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domenica 30 giugno 2024

TIM: IL GIORNO DELL’ADDIO


Nell'indifferenza generale il "Corriere" di ieri ha titolato: Tim il giorno dell'addio alla rete. Siamo così arrivati al momento decisivo quello del conferimento (dal 1° luglio) della rete primaria (oggi un ramo d'azienda) a FiberCop che diventerà così proprietaria dell'intera infrastruttura di trasmissione telefonica dell'ex-monopolista. L'atto sarà propedeutico al passaggio successivo: la vendita della società alla holding costituita da KKR, Abu Dhabi Investiment Authority, Canada Pension Plan Investiment Board, Ministero dell'Economia e F2i. Ventimila lavoratori passeranno così ad altro datore di lavoro: la TIM rimarrà con circa 16.700 dipendenti e il 70% dell'attività in Brasile e concentrata nei servizi alle imprese: i cavi sottomarini Sparkle saranno ceduti al governo come il 3% delle torri Inwit. Un vero e proprio mutamento di paradigma.

Franco Astengo

ATTACCHI ISLAMISTI
di Maurizio Vezzosi

 
Dopo l'attentato del Crocus city dello scorso marzo, la Federazione russa è tornata a fare i conti con un attacco di matrice islamista, avvenuto questa volta nella turbolenta regione caucasica del Daghestan. L'attacco è avvenuto lo scorso 23 giugno contemporaneamente a Makachkala - capitale della repubblica autonoma – e nella città di Derbent, a ridosso del confine con l'Azerbaijan. A Derbent gli attentatori hanno attaccato una chiesa mentre erano in corso le celebrazioni cristiano-ortodosse della Santissima Trinità, aprendo il fuoco contro il custode e tagliando la gola al sacerdote Nikolay Kotelinkov, presente all'interno della chiesa. Sempre a Derbent è stata incendiata la sinagoga della città. A Makachkala sono stati attaccati un'altra chiesa ortodossa ed un posto di blocco della polizia stradale. Negli attacchi sono state ferite complessivamente 45 persone e ne sono state uccise 21, tra civili ed appartenenti alle forze di sicurezza. Dopo essere stati uccisi, alcuni membri dei gruppi che hanno condotto l'attacco si sono rilevati essere parenti stretti di un burocrate locale, subito dimessosi dall'incarico dopo i fatti. Gli attacchi in Daghestan hanno avuto luogo praticamente a distanza di poche ore quello ucraino su Sebastopoli – Crimea – condotto con missili statunitensi ATAMCS, attacco di cui hanno fatto le spese anche diversi civili che si trovavano sulle spiagge della popolare meta turistica. L'attacco di Makachkala e di Derbent segue di qualche giorno la rivolta avvenuta in una prigione di Rostov sul Don in cui alcuni membri dell'ISIS detenuti sono riusciti a prendere in ostaggio per qualche ora, fino all'irruzione delle forze di sicurezza nel corso della quale tutti i membri dell'ISIS sono stati neutralizzati: tutti - ad eccezione di uno, ferito – sono stati uccisi. Pur con alcune differenze sul piano tecnico, gli attacchi avvenuti in Daghestan sembrano essere stati mossi in buona misura dagli stessi presupposti di quelli del Crocus city, perseguendo l'obiettivo di promuovere la discordia tra le diverse etnie e le diverse confessioni della regione e della Federazione russa, far percepire come vulnerabile ogni individuo e stimolare il malcontento nei confronti della dirigenza locale e federale. Rispetto al problema della radicalizzazione islamica il Daghestan si conferma una delle regioni più complicate sia della Federazione russa che dell'intero spazio post-sovietico, sia per le sue caratteristiche etniche e confessionali sia per la propria posizione geografica, cruciale nelle rotte di trasporto terrestre che connettono la Federazione russa con il Golfo persico.

UNA VIA PER LA PACE
di Romano Rinaldi


 
Sistema Tolemaico o Copernicano della Guerra?
 
