Se continua questa
guerra tutti quanti andiam
per terra. I punti chiave Continuare a fare la
guerra è la scelta peggiore. La guerra è inconcludente
e autodistruttiva. La “grande assenza” della
politica di pace non è più sostenibile. La guerra ci sta
impoverendo. Le alternative esistono. La pace non è solo
l’obiettivo. La pace è la via. Abbiamo bisogno di cure,
non di bombe. Per le persone, per il
pianeta. Trasformiamo il futuro.
La guerra
è la cosa più stupida e irrazionale che possiamo continuare a fare perché è
inconcludente, autodistruttiva e nessuno la può vincere. Continuare a fare la
guerra sarà la scelta peggiore. Per gli ucraini, per noi e per il mondo. La
scelta peggiore produrrà gli esiti peggiori: il martirio e la devastazione
epocale dell’Ucraina, l’allargamento della guerra e delle devastazioni al resto
dell’Europa e quindi anche all’Italia, fino - e speriamo mai - all’apocalisse
atomica. Per questo ci vuole un’uscita diplomatica dalla guerra. La guerra è un
disastro anche perché non riesce a risolvere nessuno dei problemi che i suoi
sostenitori pretendono di risolvere: la conquista e la smilitarizzazione
dell’Ucraina da parte della Russia, la vittoria dell’Ucraina sulla Russia e la
riconquista dei territori occupati, il ripristino della legalità
internazionale, l’esportazione della democrazia. La guerra non è dunque solo
“un crimine in grande” che doveva e poteva essere evitato ma anche “un tragico
fallimento”. Per questo, dopo tanti mesi di inutili stragi, nell’interesse
superiore delle presenti e future generazioni, torniamo a chiedere a tutti i
responsabili della politica nazionale, europea e internazionale di essere
“realisti”, di raccogliere l’appello di Papa Francesco e di fare tutto il
necessario per raggiungere l’immediato cessate-il-fuoco. Non è vero che fermare
la guerra voglia dire abbandonare gli ucraini. È vero il contrario! Fermare la
guerra vuol dire fermare il massacro degli ucraini e la distruzione del loro
paese. Fermare la guerra vuol dire fermare l’escalation militare,
l’annientamento quotidiano di civili e soldati, le sofferenze di tutte le
persone che devono cercare di sopravvivere nel campo di battaglia, la
distruzione di immensi territori e di preziose risorse naturali, la corruzione,
il traffico delle armi, il radicamento dell’inimicizia e dell’odio. L’impegno
per ottenere il cessate-il-fuoco deve procedere di pari passo con un altro
serio lavoro: quello difficile ma indispensabile della costruzione delle
condizioni per la pace. “La pace è il lavoro più fondamentale che abbiamo. È
tempo di compromessi per un domani migliore”. Antonio Guterres, Segretario
Generale dell’Onu, (13 settembre 2023). La lunga “grande assenza” di una seria
politica di pace e l’assurda pretesa di vincere la guerra con la guerra non è
più sostenibile (se mai lo fosse stata).
