Milano,
25 novembre ore 11,30 Piazza Cairoli, sono in ritardo il presidio iniziativa
alle 11: presidio per La Giornata Internazionale contro la Violenza sulle
Donne”, qui come a Roma e in molte altre piazze oggi, in Italia e nel mondo, in
Italia organizzato dalla piattaforma Non Una Di Meno. Esco dalla metropolitana
una fermata prima, Cadorna, perché quella di Cairoli è ovviamente evitata; sono
due passi e arrivo nel mare di persone che hanno riempito tutta la piazza,
quasi fino alla fontana di fronte al castello Sforzesco. La
folla insiste larga fino all’inizio di via Dante creando una enorme circonferenza.
Non so valutare il numero ma siamo migliaia si sente parlare di 30 mila. È una
moltitudine composta, al mio arrivo. Ci sono donne adulte, ragazze, bambine, ma
anche tanti uomini adulti, ragazzi, bambini, c’è attenzione alla voce che
scandisce il nome della vittima, il modo in cui è stata uccisa, il luogo; oltre
100 le donne, le ragazze, che dall’inizio dell’anno sono state spente alla
vita. Mi colpisce sentire più volte: “uccisa a colpi di accetta”; è una morte
atroce, come è possibile che faccia una cosa simile un “amore”, colui che ha
magari avuto dei figli con quella donna, una persona preziosa che poi ha
ucciso.
Sento in radio mentre sono in piazza, che si dice: “non dimentichiamo
gli orfani”. È vero, non ci si pensa molto a questo pauroso aspetto che
accompagna spesso il femminicidio, qualcosa che si amplifica in intere vite,
enormità di una immensa tragedia, ferita indelebile. C’è brusio in piazza
mentre il triste conteggio si propaga dal microfono, c’è tristezza, c’è commozione,
ad un certo punto ecco il nome di Giulia Cecchettin, il brusio diviene rumore,
si aggiunge la notizia dell’arrivo in Italia del suo assassino, Filippo
Turetta, il rumore si fa intenso, chiavi, tamburelli improvvisati,
battiti di mani, urla. Mi ricordano le manifestazioni degli anni 70, quelle
delle donne femministe, la voglia di essere presenza viva, non di reazione, ma
di mettere il paletto, la condizione, la presa di coscienza: “ORA BASTA!”.
Le
donne uccise sono vittime di una distorsione mentale creata da una educazione,
sì, patriarcale, che ha scolpito nelle menti umane una visione di supremazie e
sottomissioni, dove il supremo è il maschio. Non è mai stato valido questo
pensiero, ora men che mai… Sento
ad un certo punto che parte il corteo, non so se era previsto, non credo, ma
sono contento che si faccia, si va in Piazza del Duomo. E ad un certo punto
sento scandire: Donna, Vita, Libertà… Ecco,
giusto, non dimenticare nulla, nessuna realtà femminile in oppressione: Iran,
Afganistan, Africa… il nuovo mondo possibile si deve fare con le donne, si deve
fare insieme, nessun supremo, ma rispetto e diritto… Che
il rumore continui.