IL DECLINO DELLA DEMOCRAZIA ITALIANA di
Franco Astengo
In
un quadro generale di fortissima difficoltà del sistema di relazioni internazionali
che si trova ormai sull'orlo del conflitto globale e di vera e propria crisi
delle democrazie liberali insidiate da "democrature" e autocrazie di
vario tipo la democrazia italiana sembra proprio aver imboccato la strada del
declino in uno scenario nel quale potrebbero presentarsi variabili
imprevedibili. Così con un declino apripista di possibili avventure potrebbe
concludersi la lunga transizione avviata fin dagli anni '90 del secolo scorso
con la fine della "Repubblica dei Partiti": transizione affrontata dall'establishment
politico, economico e culturale semplicisticamente attraverso lo spostamento
dell'asse di riferimento dalla rappresentanza politica alla governabilità
intesa come potere modificando così - a seconda delle reciproche convenienze -
il sistema elettorale in modo da rendere l'esito del voto pressoché
impermeabile al giudizio di elettrici ed elettori (con conseguenza di larghe
intese, governi tecnici, passaggi immediati da giallo verde a giallo rosso
ecc.). Ci si sta interrogando sulle cause profonde di questa difficoltà:
potrebbe essere allora possibile individuare due elementi fondativi:
1)
Il distacco dalla Costituzione Repubblicana vero fondamento della
"democrazia antifascista", trasformata in "democrazia
afascista". Gabriele Pedullà e Nadia Urbinati (Democrazia afascista,
Feltrinelli) la descrivono come preparatoria di un mondo gerarchico e statico;
una società della cieca deferenza, dove c'è chi è in alto e c'è chi è in basso
e dove chi è in basso, persuaso che le sconfitte sono solo eventi personali,
deve piegare il capo rinnegando un secolo di conquiste democratiche. Il grande
nemico della democrazia afascista è infatti l'uguaglianza sociale e politica.
Crescono così invidia, risentimento, frustrazione e ci si rivolge al populismo
rifiutando l'idea della politica come "motore sociale". In questo
modo si anestetizza lo stesso schema bipolare che si sta consolidando come
espressione del sistema politico perché entrambi gli schieramenti finiscono
prigionieri di quelle che sono state definite "concezioni
avaloriali", ipermaggioritarie, notabiliari e aconflittuali limitandosi a
gareggiare - appunto - per la gestione del potere; 2)
L'altro elemento di declino è stato rappresentato dalla presenza (anche
dirompente) delle cosiddette "proposte terziste", né di sinistra, né
di destra, che hanno portato ad un analogo effetto anestetizzante omologo a quello
provocato dal distacco dalla Costituzione antifascista. Nel suo "Categorie
dellaPolitica, dopo destra e sinistra" Vincenzo Costa
individua nella crisi di legittimazione della democrazia liberale l'incapacità
di intercettare i cambiamenti e le istanze di quello che viene definito,
riprendendo Habermas: "il mondo della vita". Così il né di destra e
il né di sinistra si traduce in un ritrovarsi nel manifestare diffidenza verso
i ceti popolari cui è attribuita lo stigma di "sconfitti della
globalizzazione". Se la destra è sempre stata intrisa di uno spirito
suprematista e "iper classista", la sinistra sembra adeguarsi in un
atteggiamento escludente nei confronti di chi dispone di minore capitale
economico e culturale. Il punto di contrasto di questo stato di cose
risiederebbe allora nel reingresso delle masse popolari nella gestione della
politica: elemento questo progressivamente assente con la fine dei grandi
partiti a integrazione di massa sostituiti proprio dal polverone populista del
"né di destra, né di sinistra" (che non è stato soltanto appannaggio
del M5S).
Servirebbe
un recupero di identità che potrebbe realizzarsi soltanto convincendo che la
politica rimane lo strumento più efficace a cambiare la condizione sociale. La
riaffermazione della Costituzione Antifascista, della visione che contiene il
suo testo dei rapporti sociali, delle forme di strutturazione istituzionale, di
disegno per il futuro rappresenterebbe la chiave di volta per delineare la
costruzione di una nuova identità democratica: nel frattempo però ci aspettano
prove molte ardue e non pare che ci si stia attrezzando a sufficienza per
affrontarle adeguatamente.