LA POESIA NON DIMENTICA
di Zaccaria Gallo
Zaccaria Gallo
Questo intervento è stato pronunciato da Zaccaria Gallo
alla Biblioteca Ostinata di Milano, mercoledì 8 novembre, in occasione della conversazione
dell’antologia poetica su Piazza Fontana.
Oltre all’amore che ho
nutrito e nutro per Milano, non potrò mai dimenticare l’occasione veramente
straordinaria che questa città mi ha offerto: la visita, una mattina di
dicembre 2005, a Licia Pinelli, a casa sua. Aver composto successivamente
alcuni versi dedicati proprio a Licia, mi dà ora la possibilità di esternare
alcune considerazioni sulla opportunità che ha spinto Angelo Gaccione ad aver
voluto pubblicare questa Antologia dal titolo: Piazza Fontana. La strage e Pinelli. La poesia non dimentica
(Interlinea, 2023, pagg. 170 € 14,00). Per farlo, voglio partire da un paio di
frasi raccolte da Piero Scaramucci in una intervista fatta a Licia Pinelli e
pubblicata sul suo libro: Licia Pinelli -
Una storia quasi soltanto mia” (Mondadori, 1982). “Mi sembra che con un libro rimanga di più” e
“L’indifferenza non me la sono potuta permettere”.
Ha ragione! Di tanti fatti storici e accadimenti anche
comuni, per parlarne si possono organizzare incontri, convegni, riunioni, ma
credo che solo nei libri sia possibile conservare la memoria di ogni fatto ed
evento, farli conoscere, trasmetterli e aiutare a capire la verità su quanto
accade nella vita di ognuno di noi, di una collettività, di un popolo. Riflettiamo
ora sulla seconda frase. Inizierei subito con il porre una domanda: possono i
veri poeti restare indifferenti di fronte alle vicende della storia umana e
soprattutto, quando intervengono, alle vicende non-umane? Possono i poeti
ignorare che, da sempre, vi è un rapporto fra verità e post-verità, recepito come
rapporto tra libertà e dipendenza conformistica, regno dell’indifferenza, dimensione
ipnotica del disinteresse indotto e quindi dell’inazione? Tra il disimpegno e
l’indifferenza, poche mani, non vigilate da alcun controllo, intrecciano i fili
della vita di tutti, e la collettività vive all’oscuro, non se ne dà pensiero;
e se poi anche dovesse pensarci, finisce per attribuire alla fatalità la responsabilità di ciò che investe tutto e
tutti, e a ritenere che la storia non
sia altro che un grande avvenimento naturale, del quale restano vittime tutti:
chi ha voluto e chi non ha voluto, chi sapeva e chi non sapeva, chi era stato
attivo e chi indifferente.
Zaccaria Gallo |
La Biblioteca Ostinata
Il
tema dell’indifferenza verso la società e la politica è un tema attuale,
scottante, inquietante. L’indifferenza di fronte a ciò che è vita, società, comunità,
è uno dei mali attuali più gravi della nostra epoca. Vivere, invece, significa
partecipare, non restare inerti davanti a quello che accade, significa che
occorre prendere posizione in modo attivo e consapevole, se si vuole provare a
cambiare la società. A maggior ragione i poeti, che hanno libera la loro
voce, non possono ignorare quanto accade attorno a loro ed esentarsi dal trasmettere,
alla memoria collettiva, tutti quei crimini che non devono più ripetersi. L’indifferenza
agisce in modo irresistibile nella storia, ne è il peso morto. Opera passivamente, ma opera. Ѐ la perversa materia che uccide la ragione, risultato di una
società malata. Da qui, credo, sia verosimilmente nata la necessità che ha
mosso Angelo Gaccione a raccogliere le voci della poesia, attorno a un fatto
emblematico, che si è sempre voluto ricoprire con l’indifferenza. Angelo
Gaccione ha ricercato dunque i poeti che non sono stati, e non sono
indifferenti, alla strage di piazza Fontana e all’omicidio di Pinelli e con
questa Antologia ha coperto un vuoto. Perché la Poesia? Angelo
lo dice: esiste una sterminata mole di documenti giudiziari, scritti
giornalistici, inchieste televisive romanzi, racconti letterari, fumetti, film,
documentari, dipinti, album fotografici, canzoni e ballate, rappresentazioni
teatrali. Marginale, o forse meno nota, è
la produzione di testi poetici. Angelo è scrittore, un letterato che da sempre
ama la poesia e scrive versi: e si posto l’intento di verificare se si riusciva
a colmare questo vuoto, attraverso un libro in cui raccogliere le poesie espressamente
dedicate a piazza Fontana e all’omicidio del partigiano e ferroviere Giuseppe Pinelli.
La Biblioteca Ostinata |
Perché
i poeti devono indignarsi.
