Rassegna sul racconto a cura di Cesare
Vergati per Bookcity 2023.
Sono
caduto in un libro. Correva voce che la vetusta biblioteca fosse inaffidabile e
vi accadessero cose inattese. Il libro era aperto sul piano d’un tavolo. Mi
avvicinai e mi chinai su quelle pagine squadernate: un leggero girar del capo,
come una perdita d’equilibrio e… mi ritrovai nel libro. Uno strano personaggio,
pallido e sottile, intravisto nell’illustrazione della pagina aperta,
fissandomi dice: «Anche tu ci sei cascato, eh?... Capita, alle volte. A me è
successo e ora faccio parte del libro. Non posso più uscirne.» «Ma io devo
uscire!» dico. «Allora devi
percorrere tutte le pagine fino alla parola Fine.» «E tu,
allora, perché non l’hai fatto?... Perché non sei uscito?» «Purtroppo,
sono diventato piatto come un foglio di carta. Ormai sono un’illustrazione. Tu,
invece, con ancora un corpo tridimensionale, se fai in fretta, puoi uscirne!...
vai, io ti accompagno fin dove posso.» Raggiungiamo
il fondo pagina quindi, con un saltello passo dall’altro verso. Lui è già
dall’altra parte. Attraversiamo le prime due pagine seguendo i ghirigori dei
sentieri tra le aiole di un magnifico giardino illustrato. Le pagine senza
figure vanno percorse in fretta lungo le frasi allineate in righe sovrapposte e
gremite di lettere e parole, come per scendere una ripida scalinata. Tuttavia,
anche in queste pagine dall’apparenza monotona si possono trovare delle
sorprese.
Infatti, le lettere e le parole non amano sempre rimanersene
tranquille al proprio posto ma, prese dalla frenesia di muoversi, si scambiano
posizione o si mettono a serpeggiare come bisce. Oppure, forse per farsi più
belle o per darsi un tono più distinto, si trasformano, rendendo difficile il
procedere. Sento già d’essermi assottigliato. Incontriamo alcune parti del
libro con strappi, buchi e dai bordi bruciacchiati, da aggirare cautamente. Mi
vengono subito in mente fogli incendiati e percorsi dal fuoco; immagino la
fiamma che ardendo insegue gli sventurati personaggi, i quali si raccolgono
tremanti ai margini estremi della pagina, fino a che anch’essi non vengono
raggiunti… li vedo accartocciarsi, annerirsi e poi ridursi in cenere
impalpabile. Il mio
compagno mi legge nel pensiero e dice: «Immagina le centinaia di parole
carbonizzate. Non più, allora, quelle parole, allegre e piene di vita, né le
vocali irrequiete e chiacchierine – sappiamo quanto le i e i loro puntini lo
siano! –, non più dunque le belle parole, qualsivoglia sia il loro significato,
ma i loro corpi irrigiditi e senza vita… molte pagine apparirebbero allora come
lividi cimiteri, punteggiati da file e file di tombe, linee di parole sommesse
come quelle di una preghiera funebre…»
Un brivido
mi scende lungo la schiena. «Ma qui, nel libro, si muore?» chiedo. «Certo, qui
sopravviene una morte senza dolore e inattesa quando nessun lettore sfoglia più
le pagine e ne legge la scrittura, quando nessuno più guarda le illustrazioni.
Non c’è dolore, ti dicevo, ma una malinconia infinita dentro le pagine chiuse
per sempre.» Giunti al
punto dove la presenza della mia guida finisce, lei mi saluta e devo proseguire
da solo. Il libro è vecchio e malridotto, quindi tanto maggiori sono gli
inconvenienti che non dipendono dalla scrittura. Gli strappi e le spiegazzature
dividono le pagine come steccati e valloni. Altre sono gonfiate dall’umidità, e
le righe delle frasi sono pericolosamente incurvate, le parole scolorite. In
questo caso ho l’impressione d’attraversare un terreno soffice e cedevole. Devo
allora, appoggiare delicatamente i piedi sui punti più marcati di quella
scrittura pallida al confine della sparizione. Più avanti, l’umidità ha
appiccicato due pagine tra loro. Mi insinuo nella fessura tra di esse come uno
speleologo in una grotta angusta. Questo è divertente, anche se stringe il
cuore poiché il libro ha subito un danno irreparabile. Allo stesso modo, è
necessario prestare la massima precauzione quando ci s’imbatte in un errore. La
parola sbagliata - anche se il suo senso rimane chiaro, come ad esempio salitudine
(invece di solitudine) -, passandovi accanto, dà vigorosi colpi di coda, vere e
proprie sferzate.
Comprensibile, vero? Infatti, dev’essere ben fastidioso
essere un errore, e per colpa di un disattento correttore di bozze! Le parole
sdrucciole, poi – come animo – sono poco affidabili proprio per la loro
natura scivolosa, si mettono a oscillare appena vi si poggia sopra un piede;
queste le salto del tutto, se sono brevi. Tuttavia, esistono delle scorciatoie,
quando non si vuole attraversare riga dopo riga, una pagina noiosa… Occorre
individuare le parole in rima, tipo fuoco, cuoco, gioco,
ecc… quindi, balzando dall’una all’altra si saltano frasi troppo lunghe. Devo
fare un lungo giro per evitare una macchia bluastra dall’aspetto fosco.
Evidentemente qualcuno – un lettore sbadato – ha rovesciato dell’inchiostro
sulla pagina. Riesco tuttavia a intravedere, quasi soffocate da quell’intenso
color turchese, alcune parole che si agitano, ancora riconoscibili, come pesci
imprigionati in acque palustri. Nelle zone più trasparenti dell’alone incerto
della macchia, riesco a scorgere la parola crudele. Questa parola, manda
riflessi metallici. Ma chi o cosa è crudele? Chi può dirlo? Sono
turbato, mentre mi viene in mente che ripercorrendo l’intero libro si potrebbe
forse ricostruire quasi tutto ciò che la macchia nasconde, basta riallacciare
il filo logico delle frasi interrotte così bruscamente. Qualcosa, tuttavia,
rimarrà definitivamente irrecuperabile. Penso con un brivido all’eventualità di
una pagina del tutto oscurata o strappata. In tal caso io non potrei
addirittura proseguire, mentre un personaggio del libro correrebbe il rischio
di sparire all’improvviso senza lasciare traccia.
La
temperatura si è abbassata bruscamente. La grande macchia blu ha coperto, oltre
ad alcuni frammenti di scrittura, anche parti dell’illustrazione; proprio
quella parte del cielo dove risplendeva un caldo sole. Lentamente, questa
eclissi ha raffreddato quasi tutta la pagina; ghiacciando in certi punti, non
solo le figure, ma anche, per un fenomeno inspiegabile, le parole. Fa freddo e…
come si scivola! resta però, nitida e luminosa in un angolo, la parola amore!
Mi accorgo d’essermi assottigliato paurosamente. Ora, devo procedere il più
veloce possibile verso il termine del libro, balzando su ogni numerino a piè di
pagina, come se attraversassi il corso d’un torrente, saltellando sopra una
fila di sassi disseminati nella corrente. Un balzo dopo l’altro, acquisisco una
velocità portentosa la quale aumenta via via che i numeri progrediscono. Al
fondo di questa rincorsa frenetica intravedo l’ultima pagina; sono esausto e
già molto sottile, quasi piatto; ma, con un balzo, sono sopra la parola Fine,
e… la scavalco. Finalmente, sono fuori e libero. Tuttavia sento che il libro e
il suo mondo prodigioso sono entrati in me per non lasciarmi mai più. [ottobre
2023]