Resta ancora da aggiungere qualcosa su questo tema? Non sono già stati
illuminati a sufficienza tutti i retroscena economici, politici, storici? Non
abbiamo appreso ormai nei minimi dettagli come poté accadere e non siamo forse
a conoscenza di un buon numero di casi sfortunati, senza i quali gli
avvenimenti avrebbero probabilmente preso un altro corso? Non hanno i testimoni
oculari raccontato a sazietà della retorica ipnotica del Führer e del micidiale
apparato di controllo della Gestapo? Eppure, leggendo nella terza pagina di un
quotidiano tedesco che il bombardamento sistematico delle città è stato il
prezzo della libertà, l’unico mezzo per far guarire da una grave malattia, lo
straniero scuote la testa, prova pietà e anche una certa paura di fronte a
questo popolo incomprensibile. Dopo la distruzione di una buona parte della
storia materializzatasi in case e città (e naturalmente l’eliminazione dei più
alti gerarchi nazisti e lo scioglimento della loro organizzazione) era il
Tedesco quindi finalmente pronto per diventare un essere umano come tutti gli
altri? Ci fosse stata soltanto la guerra, condotta grazie ad una tecnica
moderna con ancor maggiore tenacia della precedente, causando decine di milioni
di vittime, l’umiliante sconfitta avrebbe questa volta potuto trovare un
contrappeso nella coscienza di chi questa guerra aveva indiscutibilmente
scatenato. E forse sarebbe ancora stato possibile venire in chiaro con sé
stessi e il mondo. Ma, sotto gli occhi di tutti, c’era lo sterminio di un
popolo organizzato a tavolino e messo in atto da appartenenti alle SS con
tipiche virtù tedesche (sterminio del quale la maggioranza non sapeva o non
aveva voluto sapere nulla). Vennero alla luce fatti ai quali nessun essere umano
provvisto d’anima è capace di credere. Non solo degli innumerevoli
sistematicamente assassinati si era tenuta scrupolosa contabilità, ma anche
della farina ossea ricavata dai crematori, destinata a tornare in patria come
concime artificiale per i campi tedeschi…
Un popolo che si era fatto un nome per la sua cultura e aveva poi voluto
ergersi a razza dominatrice, si vide all’improvviso confrontato – indipendentemente
dall’agire e dal pensare del singolo durante l’epoca fatale – con un’accusa la
cui mostruosità non lasciava scampo. Se non si voleva restare di sale, se si
voleva in qualche modo andare avanti, si presentavano solo due vie: o negare
una qualsiasi colpa e addossarla ad altri oppure riconoscersi completamente ed
indifferenziatamente colpevoli. Una distaccata autocoscienza senza pressioni
esterne non era evidentemente prevista dal piano divino. Diviso in due, il
paese ebbe modo di sperimentare ambedue le vie. Nella parte
orientale tutta la responsabilità venne rovesciata sui nemici dichiarati del
Comunismo. E, giacché gli operai, considerati comunisti per natura,
costituivano la maggioranza della popolazione, si poté tranquillamente passare
all’ordine del giorno. Alla parte occidentale toccò la sorte più dura. Una
continua contrizione, finalizzata a tappare la bocca all’opinione pubblica
mondiale e alla propria coscienza, doveva spianare il terreno all’edificazione
di una società razionale e inattaccabile basata sul rendimento.
Il socialismo è venuto meno da sé. E, con la coscienza leggera e una buona
porzione di umorismo, i compagni sono adesso alle prese con il difficile
processo di adattamento alle giornaliere follie del Capitalismo. Nell’ex Germania
occidentale, che dà il tono, non è invece cambiato molto. Semmai si alzano qua
e là voci che chiedono la prescrizione del crimine commesso. Dopo più di
cinquant’anni si dovrebbe aver espiato abbastanza, sostengono. La terza
generazione non avrebbe più nulla a che vedere con questa faccenda, per quanto
atroce essa sia stata. Il complesso di colpa, coltivato dal ceto dirigente e
dall’intellighenzia e trasmesso dai genitori ai figli, non si lascia però
estirpare dall’oggi al domani. Esso ha impedito lo sviluppo di una vita
spirituale, ha eretto barriere emozionali e intellettuali che non si possono abbattere
semplicemente archiviando un passato relativamente recente. ‘Divieni quel che
sei’, esortava un filosofo nel secolo scorso. Ma in quanto
Tedesco mi è forse permesso chiedermi chi sono?