Sono due anni ormai che Papa Bergoglio ha “chiesto udienza” al despota russo. È un caso più unico che raro nella storia e forse cominciano ad intravedersi alcuni segnali, se non di disponibilità, almeno del riconoscimento delle difficoltà create a tutti dal conflitto in atto, come è emerso a partire dalla recente (15-16 Giugno 2024) Conferenza sulla Pace in Ucraina tenutasi in Svizzera. Le mire espansioniste dettate dalla dottrina della "Grande Russia" neo-imperialista professata apertamente da Putin e dal suo Patriarca Kyrill già da molti anni non potevano che portare, come inizio, all'invasione dell'Ucraina. Pochi hanno voluto vedere la tempesta in arrivo e quasi tutti non hanno creduto alle chiare indicazioni date già oltre 10 anni fa dal "barometro" della guerra, con l’invasione della Crimea da parte degli “omini verdi”, poi naturalmente sfociata nell’invasione dell’Ucraina lanciata nel febbraio di due anni fa. L'uscita da questa situazione richiederebbe, per prima cosa, la sconfessione di quella teoria politico-religiosa. Cosa assai improbabile da raggiungere sul campo di battaglia. Ben venga dunque l'intervento del Pontefice cattolico il quale, proprio perché non dispone di divisioni corazzate, potrebbe fare breccia in una ideologia anacronistica e senza senso nel mondo di oggi. Per prima cosa richiamando il "fratello" ortodosso il quale di fatto sta agendo nel proprio campo di influenza in piena blasfemia. In secundis, aprendo gli occhi al popolo russo sulla inutilità dei sacrifici a cui l'attuale politica del Cremlino lo sottopone offrendo ai giovani un futuro di odio, lacrime e sangue nei confronti dei cugini (quasi fratelli) ucraini e del resto del mondo. Mondo che non desidera essere orientale o occidentale ma che può continuare ad esistere solo prendendosi cura di quell’unica e piccola pallina azzurra del sistema planetario che orbita attorno al Sole e che ci ospita, suo malgrado, tutti quanti noi, razza umana (seppur perversa).

A  MORTARA




giovedì 27 giugno 2024

MA QUANTO BASTA?
di Alessandro Pascolini*
 


Le spese dei paesi europei della NATO per la difesa
  
Padova 23 giugno 2024. Lo scorso 17 giugno la NATO ha reso note le spese per la difesa dei suoi paesi membri, con dati consuntivi dal 2014 al 2022 e stime per gli anni 2023 e 2024 (https://www.nato.int/nato_static_fl2014/assets/pdf/2024/6/pdf/240617-def-exp-2024-en.pdf).
Mentre nel 2014 i paesi europei attualmente membri della NATO impegnarono per la difesa l'equivalente di 211,104 miliardi di dollari (G$) per un totale della NATO (inclusi USA e Canada) di 943,218 miliardi di dollari, nel 2024 l'Europa spenderà 476,191 G$ per un totale NATO che supera il bilione (milione di milioni) di dollari, ossia 1474,399 G$, maggiore della spesa totale del resto del mondo.
Le cifre sono enormi, un massimo storico, in particolare se confrontate con le stime per il 2024 della Cina (seconda massima spesa nazionale dopo gli USA) di 236 G$ e della Russia (terza massima spesa nazionale) di 140 G$: le spese dei soli paesi europei della NATO superano di 100 miliardi di dollari equivalenti la somma di quelle di Cina e Russia.
Fra i paesi europei, i bilanci maggiori sono quelli del Regno Unito (97,680 G$), Germania (82,107 G$), Francia (64,271 G$), Polonia (34,975 G$) e Italia (34,462 G$ equivalenti di 31,957 miliardi di euro).
Va tenuto conto del fatto che la NATO raccoglie i dati sulla spesa per la difesa dagli alleati secondo un proprio criterio, per cui le cifre riportate nel suo rapporto possono divergere da quelle citate dai media o riportate nei bilanci nazionali. In particolare i dati NATO comprendono come “spesa in difesa” i pagamenti effettuati dai governi per le necessità delle forze armate e del personale civile (inclusi stipendi e pensioni), gli impegni militari di altre forze (polizia, carabinieri, gendarmerie...), le operazioni umanitarie e di mantenimento della pace, gli investimenti in ricerca e sviluppo finanziati dai ministeri della difesa e da altri ministeri, nonché le spese per infrastrutture comuni della NATO.



Importo totale delle spese per la difesa
dei paesi europei membri della Nato,
espresso in miliardi di dollari 2015 
equivalenti, nel periodo 2014-2024
Viene anche indicata la percentuale
della spesa rispetto al PIL (fonte: Nato)
 
 
Per confrontare l'evoluzione della spesa in modo omogeneo nel corso degli anni, tenendo conto delle variazioni dei prezzi e dei cambi, nella figura 1 i dati vengono espressi in miliardi di dollari 2015 equivalenti.
La figura mostra un continuo aumento della spesa militare europea, con un'accelerazione particolarmente elevata a partire dall'invasione russa dell'Ucraina: si è passati da un aumento annuo del 2,5% nel 2021 al 3,2% del 2022 per poi balzare al 9,3% del 2023 fino al 17,9% del 2024. Il peso percentuale della spesa militare sul PIL, rimasto inferiore a 1,6% fino il 2020, è salito a 1,85% nel 2023 per raggiugere il 2% nel 2024.
I dati relativi alla frazione di PIL per la difesa sono particolarmente importanti per la NATO, in quanto il raggiungimento del 2% entro il 2024 era un obiettivo concordato dai paesi membri nel 2014.
Tuttavia, se globalmente il risultato è raggiunto, non tutti gli stati hanno ancora soddisfatto l'impegno. Nel 2014 solo tre paesi su 31 spendevano già quanto stabilito: gli Stati Uniti, il Regno Unito e la Grecia; nel 2021, a questi si sono aggiunti tre stati baltici: Estonia, Lettonia e Polonia e nel 2023 altri quattro: Danimarca, Finlandia, Lituania e Ungheria. Nel 2024 i paesi che superano il 2% sono 23, con il record della Polonia (4,13%); tra i grandi paesi europei solo Italia (1,49%) e Spagna (1%) sono ancora lontane dall’obiettivo. 




