Pagine

domenica 12 maggio 2024

TACCUINI
di Angelo Gaccione



Mortara


Sul suo nome, come avviene per la stragrande maggioranza delle città, storia e leggenda si fondono. L’antico Silva Bella le sarebbe stato a pennello, Mortis Ara, invece, mi ha sempre impressionato con quel tragico significato di Altare dei morti. Le guerre di morti ne hanno sempre fatto a gran copia e qui ce ne sono stati in abbondanza. Leggete questi versi: “Quivi cader de’ Longobardi tanti, / e tanta fu quivi la strage loro, / che ‘l loco de la pugna gli abitanti / Mortara dapoi sempre nominoro (Ludovico Ariosto, I cinque canti - canto II, 88). A giudicare dai monumenti e dalla quantità di lapidi che ho visto sui muri del centro storico, a Mortara non si è scherzato da questo punto di vista né durante il risorgimento né durante la Resistenza. 



Ma hanno conservato la memoria di tanti patrioti, anche se non nati a Mortara; per esempio c’è una lapide con il busto di Cesare Battisti che “con la penna illustrò, con la spada difese, con il martirio sacrò Trento italiana” come dice la scritta. E ce n’è una dedicata al parlamentare socialista Egisto Cagnoni che era nato a Broni, ma a Mortara era stato segretario della Federazione proletaria della Lomellina e si era battuto per le leghe dei contadini. Era stato addirittura sindaco della città e già anziano aveva aderito alla Resistenza. Morirà in Austria in una camera a gas nazista all’età di 69 anni. Una vita luminosa. Nemmeno il beato don Francesco Pianzola era di Mortara; era di Sartirana Lomellina, ma a Mortara chiuse gli occhi nel 1943. Amatissimo, è ricordato come “il santo prete delle mondine”, ma lui si definiva don Niente o al massimo apostolo della Lomellina. Quanti narcisisti di oggi dovrebbero prendere esempio da lui… 



Un piacere particolare l’ho provato davanti alla lapide che ricorda il giovane partigiano cattolico Teresio Olivelli. Era di Bellagio, a Mortara ci era arrivato con la famiglia quando aveva appena dieci anni. Si era formato spiritualmente nell’Oratorio della città sotto la guida di monsignor Dughera, e in piazza Dughera, sul muro dell’Oratorio, si trova la sua lapide. Morirà a Hersbruck in Germania il 17 gennaio del 1945 a seguito delle bastonate di un infame kapò. Aveva osato difendere con dolcezza un compagno di prigionia dalle vessazioni.



Di “egregie cose” se ne trovano diverse a Mortara. Il Duomo, più noto come Collegiata di San Lorenzo, o semplicemente San Lorenzo, è bello come sono belle tutte le chiese in cotto di stile gotico lombardo. Dovete non mancare la visita all’interno, anche se già da fuori la sua facciata è un bel colpo d’occhio. Non fosse altro che per ammirare la pala d’altare dipinta da Giovan Battista Crespi (il Cerano) nel primo decennio del Seicento. 



Si tratta di una crocifissione in cui si vede la Maddalena che abbraccia i piedi del Cristo. Con lei ci sono sant’Ambrogio e san Lorenzo. Prezioso un affresco del XIV secolo di autore ignoto che raffigura una Madonna con bambino, e un altro dipinto di uguale tema risalente al 1525 circa attribuito a Gerolamo Giovenone. Il battesimo di Cristo di Paris Bordone è invece una bella copia autografa, ma se volete ammirare l’originale dovete andare alla Pinacoteca di Brera. È lì che è custodito.