Basta! La
guerra ci sta impoverendo! Questa
guerra, nel cuore dell’Europa, ci costa tantissimo e ci sta mettendo in
ginocchio. Ogni giorno crescono le persone che precipitano nella disperazione e
sono abbandonate da chi aveva e ha il compito di proteggerle. L’esplosione
incontrollata del costo dell’energia, lo scoppio e la corsa dell’inflazione, la
recessione economica, la speculazione su tutti i beni primari, l’aumento
vertiginoso delle disuguaglianze, la crescente sottrazione e distruzione di
enormi quantità di soldi pubblici, l’impoverimento di noi tutti e di centinaia
di milioni di altre persone, la distruzione del sistema economico/produttivo
europeo… nessuno di questi problemi sarà risolto, o anche solo alleviato, se
non rimuoviamo la causa principale che è: la guerra. La continuazione della
guerra in Ucraina ci impedisce, inoltre, di affrontare tutte le altre grandi
sfide “strutturali”, le crisi a cascata e i continui shock globali che stanno
seminando sofferenze, ansie e disperazione in tante persone: il cambiamento e
le catastrofi climatiche, il dramma delle migrazioni forzate, le guerre
economiche e finanziarie, l’implosione autoritaria di molti paesi, lo scontro
tra nazionalismi, la proliferazione delle armi e la moltiplicazione dei
conflitti armati, la crisi mondiale delle Istituzioni democratiche, la
rivoluzione digitale fuori controllo… Papa
Francesco ce l’ha insegnato: ogni spiraglio va cercato! I talebani
della guerra dicono che non abbiamo alternative, che la guerra è la sola cosa
che possiamo fare per difendere l’Ucraina. Ma non è vero. Mentre i censori e i
propagandisti della guerra continuano a manomettere la realtà, noi continuiamo
a dire chiaro e forte: la storia, la ragione e la politica ci insegnano che le
alternative esistono e vanno sinceramente volute, cercate e costruite con
coraggio, pazienza, tenacia, visione e lungimiranza. La pace non è solo
l’obiettivo. La pace è la via. La via scelta dalla comunità internazionale dopo
lo sterminio di settanta milioni di persone, la distruzione dell’Europa e lo
scoppio della bomba atomica. La sola che mette in primo piano la vita e non gli
interessi. La vita degli ucraini e dei russi, la nostra e quella degli altri,
la vita di tutta la famiglia umana e non gli interessi dei soliti pochi. Non
serve dirsi pacifisti. Chi ama la vita e la vita dei propri figli, non può che
fare la scelta della pace. Fare la pace è difficile ma è necessario. Per questo
si deve fare. La strada per la pace può essere lunga, tortuosa, incerta, ma è l’unica
strada possibile per allontanarci dall’orlo del precipizio. La pace non è il
frutto di anime buone e illuminate, ma del lavoro laborioso di esseri
imperfetti che lottano ogni giorno con l’arte del rispetto, del dialogo e della
persuasione. Dalla fine della seconda guerra mondiale moltissime persone hanno
dato la vita per la pace, molte istituzioni sono state costruite e molte
politiche sono state realizzate per costruire e assicurare la pace nel mondo.
Il fatto che tali istituzioni siano state messe in crisi non ci consente di
buttarle via ma ci deve spingere a moltiplicare gli sforzi per risanarle,
rigenerarle e rimetterle nelle condizioni di lavorare. Non dimentichiamo che la
pace è un diritto fondamentale, riconosciuto nella Carta delle Nazioni Unite,
nella Dichiarazione Universale dei Diritti Umani e nella nostra Costituzione.
Un diritto primario che va promosso e difeso con la politica e l’economia, la
cultura e l’educazione. “La mia speranza è che si dia spazio alle voci di pace,
a chi si impegna per porre fine a questo come a tanti altri conflitti, a chi
non si arrende alla logica “cainista” della guerra ma continua a credere,
nonostante tutto, alla logica della pace, alla logica del dialogo, e alla
logica della diplomazia.” [Appello di Papa Francesco ai giornalisti,
26 agosto 2023].
Cura, non
bombe! “Deponiamo
le armi, riduciamo le spese militari per provvedere ai bisogni umanitari,
convertiamo gli strumenti di morte in strumenti di vita” Papa Francesco, 19
agosto 2023 Più di due trilioni di dollari: la guerra in Ucraina (ma non solo
quella) ci sta rubando e distruggendo una montagna di soldi. Quei soldi sono
nostri e dei nostri figli, soldi pubblici, soldi di chi lavora e paga le tasse.
