attiva consapevolezza circa la tutela, il restauro e la conservazione dei monumenti e del patrimonio culturale a rischio o in via di sparizione, nonché la conservazione della memoria delle città in cui è esistita una storia di convivenza in Kosovo sino al 1999, una storia poi travolta dalla guerra e dal nazionalismo. Anche per questo la mostra rappresenta un’occasione preziosa di ricordo e di riflessione, e coltiva il messaggio della cultura e della memoria nella «costruzione della pace».