Per quanto riguarda l'Italia, il programma elettorale della coalizione ora al governo intendeva garantire: il "rispetto degli impegni assunti nell'Alleanza Atlantica, anche in merito all'adeguamento degli stanziamenti per la difesa"; se ora il governo volesse portare la spesa militare al 2% del PIL entro il 2024 dovrebbe aumentare il bilancio militare di quasi 11 miliardi di euro; impresa che appare francamente ardua.
Anche il personale militare dei paesi europei attualmente membri della NATO è aumentato, passando da 1,82 milioni del 2014 a 1,90 milioni nel 2021 fino a superare i due milioni (2,04 milioni) nel 2024, con un aumento nel decennio di circa il 12%. Attualmente otto paesi europei hanno oltre 100 mila militari: Francia (205 mila), Germania (186 mila), Grecia (111 mila), Italia (171 mila), Polonia (216 mila), Spagna (117 mila), Turchia (481 mila) e Regno Unito (138 mila); va osservato che è particolarmente elevata la consistenza delle forze armate della Turchia e della Polonia.




Il documento della NATO analizza la spesa dei singoli paesi, suddividendola in quattro categorie: personale, infrastrutture, investimenti e ricerca, operazioni e manutenzione. L'articolazione delle spese nelle quattro categorie è estremamente differente da paese a paese, date le diverse dinamiche politiche interne, lo scarso coordinamento fra i vari paesi, la differente consistenza dal personale militare, le implicazioni militari e di sicurezza poste dalle condizioni geografiche, lo stadio dei piani di sviluppo e ammodernamento delle forze, gli impegni internazionali e le "storie" pregresse. Per esempio, il costo medio annuo per persona arruolata varia molto da paese a paese, date le differenze del costo della vita e della disponibilità al reclutamento, con valori più alti per i paesi occidentali e molto inferiori per i paesi baltici e balcanici: nel 2024 il costo medio in dollari equivalenti dei primi supera i 100 k$, con 195 k$ in Olanda, 155k$ in Germania, 122k$ in Italia, 148k$ in UK e 150k$ in Danimarca; nei paesi baltici il costo medio varia fra 40k$ e 50k$, mentre si scende a 38 k$ in Grecia e meno di 21k$ in Turchia.
Per garantire che i fondi siano spesi nel modo più efficace ed efficiente per acquisire e dispiegare capacità moderne, gli alleati della NATO hanno anche concordato che almeno il 20% della spesa per la difesa debba essere destinato a investimenti per l’acquisto, ricerca e sviluppo di attrezzature militari "importanti" (i cosiddetti major equipment). Questo include la ricerca e lo sviluppo associati, percepiti come un indicatore cruciale della portata e del ritmo della modernizzazione.
Rispetto questa indicazione, nel 2014 solo 8 paesi superavano tale livello, con il record della Svezia col 40,47%; nel 2021 i paesi "in regola" erano già 22, mentre nel 2024 solo Belgio (15,2%) e Canada (18,6%) sono al di sotto della linea-guida e il valore mediano raggiunge il 30,85%, con il record dalla Polonia, che dedica allo sviluppo il 51,3%. Anche l’Italia ha raggiunto questo obiettivo: nel 2014 destinava agli investimenti il 10,9%, della spesa ma nel 2021 la percentuale raggiunse il 23,23% per scendere nel 2024 al 22,08%.