Dicono che servono alla nostra sicurezza ma è un grande imbroglio perché in
questo modo cresce solo la nostra insicurezza. In un tempo di così grave crisi
economica, sociale e ambientale, mentre sappiamo di non avere abbastanza
risorse per fare tutto, dobbiamo decidere dove mettiamo i nostri soldi. Se
vogliamo che i soldi delle nostre tasse vengano spesi dai governi per soddisfare
i nostri bisogni più elementari, non dobbiamo permettere che ci sia alcun
aumento delle spese militari. L’idea di aumentarle ancora fino e oltre il 2%
come pretende la Nato deve essere abbandonata. Questo è il tempo in cui tutta
la cosiddetta “spesa per la sicurezza” deve essere posta sotto una trasparente
radicale revisione. Il Ministero della Difesa deve essere il primo ad essere
sottoposto alla “spending review” a cui sono già stati costretti, più volte,
tutti gli altri ministeri. La vera sicurezza di cui ci dobbiamo preoccupare è
la sicurezza delle persone che non riescono ad arrivare a fine mese, che sono
costrette a sopravvivere nella più totale incertezza, talvolta in ambienti
malsani, senza dignità, diritti né legge, in balia della paura e della
violenza, dell’illegalità, di sfruttatori, criminali e mafie. È di loro che ci
dobbiamo occupare, come stabilito nella nostra Costituzione (art. 2 e 3), nella
Dichiarazione Universale dei Diritti Umani (art. 25), nella Carta 4 dell’Onu,
nell’Agenda 2030 e nel Rapporto dell’Unesco “Re-immaginare i nostri futuri
insieme”. Dobbiamo aiutare chi non ce la fa, soccorrere chi è in difficoltà,
proteggere chi è minacciato o abusato, nutrire chi è affamato e assetato,
curare chi è ammalato, sostenere chi è fragile, ridurre le disuguaglianze,
promuovere le pari opportunità, preservare i beni comuni, promuovere la
transizione ecologica. Per questo, dobbiamo disarmare e rimettere al centro le
comunità locali e finanziare e riqualificare i servizi pubblici e universali (i
servizi sociali, sanitari, per l’educazione, la formazione, l’ambiente, la
cultura…) così come dobbiamo ricostruire e rifinanziare la solidarietà e la
cooperazione internazionale. Se solo smettiamo di pagare lo stipendio di
qualche Reggimento, possiamo pagare gli stipendi di tanti medici e infermieri,
insegnanti e assistenti sociali. Se smettiamo di finanziare qualche missione
militare propagandistica possiamo finanziare le persone, le famiglie, le
attività economiche colpite dagli eventi climatici estremi (terremoti,
alluvioni, esondazioni, frane, bombe d’acqua, tempeste, siccità…) come in
Emilia Romagna o in Libia. Se rinunciamo a comprare altri cacciabombardieri
possiamo assicurare l’assistenza domiciliare socio sanitaria alle persone non
autosufficienti, assumere dei buoni medici di famiglia, finanziare la rete
territoriale di contrasto alla violenza sulle donne. Se rinunciamo a costruire
la terza portaerei possiamo prenderci cura di tanti bambini, donne e giovani in
fuga dalla miseria e dalla guerra. Se rinunciamo ad acquisire altri duecento
carri armati possiamo investire sulla cura, sulla formazione e sul lavoro delle
nostre giovani generazioni. Adesso è il tempo della cura, non delle bombe!
Nell’ora della crisi, la cura è la risposta di cui abbiamo bisogno, la più
concreta, immediata ed efficace, la miglior fabbrica di benessere, il vero,
grande, investimento sul futuro.
Diamoci
da fare insieme per costruire un avvenire di pace La guerra in
Ucraina non è venuta dal nulla ma è parte e conseguenza di un mondo che da più
di due decenni sta progressivamente scivolando nella guerra. Quando Papa
Francesco parla della “terza guerra mondiale a pezzi che si va espandendo”
alcuni lo accusano di esagerare. Ma lo scontro planetario -reso evidente anche
dalle sempre crescenti tensioni tra Stati Uniti e Cina- si sta acutizzando e
ciò che ancora oggi riteniamo impossibile sta diventando sempre più possibile e
probabile. Dopo aver abbandonato il paradigma della cooperazione per passare al
paradigma della competizione, i “grandi” del mondo sembrano aver scelto il
paradigma del conflitto globale. La guerra, il grande scontro degli interessi
economici mascherati da falsi interessi nazionali e falso sovranismo, la
volontà di potenza, la legge selvaggia del più forte e la nuova impressionante
corsa al riarmo che accompagna lo smantellamento di tanti accordi strategici
per la limitazione degli armamenti 5 stanno ridefinendo le relazioni
internazionali -e quindi la vita dell’umanità- per gli anni che verranno. Con
la fine del mondo bipolare, il passaggio al mondo unipolare e ora a quello
“zero-polare”, insieme all’indebolimento delle istituzioni internazionali
unificanti, stiamo assistendo alla diffusione di un tribalismo geopolitico che
sta accelerando la distruzione della convivenza nel pianeta. Davanti a noi si
para sempre più chiaro un bivio: o cominciamo a prenderci cura della famiglia
umana e del pianeta che la sostiene o non sfuggiremo alla guerra totale.
