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domenica 1 ottobre 2023

L’ABIEZIONE POLITICA 
di Luigi Mazzella 


Ennio Flaiano

Quando Ennio Flaiano diceva, con comprensibile orgoglio di non essere “democristiano” e di avere consimile ripugnanza per il fascismo e per il comunismo, indicava, senza dirlo espressamente, l’unico percorso che possa portare ad evitare l’abiezione politica. Le sue parole, pur nel riconoscimento (formale) delle qualità intellettuali dello scrittore, peraltro innegabili, sono sempre rimaste inascoltate nel nostro Paese, massacrato in ordine temporale prima dal Fascismo e poi dalla Democristianeria, dal Comunismo e dal neo Fascismo alla Salò di Giorgia Meloni. Continuano, invece, a essere illustrati personaggi e raccontate storie che andrebbero dimenticate, con la speranza che non si ripetano; si “commemorano” fastosamente le tappe del declino di un Paese che avendo conosciuto, come l’Italia, molte tragedie non riesce a evitare che si verifichino, con effetti ancor più dannosi, le troppe “farse” successive ai drammi di cui parlava Marx. Il Paese da due millenni è infestato da assolutismi religiosi e da circa due secoli da ideologie ugualmente astratte, irrazionali e funeste come quelle collegate a visioni della vita pubblica di tipo fascista e comunista. Un tale clima consente la sopravvivenza e la fortuna politica soprattutto di personaggi che non possono non arrecare danni alla collettività nazionale. Chi respira, fin dall’infanzia, aria di  assolutismi intolleranti, coltiva necessariamente il desiderio di imporsi come “capo” ai suoi coetanei e, dando ben presto ascolto alla sua maturata vocazione e natura tirannica, anche se abbandona l’autoritarismo religioso non trascura il Verbo, ugualmente incline al dispotismo, dell’idealismo tedesco di Hegel: si limita a passare dalla sua versione di destra a quella di sinistra o viceversa; stando attento a non perdere la sua qualifica di  “idealista” che è considerata la fonte irrinunciabile del suo inesauribile odio verso gli altri (id est, quelli che non la pensano come lui). D’altronde, strutturalmente e psicologicamente, un fascista equivale in tutto e per tutto a un comunista, non solo per la violenza del messaggio politico ma anche per l’obbedienza pronta, cieca ed assoluta nei confronti dei Capo: dare il cervello all’ammasso è una necessità per tutti i fanatici dell’idealismo teutonico, “amanti dell’ordine nel pensiero”. Ora se si può anche ritenere che diventare comunista o fascista possa costituire una disgrazia anche relativamente incolpevole, il fatto successivo che si plauda ad invasioni feroci di popoli privati della libertà, come avvenne ai tempi dell’Unione Sovietica o a guerre spietate, anche attuali, o a bombardamenti distruttivi, come quelli pluridecennali dei Nord-Americani usciti vittoriosi dal secondo conflitto mondiale, significa inoltrarsi disinvoltamente in tutte le tappe del percorso dell’abiezione politica. A maggior ragione, quando si passa da una precedente adesione alla politica tirannica dei bolscevichi creata da Lenin e da Stalin all’encomio successivo delle guerre degli Stati Uniti d’America in nome di un atlantismo, maturato frequentando logge massoniche o banche controllate da Israele, la misura per poter dare un giudizio negativo è veramente colma. Domanda finale: È verosimile che di ciò tengano conto i fanatici delle “commemorazioni”?