 
Evoluzione degli impegni di spesa
Il riferimento al 2 per cento del PIL da destinare alle spese militari compare per la prima volta nel 2006, nel vertice di Riga dei ministri della difesa dei paesi della NATO, "per continuare a garantire la prontezza militare dell'alleanza e come indicatore della volontà politica dei paesi di contribuire agli sforzi di difesa comune". Non si trattava allora di un impegno formale​​, ma della "decisione di lavorare a questo obiettivo" e il parametro del 2 per cento era stato deciso in maniera pressoché arbitraria. 
Al vertice di Newport nel Galles del 2014, in risposta all'annessione della Crimea da parte della Russia e in un contesto di crescente instabilità in Medio Oriente, i leader della NATO concordarono un impegno di investimento nella difesa (Defense Investment Pledge) per invertire l'allora corrente tendenza al calo dei bilanci per la difesa, formalizzando quanto deciso ormai otto anni prima. Tutti gli alleati dovevano impegnarsi ad aumentare la spesa per la difesa in termini reali in corrispondenza alla crescita del PIL, puntando ad avvicinarsi alla linea guida del 2% entro un decennio (quindi entro il 2024), per "colmare le carenze di capacità" della NATO. Nonostante il livello di spesa minimo sia stato formalizzato dai leader dei paesi NATO – e più volte confermato – questo non rappresenta un impegno legalmente vincolante e al momento non sono previste conseguenze o sanzioni specifiche per chi non dovesse rispettare il termine previsto. In realtà, per il presidente Donald Trump l'obiettivo del 2% doveva soprattutto riequilibrare la spesa militare degli alleati con quella americana per gli impegni a sostegno della NATO. La spinta più decisa all'aumento della spesa militare è venuta dal summit di Madrid (30 giugno 2022) che ha, fra l'altro, approvato il nuovo "concetto strategico" dell'alleanza, a guidare la politica militare della NATO nei prossimi 10 anni, tenuto conto del cambiamento strategico a seguito dell'invasione russa dell'Ucraina (https://ilbolive.unipd.it/it/news/nuovo-concetto-strategico-nato-fine-controllo).



Il nuovo concetto strategico individua nella Russia "la minaccia più significativa e diretta alla sicurezza degli alleati e alla pace e alla stabilità nell'area euro-atlantica" e propone di ripristinare il perduto senso di sicurezza dei paesi europei in soli termini militari, mediante il rafforzamento delle capacità deterrenti, sia nucleari che convenzionali, e sulla preparazione operativa a una efficace difesa armata, secondo un documento (riservato) di strategia militare. Da qui una crescente pressione per un deciso aumento delle spese per la difesa nei bilanci nazionali. Viste le esorbitanti spese previste per il 2024 e il raggiungimento a livello globale dell'obiettivo del 2% del PIL, si dovrebbe poter sperare che la spesa militare europea abbia ormai raggiunto il massimo e che possa quindi stabilizzarsi nei prossimi anni, senza ulteriori sostanziali aumenti. Invece, al Vertice di Vilnius del 2023, i leader della NATO hanno concordato un nuovo impegno di investimento nella difesa, affermando che in molti casi sarà necessaria una spesa superiore al 2% del PIL per colmare le carenze esistenti e soddisfare in tutti i settori le esigenze di sicurezza poste dal presente contesto strategico globale, "mantenendo una traiettoria positiva a fornire le capacità necessarie per una forte difesa avanzata".
Già la Norvegia intende dare una "spinta storica" alla sua spesa, che ha superato i 10,5 G$ nel 2024 (2,2% del PIL), e raddoppierà nei prossimi 12 anni e il governo britannico ha annunciato un piano già finanziato per raggiungere il 2,5% del PIL entro il 2030, con un aumento di 75 miliardi di sterline (96 miliardi di dollari).
Secondo molti osservatori, il vero problema della NATO è come vengono spesi i fondi allocati alla difesa: gli alleati europei spendono molto ma cooperano e si coordinano molto poco, rendendo la difesa più costosa e inefficiente del necessario.
Vogliamo sperare che il prossimo summit della NATO (Washington 9-11 luglio) possa mirare a ottimizzare la spesa anziché imporre ulteriori aumenti, in modo da ridimensionare la militarizzazione dell'Europa, e che riprenda una politica di controllo degli armamenti per garantire la stabilità strategica globale e la sicurezza europea.
 
*Università di Padova

 

