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martedì 28 novembre 2023

MAMMINE
di Lodovica San Guedoro
 


Un passante, appena uscito di casa, cammina sul marciapiede. È soprappensiero, a tutto sta pensando, salvo che alla… carrozza. Ed ecco che, da dietro l’angolo, ne vengono avanti tre… affiancate… All’improvviso, sul vasto marciapiede, non c’è più posto per il passante. E, nella testa del passante, non c’è più posto per i suoi pensieri…
Eppure, diamine! avrebbe potuto essere impegnato, in quel momento, con una nuova teoria della relatività o una nuova Bibbia!
Il passante deve abbandonare i suoi pensieri, deve farlo, per pensare a come cavarsela, in questa – relativamente - di molto più importante strettoia esistenziale.
In secoli bui, fra gente illustre e di temperamento, scorreva, è vero, il sangue, per le precedenze su un marciapiede. È anche vero che, allora, magari, il marciapiede sarà stato così stretto che due uomini non potevano passarsi a fianco, e chi scendeva sarà finito coi piedi nel rigagnolo… Ma oggi delle semplici carrozze hanno l’ardire di negarti il varco, quando vanno affiancate in tre su un marciapiede! E sono corazzate e bullonate e acciaiate, attrezzate di certe ruote che, se ti danno sugli stinchi o ti passano sul piede, sei azzoppato per la vita!
Le mammine stanno tenendo conciliabolo, parlano di sicuro di neonati, sono assai comprese di sé, e impassibili; non si sa, addirittura, se vedano il passante, non tradiscono emozioni… Ma, all’ultimo momento, lo vedranno?
Il passante dubita…
D’altra parte, sente lievitargli dentro la calda stizza e non vuole cedere il passo a quelle vesciche gonfiate, non vuole che si montino un altro po’ la testa.
Ma il piede, il piede rischia… Ed ecco che, un attimo prima della collisione, una delle carrozze rallenta e si tira di lato per metà della sua larghezza stessa, non accorda di più, ma è sufficiente, al passante, per sgattaiolare…
Non al suo onore, però, per illudersi che, qualora la mammina avesse deciso l’opposto, non si sarebbe servilmente tirato lui, di lato. Di conseguenza, la nuova teoria della relatività è dimenticata e così la nuova Bibbia.


 
Il passante è, ciò malgrado, approdato a un… va be’… chiamiamolo caffè. Vedremo presto come anche questa denominazione poco o niente s’attagli alla cosa. Ma, per ora, presupponiamo che quello in cui è entrato sia un caffè, dato che così canta l’insegna. Qui forse egli potrà mettere giù qualche pensiero, sulla nuova teoria della relatività o sulla nuova Bibbia, ancor non sa, non ha riflettuto a fondo… Ed ecco, si siede a un tavolino e fa tutto quello che in un caffè si fa… Ordina una tazza di caffè, si alza a prendere il giornale per dare un’occhiata ai titoli… Così, tanto per riscaldare un po’ la mente. Tenta anche di studiarsi un po’ la gente, ma quella poca sta studiando lui, oppure tiene lo sguardo fisso nel vuoto di un’agonia senza fine. Abbassa lo sguardo sul giornale. Un’irrequietezza senza nome s’impadronisce di lui, e, se fosse sincero, se non si autoingannasse, uscirebbe subito, se la svignerebbe prima ancora di vedersi portare il suo caffè. Si costringe, tuttavia, a leggere qualche titolo…
Ahimè, che temi sconfortanti…
Politica, economia, computer, telefonini, assassinii, stupri, sfilate di moda…
Salta alla cultura: istallazioni, romanzoni ebrei, Regietheater[1]
Ma, allora, è meglio tornare alla realtà! Torna alla realtà, alza lo sguardo: lo stanno sempre fissando come oziosi di una stazione di paese, ma peggio. La noia gli stringe la gola, mentre cerca d’ingollare il suo caffè.
Che prova, bere quel caffè!...



Ma possibile?
Qualcosa si muove, invece, in quell’antro di miseria!
Una mammina gli ha sorriso e, sempre sorridendo, ha tirato fuori… due grosse… tette: le sue!
E, sempre sorridendo, si è messa, con quelle, ad allattare… il baby!
Ora il passante sa che non è solo teoria!
Che, dai trattati sull’allattamento, si può passare all’allattamento vero!
Il passante, che poi è una donna, balza in piedi, turbato per la vergogna che lo assale al posto della mammina spudorata e quando, ripensando al sorriso, si rende conto che era una richiesta di complicità da donna a donna, come una domanda di “permesso”, il sangue gli monta alla testa e chiama a mezza voce quella donna una… puttana. 
La puttana magari abiterà nello stesso palazzo in cui è ubicato il caffè, ma doveva assolutamente scomodarsi, trovarsi un pubblico, anche se di scimuniti, per allattare: alla bisogna niente è più adatto di un caffè!
E così è stato scacciato.
Si addossa, preme contro il banco il petto, ha fretta, deve uscire, soffoca: infatti, è di rigore, per quel trattamento, persino pagare!
Colui che riscuote, ovviamente pensa solo a riscuotere, non ha notato nulla, non è rimasto colpito da quella rapidità d’azione.
Sorride anche lui, com’è d’obbligo, quando si riscuote.
E questo è quanto.
Tutt’intorno silenzio e cortesia: non è successo niente.
 
[1] Il Teatro della regia che tiranneggia il testo.