Il libero arbitrio “Vuoi
essere garbata o garbatella, cara
Giorgia, che di parole ne
sai fare tante da incantare folle
di plaudenti come faceva il
pifferaio di Hamelin?”, le
chiese il Signore come atto di
estrema generosità. “Garbata?!
No, non potrei, Signor mio. Io
sono una Gianburrasca che
sa condire qualsiasi tipo d’insalata con
le spezie dell’ipocrisia e
dell’inganno”. “Garbatella
allora?” “Direi
che le vie di mezzo son
già meglio per una che di buono
non ne fa mai una e
che promette di aiutare chi
stenta, ma poi lo spinge giù
dal burrone. Se
son garbata sa quanti mi
chiedono conto delle mie
azioni e quanti son pronti a
sputar sentenze e fare i
moralisti a più non posso?! Così,
da garbatella nessuno fa
caso a quello che
ho promesso e
non mantenuto perché oggettivamente
impossibile fare
delle chiacchiere il
sale della terra”. “Dunque,
ammette di essere una
bugiarda seriale!” “Ah
Signo’, siete proprio bravo
a fare le pulci a chi fa
uso dell’unico dono che
le avete dato, quello della
parola e della bugia”. “I
doni che io do si possono usare
in tanti modi e io speravo nel
buon uso, al servizio del
prossimo e del paese”. “E
io buon uso ne fo pro
domo mea e di mia sorella
e della famiglia che
uscir farò dall’anonimato e
dalla povertà”.