Nota
al tema già affrontato da Gabriella Galzio, su “Odissea” del 12 gennaio 2024 Patriarcato
è nome e anima di una originaria struttura sociale che prese forma millenni fa,
sollecitata anche da interessi alimentari. Il bisogno e il piacere onnivoro di
proteine animali, spinse a divisioni di compiti tra l’ambito femminile e quello
maschile, affidando prevalentemente al primo la gestione stanziale e al secondo
la ricerca di altri alimenti. Da un lato, le cure sia di fonti alimentari
vegetali, sia del gruppo sociale più statico – minori e anziani –, basilari
anche nelle strutture matriarcali, dall’altro, la ricerca di prede animali,
sviluppò una componente sociale, soprattutto maschile, più dinamica e con caratteri
aggressivi, sia per l’esercizio della caccia di tali prede – anche non facili o
pericolose –, sia verso altri gruppi sociali, mossi dagli stessi bisogni. Ma queste
divisioni di ruoli generarono caratteri di aggressività leonina tesa a dominare
anche verso l’interno del proprio gruppo. Ne derivarono spinte a una organizzazione
sociale opposta a quella orizzontale, del precedente regime matriarcale, in un
moto verticale di selezione tendente a creare un dominio piramidale, concentrato
su un vertice, spinto ad allargare la base dominata sottostante.
Le
strutture che ne sono seguite hanno drappeggiato con forme diverse la
preistoria e la storia conosciute in tutto il mondo, creando e generando re,
imperi, guerre, schiavitù e orrori, che alla coscienza critica moderna appaiono
inaccettabili quanto di difficile superamento. La ragione deriva anche dal fatto
che tale struttura verticistica e sanguinaria ha potuto percorrere secoli e
millenni grazie a milioni, miliardi di piedi di piccoli re e regni, in cellule
sociali costituite dalla famiglia. Cellula, non più spazio di decisioni
collettive, come in precedenza, ma con un capo assoluto omologo della struttura
complessiva della società, con mille piccoli re trainanti il trono del re di
tutti. Una struttura che, a garanzia della sua replicazione biologica,
impose una logica monogamica, stringente soprattutto per la componente femminile,
e benedetta da monoteismo, veste religiosa consona e legittimante vertice e tutta
la piramide. La famiglia patriarcale monogamica fu l’invenzione necessaria di
un processo durato millenni, anello fondamentale della catena autoritaria che,
benedetta dal Dio padre di tutti, era la camicia di forza imposta a volontà e
pensieri liberi, attraverso il controllo del nucleo vitale più profondo, quale
è l'eros. La creazione della famiglia monogamica è stata la cogente
necessità del passaggio dalla struttura orizzontale del matriarcato a quella
verticale del patriarcato. La storia umana ha così inanellato piramidi e
montagne di genocidi, narrate dai suoi architetti come superiori fondamenti di
diritti e sviluppo, di magnifiche sorti e corti adornate da altari dedicati a
hybris dalla sete mai appagata, in patrie corredate da corone di criminalità,
droghe e altri scempi collaterali, dipinti come naturali e/o inevitabili prezzi
del mito di un progresso che irride ogni limite.
In
tale porto, incrocio di luci e melme di abbrutimento, le intelligenze migliori
dei dominati – di ogni razza e identità sessuale – hanno davanti il compito di
reinventare forme di strutture sociali orizzontali. A noi contemporanei è posto
il compito culturale e antropologico di non arrenderci allo stato di cose che,
nell’apice di sviluppo degli attuali mezzi di distruzione, sfocia in prospettive
e sbocchi apocalittici. Ne deriva la necessità di una utopia, pur visionaria, di
salvezza di tutta l’umanità. Un compito estremo, dettato dalla necessità di
sopravvivenza non solo del genere umano, sogno calpestato dalla storia
millenaria di deliri, in nome di Dio, di razze e altre bandiere o pretese di
civiltà. È una eredità che chiede di invertirne senso e prospettive, qui e
ora, di fronte al contesto mondiale di un capitalismo divaricato tra
imperialismo fornace di guerre continue e prediche di libertà assoluta, con rottura
di ogni senso del limite dell'ideologia neoliberista. Ne scaturisce il caos
babelico cui siamo approdati, con una esplosione di contraddizioni insanabili che
rendono, per i poteri finanziari dominanti, armamentari superflui anche le
strutture della famiglia monogamica. La forma ossimorica di dominio libero e
invisibile, qual è la pretesa e il carattere del capitalismo globalizzato,
tende contemporaneamente a distruggere ogni identità e potere intermedio, da
quello dei singoli Stati a ogni altro nucleo sottoposto, compresa la famiglia fin
qui esistita. All’attuale potere dominante interessa creare un universo liquido
indistinto di consumatori, con cellule ideologicamente libere. Ne derivano crisi
crescenti a tutti i livelli sociali, inclusa la famiglia tradizionale, nostalgicamente
rincorsa dalle forze politiche più retrive e attaccate come Bruchi di Alice di
un Paese delle meraviglie, passato e travolto. In parallelo, si sviluppano campagne
e rivendicazioni di diritti civili, che danno spazi ben più ampi di quelli
dedicati, da massmedia e forze progressiste, ai crescenti impoverimenti e
disparità sociali. È
la povertà la santa madre sempre incinta, che il padre-potere spinge a figliare
fiori del male sulla giostra del suo libero inferno, con poche uscite di sicurezza
per la sopravvivenza. A queste vengono offerti mille canali, 24 ore su 24, che
riempiono di chiacchiere, emozioni e propaganda, necessari a compensare la
chiusura di orizzonti e i vuoti di comunità di uno Stato-finanza, contenitore
di una Caoslandia dal ventre ricco di futuro tempesta, tra aree di illegalità e
violenze diffuse, contrastate da pochi eroi sull'altare dalla retorica
democratica. A tale vuoto non sono concessi riposo e punti di arrivo, è utero e
vortice di incessanti progetti del futuro sognato da onnipotenze tecnologiche,
che siano microchip incorporati, chat-gtp e altro, di una intelligenza
artificiale transumana, dominante su miliardi di disperati, abbacinati come i
nativi colombiani da specchietti, da magie tecnologiche e tsunami massmediale,
tra deliri egolalici dei social, blabla incessanti dell'informazione e overdose
emozionali di un'arte cinevisiva in gran parte addomesticata. E la
letteratura, la filosofia, la poesia? Non sono un problema, pochissime quelle
che incarnano visioni e pensiero critico, e ancor meno quelle lette e
condivise: quattro gatti che non creano problemi alla nostra superiore
democrazia!
Ma
anche entro tali contraddizioni tra stati soggioganti e declamazioni di massima
libertà, le migliori energie umane resistono nei bisogni di coscienza critica e
di capacità di sviluppare comunque relazioni positive: veri miracoli, come
quelli evocati da un alieno in un film di fantascienza, che definiva gli
esseri umani strani soggetti, capaci di dare il meglio di sé solo nelle
peggiori condizioni. L’augurio è che queste superiori qualità non
aspettino condizioni irreparabili per manifestarsi e acquisire una consistenza
sufficiente all’avvio di cambiamenti necessari alla sopravvivenza della vita,
non solo del genere umano. [31
gennaio 2024]