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lunedì 1 gennaio 2024

ULIVI DI PALESTINA 
di Claudio Zanini
 


F. Goya

Un profondo cordoglio hanno suscitato le vittime della brutale azione terroristica di Hamas, del 7 ottobre scorso, ai danni della popolazione civile ebraica. Azione cui ha corrisposto una reazione di “vendetta” (così Netanyahu) contro la popolazione civile palestinese, tuttavia, già soggetta, da più di mezzo secolo, a continue violazioni del diritto internazionale. Dalla Nakba (“catastrofe”), cioè dell’esodo forzato degli arabo/palestinesi nel corso della guerra del 1947/48, quando più di 400.000 persone abbandonarono città e villaggi o ne furono espulse e, successivamente, si videro negare ogni loro diritto al ritorno nelle proprie terre subendo l’incessante occupazione di nuovi territori, la discriminazione etnica e religiosa, la privazione della libertà e ogni altro diritto; all’attuale brutale genocidio dei civili commesso dal regime neocoloniale e fascista d’Israele con bombardamenti indiscriminati, la distruzione di abitazioni, scuole, ospedali. “Gaza è un inferno in terra”, afferma l’ONU. Fino a quando la “biblica vendetta”? All’annichilimento dell’intera Palestina e del suo popolo? E poi?... la “Grande Israele”? A quando, invece, la Pace tra questi due popoli semiti. Per tutto questo mi sento di riproporre questi miei versi, scritti qualche anno fa.
 

F. Goya
 
Ulivi di Palestina
 
Morenti gli ulivi di Palestina
schiacciati entro mura inespugnabili;
latrano ancora i cani del deserto*
premuti sotto il cielo basso
lampeggiante d’infuocate ferite.
 
L’orrore negli occhi dei bambini di Palestina
è lo stesso che bruciava 
in quelli dei bambini di Auschwitz
eguali i loro corpi straziati a Gaza
a quelli degli assassinati da Hamas,
non diverso il pianto delle madri.
 
Dov’è la tua memoria, Israele?
Non ricordi il Golgota
del Male assoluto dei tuoi figli
quando il coltello del carnefice
affondava nella loro gola pulsante?
Non ti sovviene l’abominio
nell’avvento triste d’una nemesi,
ora che la medesima lama
lacera la gola innocente
dei bambini di Palestina?
 
Ricorda Israele, come fermò
il suo gesto Abramo
vinto dallo sguardo dell’Angelo
salvando la stirpe d’arabi e giudei,
salvando i semiti tutti;
qui, la stessa mano impugna
ancora l’arma dell’assoluta infamia,
mentre l’angelo volge la testa.
 
Rifletti, Israele, prima
che sia troppo tardi – e anche noi
dobbiamo sempre aver presente –
quanto sia labile
la memoria dell’uomo.
Non ti consoli come anche
il nostro silenzio
sia macchia indelebile
nelle nostre torpide coscienze.
 
* I cani del Sinai di Franco Fortini (Quodlibet, 1967)