LA LOGICA DEL POTERE
di Franco Astengo


 
La sparata del Presidente del Senato circa l'abolizione del doppio turno nelle elezioni comunali, consentendo così di eleggere il Sindaco con il 40% dei voti validi (in pratica con il 20% degli aventi diritto) pare avere un seguito negli intendimenti del centro-destra che intenderebbe procedere rapidamente in questa direzione per via legislativa. Questo elemento si inserisce in una strategia complessiva che, in una fase di forte riflusso nella partecipazione politica e nella strutturazione dei partiti segnalata non soltanto dalla presenza elettorale ormai stabilmente assestata attorno o appena al di sotto del 50%, punta decisamente ad un accentramento del potere politico - amministrativo ben oltre al primato della governabilità, trappola nella quale era caduta anche la sinistra al tempo dello "sblocco del sistema politico": slogan poi portato avanti sia dalla Bicamerale 1997-98, sia dalla proposta di modifica costituzionale poi sfociata nel referendum del 2016.
Premierato, abolizione del doppio turno nelle elezioni locali, soffocamento del decentramento amministrativo sostituito dall'autonomia differenziata (attuata in tempi di elezione diretta dei Presidenti di Regione: altro punto da porre in discussione), deperimento di ruolo dei consessi elettivi e non soltanto del Parlamento, amministrazioni provinciali elette in secondo grado, leggi elettorali ispirate proprio dalla logica del superamento della rappresentanza politica: tutti fattori che attaccano direttamente la Costituzione Repubblicana nei sui capisaldi attuativi dei principi democratici di piena partecipazione, rappresentanza, solidarietà sociale.
Intanto crescono tutti gli indicatori delle disuguaglianze economiche e sociali, si intensifica (se ancora può essere considerato possibile) lo sfruttamento delle persone, del territorio, dell'ambiente e il quadro internazionale (ben oltre i giochetti brussellesi sulle nomine) ci porta direttamente davanti allo spettro della guerra. A questo punto andrebbe aperta una riflessione ben più profonda di quella che si sta svolgendo attualmente tra le forze democratiche e progressiste: una discussione da finalizzare anche con urgenti azioni sul piano della prospettiva politica.

 

 

LIBRI
di Antonio De Santis
 

L’epistolario Pavese - De Martino
 
È uscita già da qualche mese questa terza edizione ampliata del saggio di Francesco De Napoli: La Collana Viola e l’Epistolario Pavese-De Martino, pubblicata nella Collezione Casinum del Centro Culturale Paideia in edizione numerata fuori commercio (Cassino, marzo 2024, pp. 24). Il pamphlet, già edito in Prima Edizione nel 2007, fu proposto e pubblicato sulla prestigiosa rivista Le Colline di Pavese (Anno XXXI, N. 117, Gennaio 2008) edito dal CEPAM, Centro Pavesiano e Museo casa natale di Santo Stefano Belbo, in occasione del Centenario della Nascita di Cesare Pavese. Seguì la Seconda Edizione, datata sempre 2008, nella medesima Collana Casinum. Ora l’autore potentino ma da anni trapiantato in Ciociaria, ha ritenuto opportuno riproporre il suo lavoro agli amici lettori.
L’argomento del succinto ma succoso e brillante saggio è la celebre Collezione di studi religiosi, etnologici e psicologici, meglio conosciuta come Collana Viola in virtù delle decorazioni di colore viola presenti sulle copertine di ciascun testo presente nella Collana. L’iniziativa partì nel 1948 e proseguì fino al 1956, per i tipi di Giulio Einaudi Editore di Torino, di cui era direttore editoriale Cesare Pavese. Successivamente ne acquisì i diritti, soprattutto in seguito alla scomparsa di Pavese, la Bollati Boringhieri sempre di Torino.
Una delle questioni sulle quali Francesco De Napoli ferma la sua attenzione riguarda la paternità dell’idea della Collana. Fino agli anni Sessanta si era creduto che l’idea di partenza fosse da attribuire a Pavese in quanto direttore dell’Einaudi e in considerazione del fatto che nel secondo volume delle Lettere di Pavese, edito a cura di Italo Calvino nel 1966, non c’è traccia di documenti che potrebbero testimoniare il contrario.  
Tuttavia lo studioso Pietro Angelini nel fondamentale volume La Collana Viola. Lettere Pavese-De Martino 1945-1950 (Boringhieri, Torino, 1991; seconda edizione, Torino 2022), fece notare come Calvino avesse dato alle stampe quel carteggio in maniera piuttosto affrettata e incompleta. Nello stesso tempo, Angelini sottolineò come già nel gennaio 1942 De Martino avesse inoltrato a Giulio Einaudi una lettera in cui gli proponeva la nascita di una collana di testi di “metapsichica”. A quella lettera rispose la Casa Editrice torinese con una missiva recante la sigla D.E. vale a dire Direzione Editoriale, ma in uno stile che tradiva la matrice “pavesiana” del messaggio. Fu così che i due - Pavese e De Martino - si incontrarono nella primavera del 1943 nella sede romana dell’Einaudi.
Altro argomento molto interessante approfondito da De Napoli è la “distanza” culturale e caratteriale che fin dall’inizio creò un solco tra Pavese e De Martino, per quanto entrambi sinceri e appassionati promotori della Collana Viola einaudiana, grazie alla quale furono pubblicate per la prima volta in Italia opere fondamentali di antropologia e di etnologia come L’io e l’inconscio di C.G. Jung, L’anima primitiva di L. Lévy-Bruhl, Le radici storiche dei racconti di fate di V.J. Propp, Il ramo d’oro: studio della magia e della religione di J. Frazer e tantissime altre.
Caratterialmente parlando, Pavese era uno stakanovista testardo, orgoglioso e idealista, mentre De Martino era un accorto opportunista che batteva continuamente a danari alle porte dell’Editore. I rapporti tra i due ben presto si deteriorarono, finché Pavese decise di porre fine alla sua solitudine e ad ogni altra immeritata incomprensione con il suicidio, la notte del 27 agosto 1950 in una camera dell’albergo Roma di Torino.