I poeti devono indignarsi coltivare la poesia civile
in Italia, oggi più di ieri, è importante, necessario, utile. Coltivare la
poesia civile in Italia è un dovere, un impegno. Ai poeti spetta il compito di esercitare
il rigore logico ed il coraggio passionale per denunciare la vergogna delle
incompiutezze, delle stragi, della corruzione, delle cadute etiche, della
perdita dei valori. Ecco perché, fin dall’inizio, da quando me ne parlò, ho
trovato stimolante e degna di sostegno l’iniziativa
di Angelo Gaccione di pubblicare questa Antologia di poesie. Poesie che
dovevano avere, con notevole forza, la capacità di evocare un fatto e fissarlo
nella memoria dei lettori. Ingiustizie, sopraffazioni, dignità schiacciate. Il
mondo è incessante polveriera di deformazioni, sadismi, malvagità. In questa
situazione, forse solo i poeti hanno uno speciale sguardo verso il mondo, solo
loro hanno il soffio vitale per non fare dimenticare violenze e ingiustizie.
Sono sempre stati profeti di civiltà e varrebbe la pena ascoltarli. Poesia
civile reale, impegnata, che ha saputo trasfondere un’opinione personale in un
sentimento universale, è stata quella di Garcia Lorca, capace di unire l’esaltazione lirica con la difficoltà della
partecipazione attiva. E quella di Pablo Neruda, che con il suo sentire ha
infuso forza indimenticabile a una poesia potentemente lirica (le famose Venti poesie d’amore e una canzone disperata)
e a canzoni e odi di amore per la propria terra e il proprio popolo, di accusa
e di speranza. Su un piano diverso Edgar Lee Master ha liberato luce dall’opacità delle lapidi. Nella sua Antologia di Spoon River (che
sappiamo essere stata così cara a Pino Pinelli e che non a caso apre la nostra
Antologia), il poeta americano ha celebrato, senza retorica, il
ricordo delle persone comuni, edificando attraverso epigrafi tombali un mondo
di uguali. Per restare in Italia, grande poeta civile è stato Giacomo Leopardi che
ha condannato mediocrità, viltà e corruzione, connotati negativi da tempi
immemorabili del nostro Paese. E si potrebbero citare altri poeti che nel
Novecento non hanno trascurato di far udire la loro voce sul rispetto dei
valori fondamentali su cui si costruiscono le comunità. I poeti contemporanei,
bisogna anche dirlo, hanno mostrato di aver paura di cadere nella retorica o
nella prosopopea quando hanno dovuto affrontare i temi scottanti della
problematicità civile. Guerre, ingiustizie, corruttele, mafiosità, disonestà,
violenze, crudeltà, turpitudini, droghe, schiavitù, sono temi dai quali i poeti
degli ultimi anni, in massima parte, sono rifuggiti. Con qualche eccezione.
Penso a Pier Paolo Pasolini (“Patmos” nella Antologia) all’ultimo Giovanni
Raboni (Ultimi versi, Garzanti, 2006). A Elsa Morante che ha
scritto uno straordinario libro di poesie: Il mondo salvato dai ragazzini”
(Einaudi, 1968). In questo piccolo capolavoro (un po’ negletto) la scrittrice
ipotizza che il mondo può salvarsi solo se i governanti e la gente perderanno i
connotati di malvagità che li ha sempre accompagnati e sapranno recuperare
ingenuità e onestà. I poeti hanno dunque la voce che può essere ascoltata da
tutti, potenti e umili. La poesia e la letteratura vivono nella lotta contro la
falsificazione della realtà, traggono forza dall’indipendenza dalla politica e
sono espressioni di libertà. E non sono mai state inutili. Mi piace sempre
ricordare che, nel film Sacrificio di Tarkovskij, un bambino
porta un secchio d’acqua a una piantina rinsecchita. Quell’alberello smilzo ha
tutta l’aria di essere ormai morto. Immagine che però vuol dire qualcosa.
Forse, ma solo forse, portare l’acqua è un gesto inutile. Così scrivere poesia,
fare arte, può sembrare inutile in un mondo rinsecchito. Invece è simbolo di
chi non si arrende mai, non cede al nulla, alla disperazione, alla mancanza di
fede e speranza. In questa Antologia tutte le poesie pubblicate,
ognuna di loro e tutte le testimonianze, ci fanno entrare in quella maledetta
stanza della questura di Milano la notte in cui Pinelli trovò la morte dopo il
tragico volo attraverso una finestra. Ci fanno entrare nella casa di Pino
Pinelli, incontrando Licia e le sue figlie; ci portano lì, a Carrara, dove Pino
è sepolto e dove possiamo leggere sulla lastra tombale quella poesia tratta
dall’Antologia di Spoon River a lui così cara.
La copertina del libro
Milano è città che ho amato e amo profondamente. L’ho
dichiarato in apertura di questo scritto. Ma Milano e i milanesi, tutti coloro
che non hanno paura della verità, non possono non conoscere anche un’altra
storia: quella delle due lapidi di Piazza Fontana. Una storia che nelle ultime
pagine l’Antologia ripercorre con rigore e partecipazione per non dimenticare.
Credo che
questo libro dovrebbe entrare in ogni casa, essere in bella vista per chi ci
vive e chi vi arriva ospite: ha molto da dire a chi pensa sia possibile
costruire un futuro diverso dal passato.
La copertina del libro |