LUNGO LA LINEA
BLU
di Angelo Gaccione
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La villetta primi Novecento come era |
Il
comportamento del Comune di Milano (e quello della “Sottoincompetenza ai Beni
Culturali”) è colpevole e schizoide nello stesso tempo. Con una mano lascia che
si possano abbattere splendidi edifici primi-Novecento facendoli sparire dalla
nostra vista e dalla nostra memoria, come è avvenuto a Piazza Trento a due
passi da Porta Romana e come sta avvenendo col genocidio urbanistico delle
villette in stile neo-medievale “tanto di moda nel romantico periodo che va
dalla metà dell’Ottocento ai primi due decenni del Novecento, spesso decorato
in stile liberty” come scrive Roberto Arsuffi su “La voce delle città” di
Urbanfile, nella zona del quartiere dei giornalisti alla Maggiolina. Parlo di
genocidio urbanistico a ragion veduta e dovremmo chiedere l’arresto dei
responsabili e poi un processo come quello intentato ai nazisti a Norimberga.
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La villetta come era |
Quella posta all’angolo tra Via Tullo Morgagni (civico
19) e via Arbe non esiste più perché in questa città, chi amministra o
possiede denaro, può fare e disfare a piacimento senza vincoli e senza
scrupoli. Avevo giusto magnificato le belle villette del “Villaggio Pirelli”
nel capitoletto “Bicocca” del mio nuovo libro: La mia Milano
(Editrice Meravigli 2023), e non mi aspettavo questo ennesimo colpo di mano. Purtroppo
sono decenni che fra amministrazioni di destra e di sinistra (lo so che
a leggere questa definizione vi viene da ridere, ma a me no) non esiste
differenza alcuna sul piano della pratica concreta, dei famosi fatti.
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La villetta come era |
Con l’altra mano, invece, il Comune sta facendo un lavoro ammirevole
risistemando parti di città e restituendo ai cittadini piazze, viali,
marciapiedi, sottraendoli al dominio ossessivo del traffico. Sono andato a
verificare di persona il riassetto lungo la linea Quattro della Metropolitana,
la Blu, quella che da San Babila arriva all’aeroporto di Linate. Da piazza
Risorgimento (ora anche la statua del poverello di Assisi ha trovato la
sua centralità) ho proseguito a piedi fino a viale Argonne da dove il
cavalcavia Buccari vi conduce al quartiere dell’Ortica e da cui si vedono i
treni della Stazione di Lambrate.
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La villetta massacrata |
Tutto il percorso: corso Indipendenza,
piazzale Dateo, corso Plebisciti, piazzale Susa, fino all’Acquabella, è
diventato un magnifico rettifilo di piste ciclabili attrezzato di verde, di
giochi per bambini e per adulti. Ci sono campetti per il calcetto, per le
bocce, il ping pong, la palla canestro; spazi per il gioco delle carte, le
altalene, e persino per saltare e fare capriole su una molleggiante gigantesca
rete. Ai lati, il percorso pedonale è allietato da piante e aiuole intervallato
da aree protette per fare ginnastica; da oasi per mamme, papà e bambini, spazi
cintati riservati ai cani, da panchine per poter leggere e riposare in
tranquillità, da sedute per il pic nic, e così via.
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La villetta massacrata |
La cosa magnifica, in
questo raccordo fra una stazione e l’altra del Metrò, è che le piazze sono
state allargate e i marciapiedi hanno sottratto spazio alle carreggiate in modo
che alle auto e al traffico è stato concesso solo quanto gliene occorre. I veri
fruitori sono diventati gli alberi, la vegetazione, le persone. Sono stati loro
ad essere messi al centro di un pezzo di città vivibile, com’è giusto che sia.
Anche attraversare è divenuto più semplice e più sicuro per i pedoni, e il grazioso
monumento a Pinocchio attorniato dal gatto e dalla volpe con la fontana ai suoi
piedi, fa tutto un altro effetto.
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La villetta massacrata |
Sosta doverosa per me in piazzale Dateo per
una visita alla libreria Centofiori; davanti al palazzo di Corso Plebisciti al
numero 9 dove abitò fino alla morte lo scrittore Vincenzo Consolo e dove andavo
a fargli visita; e sosta nei pressi dell’edificio di viale Argonne dove vive
tuttora il filosofo Carlo Sini. Qui il mio pensiero è corso alla sua salute e
alla mia.
Nella gigantesca Basilica dei martiri Nereo e Achilleo non vi entravo da
anni: da quando la casa editrice Gitti Europa con cui collaboravo, e che aveva
la sua sede in una traversa nei pressi, ha chiuso la sua attività. Era stato un
periodo di fatiche quello, ma anche di esaltante creatività letteraria e
culturale. Nonostante la vastità e i mattoni in cotto dei suoi muri, faceva
caldo in questa basilica.
La cappella laterale dedicata alla Madonna di Fatima
(gliel’hanno dedicata perché le bombe della Seconda guerra mondiale su Milano
l’avevano miracolosamente risparmiata) era aperta, e così ho potuto
ammirare gli affreschi moderni del pittore Vanni Rossi. Di lui leggevo
su “Artecultura” al tempo dell’Università. Li ha realizzati fra il 1946 e il
1950 e coprono sia alcune pareti frontali che l’intero soffitto. Vi consiglio
di andarli a vedere, la linea Blu della Metropolitana vi ci porta in un soffio.
Gli Affreschi di Vanni Rossi