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domenica 7 gennaio 2024

SPIGOLATURE
di Angelo Gaccione
 

Sorprese natalizie
 
Che strana cosa è la vita e che sorprese ti riserva… Mai avrei potuto immaginare che il giorno della vigilia di Natale, e a distanza di ben 36 anni, da Verona qualcuno mi avrebbe inviato tramite WhatsApp due foto del quotidiano “L’Arena” con una recensione ad un mio vecchio libro di racconti. La data in alto del giornale riporta: Giovedì 24 settembre 1987. È in Terza Pagina dove si pubblicavano, di regola, articoli culturali e recensioni a libri; un taglio basso su quattro colonne con occhiello e titolo. A mandarmelo è stata Maria Spinelli, appassionata e cultrice d’arte, da sempre nell’ambiente. A lei devo un magnifico incontro a Verona assieme al compianto Arturo Schwarz. Ha accompagnato le foto del giornale con queste parole: “Articolo de L’Arena trovato dietro un quadro di Emilio Tadini la scorsa settimana. Un caro saluto e Auguri di Buone Feste”. Alla mia richiesta di avere maggiori dettagli, Spinelli mi scrive: “Caro Angelo, purtroppo l’articolo io l’ho potuto solo visionare. Era sul retro di un quadro di un avvocato di Verona. Io l’ho solo visionato, in quanto dovrò fare una stima di tutto e tutto il resto dell’opera. Quindi ti suggerisco di farti una fotocopia. Comunque è stata una sorpresa anche per me…”. 


La recensione su L'Arena
del 24 settembre 1987

L’avvocato ha tenuto dietro il quadro la pagina del giornale per tutto questo tempo perché un lungo articolo, su quella stessa pagina, parla del pittore Tadini fotografato davanti ad un suo dipinto. Ignoro se sia proprio il dipinto in possesso dell’avvocato o uno diverso, ma il caso ha voluto che 36 anni dopo a vedere quella pagina e leggere il mio nome fosse questa amica veronese. La sua sensibilità e il suo affetto l’hanno indotta a fotografarla per mandarmi la recensione riprodotta, certa di farmi una gradita sorpresa. E così è stato.



Non prendevo in mano quel libro da tantissimi anni, ma ora che sono andato a vederlo, mi accorgo di aver scritto i venti racconti in un tempo molto contratto: dal dicembre del 1981 al giugno del 1982. Se hanno dovuto aspettare cinque anni prima che l’editore Bertani di Verona li pubblicasse, vuol dire che la temperie degli anni Settanta aveva fatto il suo corso e certe cose negli anni Ottanta non le si voleva sentire. Bertani stesso mi disse che aveva dovuto superare non poche difficoltà in casa editrice perché la componente femminile lo riteneva un libro “misogino”. Lo racconta lui stesso in una nota introduttiva. La sua difesa de Il sigaro in bocca fu molto decisa e il libro dato alle stampe con il sottotitolo redazionale: della trasgressione – racconti osceni. Ma leggiamo direttamente le sue parole: “(…) per la giocosità della scrittura, ed io aggiungo, in particolarmodo, per la sua immediatezza ilare che ci porta ad una serie di riflessioni sul personale e sul politico che ormai i media cercano di pilotare verso un conformismo sempre più partitico e ‘baudesco’…”. In quarta di copertina si parla di racconti “libertari e libertini, irriverenti e anarchici, strafottenti e blasfemi, realistici ed espressivi”, e ancora: “A volte volutamente volgari, a volte delicatamente poetici, letterari e illetterari insieme, finemente satirici e gustosi…”.


Il libretto con le recensioni

Quello che posso ricordare, a distanza di tanti anni, è che il libro ebbe una marea di recensioni e diede persino origine ad un libretto in cui furono raccolte molte recensioni dai giudizi positivi. Ma ricordo anche la richiesta di sequestro avanzata da un quotidiano, non so più se siciliano o veneto, il neologismo sporgaccione e che in Germania volevano tradurre questo libro. Le vicende personali di Bertani ne impedirono il successo anche commerciale. Piacque a molti intellettuali, meno al poeta Franco Fortini che me lo scrisse in una lettera. Io mi divertivo molto mentre scrivevo le storie, ridevo come un matto e più volte mia moglie mi chiese se mi stesse dando di volta il cervello. Mi arrivarono proposte di ogni genere, non solo di donne, ma di giornali erotici; non avevano capito che si trattava di racconti sull’oscenità dei poteri, di tutti i poteri, ed io non avrei mai sporcato la mia anima per danaro. Letto oggi, quel furore, quella rabbia e quella irriverenza sarebbero oltremodo necessari visto come si sono messe le cose. Certo, decontestualizzato dal sentire di quegli anni alcuni passaggi possono provocare fastidio, ma a volte è necessario prendere il lettore alla gola. Non c’è ipocrisia, e la frase di Joyce messa in apertura chiarisce subito che non ci saranno sconti: “Non lasciare intoccata nessuna verità”. Nessuna abiura, dunque, a distanza di 36 anni; e di anni io ne avevo 30 quando li scrissi. Ma non sono uno stupido, e so che nessuno scrittore serio può ritenersi completamente soddisfatto del proprio lavoro. Riconosco che aveva ragione Valerio Riva quando sul Corriere della Sera segnalava certe intemperanze, certi eccessi nel linguaggio; eccessi che hanno nuociuto ad alcuni racconti. Lo dico oggi senza averli riletti. Le lodi eccessive sono deleterie, come le critiche malevole.