Giovanni
Pascoli ha spiegato, con chiarezza forse ineguagliabile, che, se si vuol
diventare adulti e andare incontro alle sfide del mondo, occorre dare ascolto
alla voce di quel fanciullino interiore
che solo i poeti sanno esprimere con parole. Non c’è dunque da sorprendersi se,
nel corso della sua ormai lunga carriera di poeta, Francesco
De Napoli ha, di tanto in tanto, sentito il bisogno di tornare a riflettere
su sé stesso, sui ricordi d’infanzia, sulla cultura contadina della natia
Lucania. Se non l’avesse fatto, non avrebbe potuto misurarsi con la crisi della
sinistra, il dilagare del neocapitalismo, la fine (reale o presunta) delle
ideologie e i provincialismi della repubblica delle lettere. Così, dopo aver
dato alle stampe la versione in volume unico della sua Trilogia dell’infanzia, nell’ormai lontano 2011 (vedi F. De Napoli,
Carte da gioco – Trilogia dell’infanzia,
Venosa (PZ), Osanna edizioni, 2011), l’autore de La dinamica degli eventi si è messo d’impegno per realizzare un
poemetto intitolato Ventilabro –
Scotellariana, pubblicato a Roma nel 2019. Si è trattato di un lavoro lungo
e denso – al termine del libro si legge: «Cervaro, 2012-2019» –, dal quale
traspare l’intenzione di chiudere una volta per tutte i conti coi fantasmi di
un passato refrattario a qualsiasi tentativo di dargli un ordine e sempre
gravido di sorprese. Al centro del libro ci sono due temi: la Lucania e il
magistero umano e culturale di Rocco Scotellaro. La prima, infatti, finora, era
stata, per De Napoli, una specie di “terra di mezzo” tra realtà e fantasia, un
punto di riferimento ideale e valoriale di cui, tuttavia, era difficile
saggiare l’effettiva consistenza nella realtà. Il secondo, invece, è stato a
lungo, per il poeta lucano-cassinate, parte di un personale ed eterogeneo Pantheon letterario ed etico-civile in
cui ora trovano una esplicita e liberatoria dimensione figure lontane eppure
vicine sul piano affettivo come Cesare Pavese e Pier Paolo Pasolini, accanto a
Leonardo Sinisgalli e ad altri autori lucani ritenuti “minori” come Isabella
Morra, Albino Pierro e Vito Roviello menzionati nel poemetto. In Ventilabro la Lucania abbandona ogni
ambiguità e si mostra, finalmente, come luogo dell’anima privo di qualsiasi
realtà oggettiva («In labirinti di svelati non luoghi l’anima vinta / si
perde e si sazia. Placata, è resa alla terra»), mentre a Rocco Scotellaro l’autore
riconosce una assoluta priorità rispetto agli altri, pur valenti maestri
incontrati lungo il cammino – e da questa presa d’atto deriva il sottotitolo
del libro. A monte di
questo discorso ci sono, ovviamente, motivi provenienti dal vissuto biografico
di De Napoli, da sempre attento studioso di letteratura lucana – ma non solo,
si capisce – nonché figlio di una terra da cui è stato strappato quando era
ancora in fasce. Come emerge dalla
Prefazione di Emerico Giachery, il carico di lavoro quasi decennale che ha
comportato Ventilabro ha richiesto uno studio prolungato «anche
sul piano del linguaggio» - pur trattandosi, in ultima analisi, di lemmi e di espressioni
non troppo ricercate. E sarebbe errato desumere il contrario, poiché De Napoli ha
sempre mostrato di prediligere una assoluta aderenza lessicologica alla realtà
oggettiva, che egli tuttavia riconosce come lo specchio infedele della sua coscienza.
Sono locuzioni e voci “di strada” che attingono al parlato comune, ovvero ad
espressioni dialettali facilmente riconoscibili e traducibili -, per quanto
tutto ciò imponga un certo impegno da parte dei lettori non lucani, ai fini di
una adeguata e corretta comprensione. Il tentativo di chiudere i conti con
alcuni dei principali problemi a monte della sua ricerca poetica, infatti, obbliga
De Napoli a un surplus di lavoro linguistico che lo porta ad adottare un
lessico assai eterogeneo ma non dottorale, pronto ad accogliere forme
dialettali insieme con rari aulicismi (scelti con estrema cura) catturati nella
loro autentica, e proprio per questo simbolica essenza, in un impasto che
conferisce un’aura ieratica al discorso. Del resto non poteva essere
altrimenti, specie per un poeta che intende cantare i valori perduti di una
terra che egli riconosce ormai viva soltanto nel suo cuore.
Francesco De
Napoli Ventilabro - Scotellariana. Edizioni
Graphisoft, Roma, 2019, p. 48.