 

 

 

mercoledì 26 giugno 2024

SCHEGGE
di Alida Airaghi



 

Abbiamo deciso di pubblicare su “Odissea” questa nota della poetessa Alida Airaghi apparsa su “SoloLibri.Net” martedì 25 giugno 2024 perché l’eccessiva presenza di inserimenti pubblicitari rendevano fastidiosa la lettura non solo a noi.
 
Narratore e drammaturgo, Angelo Gaccione ha pubblicato numerosi libri di saggi, racconti, fiabe, raccolte poetiche e testi teatrali. Vive a Milano, dove da oltre vent’anni dirige il settimanale “Odissea”, che vanta la collaborazione di prestigiose firme internazionali. Per il suo impegno civile gli è stato conferito il Premio alla Virtù Civica. Recentemente ha pubblicato un pamphlet di aforismi, Schegge (Quaderni del Bardo Edizioni, 2024), seguendo un’inclinazione che dall’adolescenza lo vede appassionato fruitore e collezionista di questa formula di antichissima tradizione letteraria, già in passato da lui frequentata in diverse occasioni editoriali.
Il prefatore della raccolta, Amedeo Ansaldi, individua giustamente una stringente motivazione etica alla base dei testi qui presentati, la stessa che anima tutti gli interventi giornalistici di Gaccione, risentito commentatore delle più roventi questioni politiche del nostro paese.
 

 
“Da sempre sono innamorato di massime, pensieri, sentenze, aforismi, che nascono improvvisi dalla penna di scrittori come stelle dal buio, per illuminare la notte del lettore”. Esordisce nella presentazione, evidenziando la sua entusiastica adesione alla lapidaria espressione aforistica, capace di condensare in poche parole giudizi morali sferzanti, ironici, amaramente esacerbati. Le massime antologizzate sono in parte inedite, oppure provengono da precedenti pubblicazioni, anche piuttosto lontane nel tempo (Il calamaio di Richelieu, Nero su bianco, Il lato estremo, Spore).
Non numerose, ma simpaticamente divertenti, sono quelle più innocue, volte a strappare un sorriso ai lettori: “Musulmane troppo vestire. Cristiane troppo spogliate”, “Finalmente la laurea l’aveva conseguita: ora poteva dedicare il resto della vita all’ignoranza”, “La battezzarono Assunta, ma rimase disoccupata tutta la vita”, “I denti? Costano un occhio!”
 
Altre sono più severamente critiche nei riguardi della società contemporanea, ritenuta inadeguata nel rispondere alle aspettative dei cittadini, quando non addirittura corrotta e corruttrice, effimera e volgare: “Dove non c’è opposizione, c’è corruzione”, “Ogni potere stupra”, “Chi segue la moda passa di moda”, “L’imbecillità è la più diffusa virtù contemporanea”.
 
Il richiamo etico è costantemente agguerrito e polemico: “Ci sono intelligenze messe al servizio di pessime cause”, “Pretendono un mondo migliore, ma non muovono un dito perché lo diventi”, “Alta società, bassa moralità”, “Tutti i reazionari sono stupidi, ma non tutti i rivoluzionari sono intelligenti”, “La rivoluzione senza morale è una rivoluzione immorale: cioè un crimine”.
 
Non mancano gli aforismi che Angelo Gaccione riserva a sé stesso, talvolta immalinconiti, spesso sarcastici: “Mi sento così postumo che dubito di essere ancora nato”, “Io non sono uno scrittore maledetto, ma un maledetto scrittore. C’è una grande differenza”; “Spero di andare in Paradiso, almeno da morto vorrei stare largo”, “Sono contrario a qualsiasi imposizione; se mi imponessero la felicità la rifiuterei”, “Scrivo per tenere a freno l’assassino che si nasconde in me”.


Alcune riflessioni sono più articolate, quindi richiedono uno spazio meno circoscritto di quelle aforistiche. Riguardano l’arte, la letteratura, la storia, la religione. Ma è soprattutto nell’idea convintamente pacifista, a cui Angelo Gaccione ha dedicato anni di militanza politica (si veda, a riprova del suo ostinato fervore antibellicista, l’intervista rilasciata a Rai Letteratura), che il lettore riscontra una vis polemica più r
adicale, insieme alla consapevole asserzione del dovere civico dello scrittore, come dichiarano queste due incisive sentenze: “Se non vi piace la mia utopia del disarmo, dovere tenervi la vostra realtà della guerra”, “Non si scrive per meritarsi qualcosa, ma per un atto di verità”.

