Il 2023 si è
chiuso con un bilancio tragico per l'Ucraina e per gli ucraini. Valutando le
stime delle Nazioni Unite e di alcune agenzie governative non direttamente
coinvolte nel conflitto si può dedurre che dal 24 febbraio 2022 la guerra in
Ucraina sia costata almeno mezzo milione di vittime - feriti e morti - tra
militari e civili di ambo le parti. Quasi due generazioni di ucraini sono state
distrutte in nome di interessi che nulla hanno a che fare con gli interessi
dell'Ucraina. Sul fronte del Donbass le forze russe stanno lentamente erodendo
alcune tra le più importanti posizioni ucraine - come ad esempio Avdeevka -
consolidate sin dal 2014. Gli attriti politici tra i vertici dell'esercito e la
cerchia di Zelensky stanno ulteriormente lacerando il paese. Di contro Mosca
non sembra avere alcuna fretta di chiudere velocemente la guerra, conscia del
fatto che il tempo giochi tutto dalla sua. In gran parte dell'Ucraina le
infrastrutture sono state distrutte o seriamente danneggiate dagli attacchi
russi. Dopo l'uscita dall'accordo sul grano da parte di Mosca avvenuto lo
scorso anno le infrastrutture portuali sono divenute quelle maggiormente
colpite: “la battaglia del grano” oltre a provocare perdite per centinaia di
milioni di dollari all'Ucraina ha visto quest'ultima dover rinunciare
praticamente in toto alle esportazioni marittime di cereali. Il fallimento
della controffensiva di Kiev promessa, tentata e fallita più volte nel corso
del 2023 ha messo in crisi ognuno dei presupposti dell'oltranzismo ucraino,
togliendo certezze anche a quello atlantico. John Kirby, portavoce del
Consiglio di sicurezza nazionale della Casa Bianca, ha parlato apertamente
dell'interruzione del sostegno statunitense all'Ucraina. Nonostante ciò il
governo britannico ha promesso nuovi sostegni all'Ucraina per un valore di 2,5
miliardi di sterline e quello italiano ha fatto votare al parlamento
l'approvazione dell'ottavo pacchetto per l'invio di armi a Kiev. Nel clima di
incertezza che caratterizza la politica statunitense le parole dei funzionari
della Casa Bianca, del Pentagono e del dipartimento di Stato allarmano ormai da
mesi l'attuale dirigenza ucraina: parole rispetto alle quali il ministro degli
esteri di Kiev ha persino esortato il paese “a non deprimersi”. Ma il problema
dell'inevitabile calo del sostegno statunitense è tutt'altro che l'unico: Kiev
non ha modo di costruire industrie belliche, dal momento che queste ultime
sarebbero distrutte dagli incessanti attacchi russi forse ancora prima di
essere completate ed entrare in funzione. Uno dei problemi più critici è
costituito dal numero degli effettivi: l'enorme numero di uomini persi in
combattimento si somma a quello degli uomini irreperibili e dei disertori. Il
reclutamento forzoso è ormai una realtà consuetudinaria. Come ha più volte
ribadito Arestovich - ex consigliere di Zelensky - l'Ucraina è da tempo in
bancarotta: senza il massiccio sostegno economico garantito dallo schieramento
NATO - in primis dagli Stati Uniti - l'Ucraina non avrebbe neppure la
possibilità di pagare gli stipendi ai propri impiegati, infermieri, medici,
poliziotti e soldati. Qualcuno in Europa balbetta addirittura di Minsk 3,
vaneggiando la possibilità di un plausibile ritorno alla piattaforma degli
accordi del 2014 e del 2015: piattaforma naufragata nel febbraio del 2022, dopo
otto anni di promesse mancate. Mentre la guerra prosegue sulla pelle degli
ucraini la capitolazione di Kiev appare ormai come un'ipotesi verosimile:
quello che sembra certo in termini di prospettiva, invece, è l'ulteriore
smembramento territoriale dell'ex repubblica sovietica.