I LUOGHI DELLA MEMORIA, “IL TEMPIO E LA
CITTÀ” di Gianmarco Pisa
Dom Kulture
È stata inaugurata
lunedì 11 settembre 2023 la mostra fotografica dedicata a “Uroševac, il tempio
e la città” (“Uroševac hram i grad”) nella Galleria del Centro Culturale (“Dom kulture”)
di Gračanica, in Kosovo. La mostra, in occasione del novantesimo anniversario
della consacrazione della Chiesa cattedrale di Uroševac dedicata all’imperatore
Uroš V Nemanjić, ripercorre le vicende della città e del suo tempio attraverso
tre ben distinti momenti storici: il periodo
a cavallo delle due guerre balcaniche e della prima guerra mondiale, il periodo
del Regno di Jugoslavia e il periodo della edificazione socialista della città
e della rifondata Jugoslavia post-bellica,con gli interventi inaugurali del vescovo Teodosije, dello storico
Nemanja Dimitrijević, del direttore degli Archivi del Kosovo e Metohija, Marko
Marković. La mostra è dedicata a uno dei luoghi storicamente e culturalmente
più importanti del Kosovo, un vero e proprio «luogo della cultura e della
memoria». Uroševac, la cui denominazione originaria è Ferizović, da cui deriva
la designazione albanese, Ferizaj, è una città di ca. 50 mila abitanti,
popolata sin dalla preistoria dalle culture di Starčevo e Vinča, come
dimostrano i ritrovamenti archeologici, il secondo dei quali particolarmente
recente (2008), nei villaggi poco distanti di Varosh e di Zllatar. Durante il
periodo ottomano, Uroševac fungeva da centro commerciale sulla rotta
Belgrado-Salonicco, mentre nel periodo jugoslavo è stata una delle più vivaci
città della provincia. È da sempre considerata città di convivenza tra le
diverse culture e religioni, con una composizione, ancora nella prima metà
degli anni Ottanta, significativamente multietnica, essendo abitata all’epoca
da albanesi (75%), serbi (14%), rom (5%), bosgnacchi (slavi musulmani, 4%) e,
in percentuali minori, altre nazionalità. Dopo l’aggressione della NATO del
1999 e la separazione del Kosovo dalla Serbia, proprio nel territorio di questa
municipalità è stata installata la base di Camp Bondsteel, la più grande base
militare costruita dagli Stati Uniti in Europa dopo la guerra del Vietnam.
Prima che l’accordo
di Londra del 1913, all’indomani della prima guerra balcanica, rendesse la
città parte del Regno di Serbia, il nome fu cambiato in Uroševac, in onore di
Stefan Uroš V, come parte della politica di “serbizzazione” portata avanti all’inizio
del Novecento. Uroševac fu anche, durante la seconda guerra mondiale, un luogo significativo
della resistenza antifascista e della lotta partigiana in Kosovo. Già nel 1941 il
Partito comunista aveva lanciato la parola d’ordine dell’insurrezione e dell’avanzata
del movimento di liberazione dei popoli della Jugoslavia, e nel corso dello
stesso anno si formarono a Uroševac i primi nuclei della Resistenza. Questo
movimento portò alla liberazione della città il 2 dicembre 1944, nel contesto
del movimento di liberazione guidato da Tito, che condusse alla rifondazione della
Jugoslavia, su base plurinazionale, federale e socialista. La Chiesa
cattedrale di Uroševac, cui la mostra è dedicata, intitolata allo zar Uroš V,
fu ultimata nel 1933; Stefan Uroš V (1336 o 1337-1371) fu imperatore (zar, 1355-1371)
e ultimo sovrano della dinastia Nemanjić, e sotto il suo regno, ereditato dal
padre, lo zar Stefan Dušan, che aveva portato l’impero serbo alla sua massima
espansione ed era stato uno dei sovrani più potenti dell’Europa del tempo, l’impero
serbo andò indebolendosi a causa dei conflitti dinastici e delle divisioni tra
i principi locali. Dopo la morte di Stefan Uroš V, il regno serbo dei Nemanjić
cessò di fatto di esistere e finì, all’indomani della battaglia del Kosovo
(1389), nell’orbita dell’Impero ottomano; dopo la seconda battaglia del Kosovo
(1448), il dominio ottomano sulla regione si consolidò per le generazioni
successive. La chiesa cattedrale è stata costruita sul modello della chiesa del
monastero di Gračanica, quest’ultima, poco distante dal capoluogo kosovaro,
Prishtina, Patrimonio mondiale dell’umanità.
La chiesa ospitava
uno splendido corredo di icone, doni votivi del 1909, alcune campane donate
dalle donne di Kragujevac nel 1912 e conserva l’iconostasi del XIX secolo,
scolpita in legno. Anche la vicenda della chiesa è uno spaccato della storia
travagliata e spesso tragica del Kosovo, dal momento che fu anche saccheggiata
e data alle fiamme da estremisti albanesi dopo l’arrivo della missione KFOR della
NATO a Uroševac/Ferizaj, alla fine della guerra, nel giugno 1999, ed è stata poi
nuovamente attaccata nel 2004, in occasione dei tragici pogrom contro le
comunità serbe rimaste del marzo di quell’anno, e poi ancora colpita e vandalizzata nel 2013 e profanata con graffiti.
Sebbene la grande moschea di Mulla Veseli, del 1891, e la chiesa cattedrale siano,
in pratica, fianco a fianco nel centro della città, considerate pertanto un
simbolo della storia di convivenza di Uroševac/Ferizaj, la presenza serba è
pressoché scomparsa, mentre una comunità serba è a Štrpce, sulla strada per
Prizren, a più di venti chilometri dalla città. La mostra, visitabile presso il
Centro Culturale di Gračanica sino al prossimo 21 settembre, è organizzata in
collaborazione tra il Centro Culturale, l’Archivio del Kosovo e Metohija, la
Pinacoteca di Prishtina e l’Eparchia di Raška-Prizren e mette in mostra foto e
cartoline che rappresentano eventi e personaggi, oggetti e monumenti. Oltre
alla loro funzione culturale e sociale, di ricordo personale e familiare e di
memoria sociale e collettiva, le fotografie intendono anche promuovere una più
attiva consapevolezza circa la tutela, il restauro e la conservazione dei
monumenti e del patrimonio culturale a rischio o in via di sparizione, nonché la
conservazione della memoria delle città in cui è esistita una storia di
convivenza in Kosovo sino al 1999, una storia poi travolta dalla guerra e dal
nazionalismo. Anche per questo la mostra rappresenta un’occasione preziosa di
ricordo e di riflessione, e coltiva il messaggio della cultura e della memoria
nella «costruzione della pace».