Sin dagli
inizi del conflitto russo-ucraino papa Bergoglio si è dimostrato la personalità
istituzionale più lucida sul piano internazionale. Ha avuto chiaro, come
avrebbe dovuto essere chiaro a tutti (ma non lo è stato), che la guerra produce
solo frutti tossici: distruzione e morte. E ha detto con parole chiare come la
pensava. Sul versante non istituzionale, c’eravamo noi di “Odissea” e pochi
altri, altrettanto radicalmente nemici della guerra e dei responsabili, e per
questo insultati e persino minacciati. Ora, a due anni dal conflitto, davanti
ad oltre mezzo milione di morti, a milioni di profughi, a città devastate, ad una
economia in ginocchio non solo in Ucraina, papa Bergoglio torna a dire in modo
altrettanto chiaramente come la pensa: “È più forte chi vede la situazione,
chi pensa al popolo, chi ha il coraggio della bandiera bianca, di negoziare. (…)
Negoziare in tempo, cercare qualche Paese che faccia da mediatore”. Siccome
non ci siamo stancati di ripetere in questi due anni: “Meglio un anno di
negoziati che un giorno di guerra”, “Meglio una pace ingiusta che una guerra
giusta”, accogliamo le sagge parole di Bergoglio e rilanciamo la proposta che
avevamo fatto due anni fa, e che era contenuta in una istanza secca e precisa
firmata da centinaia di cittadini di ogni fede e professione (compresi poeti,
letterati, scienziati e uomini di cultura in genere) e che tramite il Prefetto
di Milano avevamo fatto giungere al nostro Governo, al Parlamento, al Capo
dello Stato.
Sia la
nostra patria il Paese della mediazione e la Basilica di Assisi, città mondiale
della pace, il luogo di accoglienza delle delegazioni. Trattative con la
mediazione del Vaticano, del presidente dell’Onu, di alcuni premi Nobel per la
Pace e capi di Stato di Paesi favorevoli al negoziato.
Ovviamente
dovrebbero cessare immediatamente le ostilità per permettere ai mediatori di
lavorare con serenità alla preparazione dell’incontro in tempi ragionevoli. Poiché
non c’è guerra che non si concluda prima o poi con un negoziato, occorre
iniziare subito. Si è sparso sangue abbastanza e non ne vogliamo altro.