Sul suo
nome, come avviene per la stragrande maggioranza delle città, storia e leggenda
si fondono. L’antico Silva Bella le sarebbe stato a pennello, Mortis Ara,
invece, mi ha sempre impressionato con quel tragico significato di Altare dei
morti. Le guerre di morti ne hanno sempre fatto a gran copia e qui ce ne sono
stati in abbondanza. Leggete questi versi: “Quivi cader de’ Longobardi tanti, / e tanta fu
quivi la strage loro, / che ‘l loco de la pugna gli abitanti / Mortara dapoi
sempre nominoro”(Ludovico Ariosto, I cinque canti - canto II, 88). A giudicare dai
monumenti e dalla quantità di lapidi che ho visto sui muri del centro storico,
a Mortara non si è scherzato da questo punto di vista né durante il
risorgimento né durante la Resistenza.
Ma hanno conservato la memoria di tanti
patrioti, anche se non nati a Mortara; per esempio c’è una lapide con il busto
di Cesare Battisti che “con la penna illustrò, con la spada difese, con il
martirio sacrò Trento italiana” come dice la scritta. E ce n’è una dedicata
al parlamentare socialista Egisto Cagnoni che era nato a Broni, ma a Mortara
era stato segretario della Federazione proletaria della Lomellina e si era
battuto per le leghe dei contadini. Era stato addirittura sindaco della città e
già anziano aveva aderito alla Resistenza. Morirà in Austria in una camera a
gas nazista all’età di 69 anni. Una vita luminosa. Nemmeno il beato don
Francesco Pianzola era di Mortara; era di Sartirana Lomellina, ma a Mortara
chiuse gli occhi nel 1943. Amatissimo, è ricordato come “il santo prete delle mondine”, ma lui si definiva don Niente o al massimo apostolo della
Lomellina. Quanti narcisisti di oggi dovrebbero prendere esempio da lui…
Un
piacere particolare l’ho provato davanti alla lapide che ricorda il giovane
partigiano cattolico Teresio Olivelli. Era di Bellagio, a Mortara ci era
arrivato con la famiglia quando aveva appena dieci anni. Si era formato
spiritualmente nell’Oratorio della città sotto la guida di monsignor Dughera, e
in piazza Dughera, sul muro dell’Oratorio, si trova la sua lapide. Morirà a Hersbruck in Germania il 17 gennaio del1945 a seguito delle bastonate di un
infame kapò. Aveva osato difendere con dolcezza un compagno di prigionia dalle vessazioni.
Di “egregie cose” se ne
trovano diverse a Mortara. Il Duomo, più noto come Collegiata di San Lorenzo, o
semplicemente San Lorenzo, è bello come sono belle tutte le chiese in cotto di
stile gotico lombardo. Dovete non mancare la visita all’interno, anche se già
da fuori la sua facciata è un bel colpo d’occhio. Non fosse altro che per
ammirare la pala d’altare dipinta da Giovan Battista Crespi (il Cerano) nel
primo decennio del Seicento.
Si tratta di una crocifissione in cui si vede la Maddalena che abbraccia i piedi del Cristo. Con lei ci
sono sant’Ambrogio e san Lorenzo. Prezioso un affresco del XIV secolo di autore
ignoto che raffigura una Madonna con bambino, e un altro dipinto di uguale tema risalente al 1525
circa attribuito a Gerolamo Giovenone. Il battesimo di Cristo di Paris
Bordone è invece una bella copia autografa, ma se volete ammirare l’originale
dovete andare alla Pinacoteca di Brera. È lì che è custodito.