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lunedì 18 marzo 2024

IL POEMETTO DI DE NAPOLI
di Tommaso Di Brango
 

 
Giovanni Pascoli ha spiegato, con chiarezza forse ineguagliabile, che, se si vuol diventare adulti e andare incontro alle sfide del mondo, occorre dare ascolto alla voce di quel fanciullino interiore che solo i poeti sanno esprimere con parole. Non c’è dunque da sorprendersi se, nel corso della sua ormai lunga carriera di poeta, Francesco De Napoli ha, di tanto in tanto, sentito il bisogno di tornare a riflettere su sé stesso, sui ricordi d’infanzia, sulla cultura contadina della natia Lucania. Se non l’avesse fatto, non avrebbe potuto misurarsi con la crisi della sinistra, il dilagare del neocapitalismo, la fine (reale o presunta) delle ideologie e i provincialismi della repubblica delle lettere. Così, dopo aver dato alle stampe la versione in volume unico della sua Trilogia dell’infanzia, nell’ormai lontano 2011 (vedi F. De Napoli, Carte da gioco – Trilogia dell’infanzia, Venosa (PZ), Osanna edizioni, 2011), l’autore de La dinamica degli eventi si è messo d’impegno per realizzare un poemetto intitolato Ventilabro – Scotellariana, pubblicato a Roma nel 2019. Si è trattato di un lavoro lungo e denso – al termine del libro si legge: «Cervaro, 2012-2019» –, dal quale traspare l’intenzione di chiudere una volta per tutte i conti coi fantasmi di un passato refrattario a qualsiasi tentativo di dargli un ordine e sempre gravido di sorprese. Al centro del libro ci sono due temi: la Lucania e il magistero umano e culturale di Rocco Scotellaro. La prima, infatti, finora, era stata, per De Napoli, una specie di “terra di mezzo” tra realtà e fantasia, un punto di riferimento ideale e valoriale di cui, tuttavia, era difficile saggiare l’effettiva consistenza nella realtà. Il secondo, invece, è stato a lungo, per il poeta lucano-cassinate, parte di un personale ed eterogeneo Pantheon letterario ed etico-civile in cui ora trovano una esplicita e liberatoria dimensione figure lontane eppure vicine sul piano affettivo come Cesare Pavese e Pier Paolo Pasolini, accanto a Leonardo Sinisgalli e ad altri autori lucani ritenuti “minori” come Isabella Morra, Albino Pierro e Vito Roviello menzionati nel poemetto.
In Ventilabro la Lucania abbandona ogni ambiguità e si mostra, finalmente, come luogo dell’anima privo di qualsiasi realtà oggettiva («In labirinti di svelati non luoghi l’anima vinta / si perde e si sazia. Placata, è resa alla terra»), mentre a Rocco Scotellaro l’autore riconosce una assoluta priorità rispetto agli altri, pur valenti maestri incontrati lungo il cammino – e da questa presa d’atto deriva il sottotitolo del libro.
A monte di questo discorso ci sono, ovviamente, motivi provenienti dal vissuto biografico di De Napoli, da sempre attento studioso di letteratura lucana – ma non solo, si capisce – nonché figlio di una terra da cui è stato strappato quando era ancora in fasce.
Come emerge dalla Prefazione di Emerico Giachery, il carico di lavoro quasi decennale che ha comportato Ventilabro ha richiesto uno studio prolungato «anche sul piano del linguaggio» - pur trattandosi, in ultima analisi, di lemmi e di espressioni non troppo ricercate. E sarebbe errato desumere il contrario, poiché De Napoli ha sempre mostrato di prediligere una assoluta aderenza lessicologica alla realtà oggettiva, che egli tuttavia riconosce come lo specchio infedele della sua coscienza. Sono locuzioni e voci “di strada” che attingono al parlato comune, ovvero ad espressioni dialettali facilmente riconoscibili e traducibili -, per quanto tutto ciò imponga un certo impegno da parte dei lettori non lucani, ai fini di una adeguata e corretta comprensione. Il tentativo di chiudere i conti con alcuni dei principali problemi a monte della sua ricerca poetica, infatti, obbliga De Napoli a un surplus di lavoro linguistico che lo porta ad adottare un lessico assai eterogeneo ma non dottorale, pronto ad accogliere forme dialettali insieme con rari aulicismi (scelti con estrema cura) catturati nella loro autentica, e proprio per questo simbolica essenza, in un impasto che conferisce un’aura ieratica al discorso. Del resto non poteva essere altrimenti, specie per un poeta che intende cantare i valori perduti di una terra che egli riconosce ormai viva soltanto nel suo cuore.


 
Francesco De Napoli
Ventilabro - Scotellariana.  
Edizioni Graphisoft, Roma, 2019, p. 48.