Da piccolo avevo timore delle ombre, profili squadrati di persone e cose, inconcepibili e silenziose presenze che non si lasciavano afferrare. Oggi non è più così ed esse mi appaiono esseri impalpabili con cui giocare e mi diverto a inseguirle o a precederle mentre si allungano e si accorciano sino a sovrapporsi a me e sparire. Così, per non restare solo, mi appello al loro creatore per chiedergli che un’ombra, una soltanto fosse solo una lunga impronta del piede o il palmo di una mano resti a documentare che esisto e vivo. E ogni sera accendo la lampada sul comodino, mentre scrivo di me e di quell’ombra curiosa che se ne va solo per accompagnarmi in sogno tenendo desta per un altro po’ la mia vanità.