Un
profondo cordoglio hanno suscitato le vittime della brutale azione terroristica
di Hamas, del 7 ottobre scorso, ai danni della popolazione civile ebraica.
Azione cui ha corrisposto una reazione di “vendetta” (così Netanyahu) contro la
popolazione civile palestinese, tuttavia, già soggetta, da più di mezzo secolo,
a continue violazioni del diritto internazionale. Dalla Nakba (“catastrofe”), cioè dell’esodo forzato degli
arabo/palestinesi nel corso della guerra del 1947/48, quando più di 400.000
persone abbandonarono città e villaggi o ne furono espulse e, successivamente,
si videro negare ogni loro diritto al ritorno nelle proprie terre subendo
l’incessante occupazione di nuovi territori, la discriminazione etnica e
religiosa, la privazione della libertà e ogni altro diritto; all’attuale brutale
genocidio dei civili commesso dal regime neocoloniale e fascista d’Israele con
bombardamenti indiscriminati, la distruzione di abitazioni, scuole, ospedali. “Gaza
è un inferno in terra”, afferma l’ONU. Fino a quando la “biblica vendetta”?
All’annichilimento dell’intera Palestina e del suo popolo? E poi?... la “Grande
Israele”? A quando, invece, la Pace tra questi due popoli semiti. Per tutto questo
mi sento di riproporre questi miei versi, scritti qualche anno fa.
F. Goya
Ulivi
di Palestina Morenti
gli ulivi di Palestina schiacciati
entro mura inespugnabili; latrano
ancora i cani del deserto* premuti
sotto il cielo basso lampeggiante
d’infuocate ferite. L’orrore
negli occhi dei bambini di Palestina è
lo stesso che bruciava in
quelli dei bambini di Auschwitz eguali
i loro corpi straziati a Gaza a
quelli degli assassinati da Hamas, non
diverso il pianto delle madri. Dov’è
la tua memoria, Israele? Non
ricordi il Golgota del
Male assoluto dei tuoi figli quando
il coltello del carnefice affondava
nella loro gola pulsante? Non
ti sovviene l’abominio nell’avvento
triste d’una nemesi, ora
che la medesima lama lacera
la gola innocente dei
bambini di Palestina? Ricorda
Israele, come fermò il
suo gesto Abramo vinto
dallo sguardo dell’Angelo salvando
la stirpe d’arabi e giudei, salvando
i semiti tutti; qui,
la stessa mano impugna ancora
l’arma dell’assoluta infamia, mentre
l’angelo volge la testa. Rifletti,
Israele, prima che
sia troppo tardi – e anche noi dobbiamo
sempre aver presente – quanto
sia labile la
memoria dell’uomo. Non
ti consoli come anche il
nostro silenzio sia
macchia indelebile nelle
nostre torpide coscienze. *I cani del Sinai di Franco Fortini (Quodlibet, 1967)