ASSANGE È LIBERO



Aggiungiamo, a questo dispaccio diffuso dall’Agenzia Ansa, solo una breve postilla. Un giornalista che ha denunciato i crimini di guerra dei governanti americani ha dovuto sorbirsi 1901 giorni di galera e di persecuzione; i criminali che quei crimini hanno ordito e commessi, girano liberi e riveriti da uno Stato all’altro senza mandati di cattura. Abbiamo sempre sostenuto, e lo ribadiamo, che in quanto a crimini militari i governanti degli Stati Uniti non si differenziano dai loro nemici russi. Quanto a libertà di stampa la vicenda di Assange mostra, con solare evidenza, che gli Stati Uniti hanno umiliato Assange costringendo un innocente a dichiararsi colpevole. Ci vedete molta differenza fra la giustizia russa e quella americana in questa vicenda? Onore ad Assange e onore a quanti si sono battuti per la sua liberazione.   

 

Julian Assange è libero e ha lasciato il Regno Unito e la prigione vicino Londra dove era stato incarcerato per cinque anni, ha annunciato oggi WikiLeaks dopo la notizia dell'accordo di dichiarazione di colpevolezza raggiunto con la giustizia americana. Il fondatore di Wikileaks "ha lasciato il carcere di massima sicurezza di Belmarsh la mattina del 24 giugno, dopo avervi trascorso 1901 giorni. Gli è stata concessa la libertà su cauzione dall'Alta corte di Londra ed è stato rilasciato nel pomeriggio all'aeroporto di Stansted, dove si è imbarcato su un aereo ed è partito dal Regno Unito", si legge in un comunicato pubblicato sull'account X dell'organizzazione. "Questo è il risultato di una campagna globale che ha coinvolto organizzatori di base, attivisti per la libertà di stampa, legislatori e leader di tutto lo spettro politico, fino alle Nazioni Unite. Ciò ha creato lo spazio per un lungo periodo di negoziati con il Dipartimento di Giustizia degli Stati Uniti, che ha portato a un accordo che non è stato ancora formalmente finalizzato", viene specificato da Wikileaks. "Assange dopo più di cinque anni in una cella di 2x3 metri, isolato 23 ore al giorno, presto si riunirà alla moglie Stella Assange e ai loro figli, che hanno conosciuto il padre solo da dietro le sbarre", conclude la nota.


Assange, ha accettato di dichiararsi colpevole di un reato relativo al suo ruolo in una delle più grandi violazioni di materiale classificato americano, come parte di un accordo con il Dipartimento di giustizia Usa che gli consentirà di evitare la reclusione negli Stati Uniti e di tornare in Australia. Lo riferisce la Cnn, citando documenti recentemente depositati presso il tribunale. Il patteggiamento deve ancora essere approvato da un giudice federale. Secondo i termini del nuovo accordo, i pubblici ministeri del dipartimento di giustizia chiederanno una condanna a 62 mesi, che equivale agli oltre cinque anni che Assange ha scontato in un carcere di massima sicurezza a Londra mentre combatte contro l'estradizione negli Stati Uniti. Il patteggiamento riconoscerebbe il tempo già trascorso dietro le sbarre, consentendo ad Assange di tornare immediatamente in Australia, il suo paese natale. Il fondatore di Wikileaks è accusato di 18 capi di imputazione in una incriminazione del 2019 per il suo presunto ruolo nella diffusione di carte top secret, reato che comporta un massimo di 175 anni di prigione, anche se è altamente improbabile che possa essere condannato ad una simile pena. Assange era perseguito dalle autorità statunitensi per aver pubblicato documenti militari riservati forniti dall'ex analista dell'intelligence dell'esercito Chelsea Manning nel 2010 e nel 2011. Funzionari statunitensi hanno affermato che Assange ha spinto Manning a ottenere migliaia di pagine di dispacci diplomatici statunitensi non filtrati che potenzialmente mettevano in pericolo fonti riservate, rapporti di attività significative legate alla guerra in Iraq e informazioni relative ai detenuti di Guantánamo Bay. Il presidente Joe Biden negli ultimi mesi ha alluso a un possibile accordo promosso dai dirigenti del governo australiano per riportare Assange in Australia. Funzionari dell'Fbi e del dipartimento di giustizia si sono opposti a qualsiasi accordo che non includesse una dichiarazione di colpevolezza da parte di Assange, hanno riferito alla Cnn persone informate sulla questione. Il mese scorso, un tribunale del Regno Unito ha stabilito che Assange aveva il diritto di fare ancora appello contro l'estradizione negli Stati Uniti, regalandogli una vittoria nella sua lotta durata anni per evitare il processo negli Stati Uniti per i suoi presunti crimini.
Il governo australiano ha dichiarato oggi che il caso ci Julian Assange si è "trascinato fin troppo a lungo", dopo che il fondatore di Wikileaks ha patteggiato con la giustizia Usa sull'accusa di aver rivelato informazioni riservate di difesa nazionale.


