Come sia ridotta la Gran Bretagna oggi,
lo racconta Kit Klarenberg: Craig Murray, ex diplomatico, avvocato di Assange,
e umanitarista tutto d’un pezzo, al rientro in patria dall’Islanda, dove
aveva partecipato a una manifestazione pro-Palestina, è stato fermato
dalla polizia, è stato sottoposto a interrogatorio, infine ha subito il
sequestro di telefonino e computer. Per inquadrare meglio questo episodio
potremmo dividere la storia del declino britannico in due periodi. Il primo,
che va dal 1918 al 1956 (Suez), è quello degli intrighi: lo status imperiale
resta in piedi formalmente, grazie alla benevolenza e all’appoggio degli Stati
Uniti, unici, veri vincitori della Grande Guerra, ma senza la forza industrial-militare
di un tempo, gli intrighi sono lo strumento principale per l’esercizio di una
finta egemonia. La politica di “appeasement” nei confronti di Hitler per
spingerlo contro l’Unione Sovietica - Monaco ne rappresenta il momento più
scenografico - è un primo esempio; il secondo ci riporta all’origine del
disastro odierno in Medio Oriente, e sono le parole di un futuro primo
ministro, Ramsey MacDonald, a descriverlo con precisione: "Abbiamo
incoraggiato una rivolta araba contro la Turchia promettendo di creare un regno
arabo dalle province arabe dell’Impero Ottomano, compresa la Palestina. Allo
stesso tempo, incoraggiavamo gli ebrei ad aiutarci, promettendo loro che la
Palestina sarebbe stata messa a loro disposizione per l'insediamento e il governo,
e, allo stesso tempo, stipulavamo segretamente con la Francia l'accordo
Sykes-Picot per la spartizione del territorio che avevamo incaricato il nostro
governatore generale dell'Egitto di promettere agli arabi. La storia è di cruda
doppiezza, e non possiamo aspettarci di sfuggire alla riprovazione che ne è il
vero seguito.” Segue l’originale; le parole sono del 1922, e la traduzione è
di Google. Il secondo periodo va dal 1956 a oggi; l’impero è
un ricordo del passato, e la Gran Bretagna si inventa il ruolo di tuttofare al
servizio del nuovo egemone. Tra queste funzioni c’è quella di fabbricare
patacche: tra le più recenti si possono ricordare il Dossier Steele, al centro
della campagna per delegittimare Trump, gli attacchi chimici in Siria, il
tentato avvelenamento con Noviciok di un ex spia russa e della figlia, poi
fatti sparire nel nulla, il tentato avvelenamento di Navalny, che l’ospedale La
Charité di Berlino non ha riconosciuto, l’antisemitismo di Corbyn, il
massacro di Bucha in Ucraina, ecc. Ora Jonathan Cook ne aggiunge una nuova di
zecca: la Gran Bretagna - conservatori e laburisti - è accanto a Israele nel
perseguire l'obiettivo di sottoporre a revisione la legge internazionale per
rendere legittimi i ripetuti attacchi a Gaza. I cardini di questa revisione
sono due: 1) come le balle, se ripetute indefinitamente, diventano verità, così
i crimini se ripetuti diventano normalità; 2) a Gaza non c’è un governo, ma
un’organizzazione terroristica, Hamas, che comanda, e, come la storia recente
dimostra, nella guerra al terrorismo tutto è permesso. Ciò equivale a dire che
sostenere la causa palestinese a Gaza significa fare il gioco Hamas, dunque
essere complici del terrorismo, e per questo è già molto che Craig Murray non
sia finito in galera. Morale: le patacche, le falsità portano allo stato di
polizia.