Prenderci cura della famiglia umana vuol dire riconoscere ciò che la realtà ha
reso evidente ovvero che viviamo in un pianeta dove tutto – persone, popoli,
nazioni, economie, risorse, natura, presente e futuro…- è interconnesso e
interdipendente, che i problemi e le sfide che dobbiamo affrontare sono troppo
grandi perché i Paesi possano pensare di affrontarli da soli o con qualche
alleato, che se vogliamo avere un futuro e assicurarlo ai nostri figli e nipoti
dobbiamo attuare il primo articolo della Dichiarazione Universale dei Diritti
Umani e promuovere l’amicizia sociale, il dialogo politico e la cooperazione
universale riconoscendoci “sorelle e fratelli tutti”. Per promuovere e
organizzare la cura della famiglia umana e del pianeta, abbiamo bisogno di
rafforzare le istituzioni internazionali democratiche a cominciare dall’Onu.
L’Onu è come la terra: è l’unica casa che abbiamo. Sapere che si trova in grave
difficoltà e piena di contraddizioni non ci consente di buttarla via. Chi vuole
prendersi cura dell’umanità e del pianeta deve impegnarsi per dare a questa
organizzazione tutti gli strumenti e i mezzi per realizzare il suo mandato
originario: “salvare le future generazioni dal flagello della guerra,
promuovere il progresso sociale ed un più elevato tenore di vita in una più
ampia libertà, riaffermare la fede nei diritti fondamentali, nella dignità e
nel valore della persona umana, nella eguaglianza dei diritti degli uomini e
delle donne e delle nazioni grandi e piccole”. Della mancanza di volontà di
molti governi nazionali di agire insieme “per il bene pubblico globale”,
nonostante si sia iper-connessi e interdipendenti, sono già evidenti le
tragiche conseguenze in tanti campi: da quello ambientale a quello sanitario,
da quello umanitario a quello della sicurezza. Il mondo sta soffrendo una
gravissima crisi globale di cura e una “carestia di fraternità”.
Tutte le spie
di allarme del mondo sono accese. Ignorarlo è da irresponsabili. dare
impulso all'attuazione degli impegni esistenti, concordare soluzioni concrete
alle sfide, ripristinare la fiducia tra gli Stati membri e adottare un “Patto
per il futuro”. Siamo ad un nuovo bivio cruciale. Il futuro sarà il tribunale
delle nostre scelte presenti. Quelle dei governanti ma anche delle nostre. Per
questo, invitiamo tutte e tutti, donne, uomini, giovani e anziani, scuole,
associazioni e istituzioni, a promuovere dal basso, con coraggio e creatività,
un movimento per trasformare il futuro con la cura. Siamo ancora in tempo per
scrivere un nuovo capitolo di pace nella storia dell’umanità. Scriviamolo
assieme!
Trasformiamo
il futuro! Ma io
cosa posso fare?
1.Diffondi
questo documento 2.Invialo alla stampa e chiedi di pubblicarlo 3.Invialo ai
responsabili della politica locale, nazionale ed europea 4.Aderisci,
sostieni e collabora con la Fondazione PerugiAssisi per la cultura della pace 5.In ogni città,
in ogni quartiere, in ogni scuola e università, in ogni luogo di lavoro nasca
un gruppo, un incontro, un’iniziativa per la pace.
Questo
documento è stato elaborato in occasione del Seminario di riflessione e
proposta alla scuola di Antonio Papisca che si è svolto a Pellegrino Parmense
il 15 settembre 2023. Il Seminario è stato organizzato dalla Fondazione
PerugiAssisi per la cultura della pace in collaborazione con il Comune di
Pellegrino Parmense, il Centro di Ateneo per i Diritti Umani “Antonio Papisca”
e Cattedra Unesco “Diritti Umani, Democrazia e Pace” dell’Università di Padova,
il Coordinamento Nazionale degli Enti Locali per la Pace e i Diritti Umani e la
Tavola della pace nell’ambito della “Festa della Pace 2023". Fondazione PerugiAssisi
per la cultura della Pace via della Viola, 1 - 06122
Perugia Tel. 3351401733
perugiassisi@perlapace.it www.perugiassisi.org www.perlapace.it