Canberra sta fornendo assistenza consolare ad Assange, ha detto un portavoce del governo australiano. Il primo ministro Anthony Albanese "è stato chiaro: il caso si trascina da troppo tempo e non cera nulla da guadagnare continuando la sua incarcerazione", ha dichiarato la fonte. 
La madre di Julian Assange ha detto oggi che il "calvario sta finalmente giungendo al termine" per il fondatore di Wikileaks. In una dichiarazione ai media australiani in seguito alla notizia di un patteggiamento con la giustizia americana, Christine Assange ha affermato di essere "grata che il calvario" del figlio "stia finalmente giungendo al termine: ciò dimostra l'importanza e il potere della diplomazia silenziosa. Molti - ha aggiunto - hanno sfruttato la situazione di mio figlio per portare avanti i propri programmi, quindi sono grata a quelle persone invisibili e laboriose che hanno messo al primo posto il benessere di Julian. Gli ultimi 14 anni hanno messo a dura prova me come madre". 
Prima di volare verso il territorio americano delle Isole Marianne Settentrionali nel Pacifico, l'aereo con a bordo Julian Assange si fermerà a Bangkok per fare rifornimento: lo ha comunicato oggi un alto funzionario tailandese. "Il volo atterrerà intorno alle 11:50" ora locale (le 6:60 in Italia) "da Londra. È previsto il rifornimento di carburante e acqua prima di partire alle 21 per l'isola di Saipan", ha detto la fonte coperta da anonimato.
Assange andrà nel territorio Usa dell'Oceano Pacifico per affrontare un giudice come parte di un patteggiamento che dovrebbe ridargli la libertà e la possibilità di tornare nella sua nativa Australia. Il 52enne ha accettato di dichiararsi colpevole dell'unica accusa di cospirazione per ottenere e diffondere informazioni sulla difesa nazionale, secondo un documento depositato in tribunale nelle Isole Marianne Settentrionali. Si prevede che comparirà in tribunale mercoledì mattina ora locale. Assange è stato accusato di aver pubblicato circa 700.000 documenti riservati relativi alle attività militari e diplomatiche degli Stati Uniti, a partire dal 2010. 

 

POETI
di Alberto Figliolia



“Scusa, caro, hai venti centesimi?”
 
“Scusa, caro, hai venti centesimi?”
La richiesta è umile, quasi onesta.
Seduto a gambe incrociate,
mi ringrazia e mi saluta
con un sorriso mesto, rassegnato.
Ha la barba di un fachiro 
e lo sguardo dolce, perso,
di Siddharta nel momento dell’illuminazione:
l’uno all’imbocco, in basso,
delle due scalinate divergenti
della sotterranea che ingoia gambe
e destini, fra la luce del giugno piovoso 
e la penombra artificiale;
l’altro sotto un banano, fermo 
da secoli nel nulla che pulsa.
Nel gioco della metempsicosi
chi è chi e perché?
 
Le rotaie oggi trasmettono 
un’insolita vibrazione, incontrollata,
che rimbomba nei muscoli,
nelle viscere, mentre voci s’accavallano
nel dove di caos in cui staziono;
è una cacofonia che annienta
ogni senso compiuto degli eventi.
Riflessi baluginano nella galleria,
parole ispaniche e illiriche corrono,
si rincorrono nello statico cielo del vagone.
Valigie ingombrano lo spazio.
“Domani parliamo con calma. Bacione.”
In piedi sul segmento di congiunzione 
fra scompartimenti fa stretching di dita
un giovane dai baffetti da moschettiere,
quasi un esorcismo al sangue che ristagna.
Due fidanzati si sfiorano le labbra:
l’innocenza del gesto mi sconcerta.
 
Il cielo è nere volute,
circonvoluzioni di pensieri abbandonati,
alla deriva verso i confini
che t’affliggono e non vedi.
Sirene cantano la canzone del dolore.
Il traffico scorre immemore.
 
Vino bianco ghiacciato e sigarette
che ardono come piccoli vulcani preistorici.
Rondini s’incrociano nei ritagli di cielo 
consentiti, rugginose piume di nostalgia.
Brevi scorci di sereno.
Granelli di polvere rossa 
sui tavolini e sulle sedie di plastica.
Il deserto giunge da lontano;
il deserto è dentro di noi:
avanza ogni giorno
macerando con la sferza del vento;
cedono anche le ombre degli alberi.
Un profumo mi assale 
come un sentimento che non riconosco più,
smarrito nei meandri sfibrati
di giorni tutti uguali.
 
[Milano, lunedì 24 giugno 2024]