Fratelli
d’Italia e Lega fra democrazia recitativa e democrazia del pubblico. In
questa campagna elettorale in vista delle Europee 2024 è apparso interessante
il confronto tra Palazzo Chigi e la Lega. I due soggetti in gara fra loro sono
stati costretti a dismettere il punto in comune su cui avevano sviluppato la
loro alleanza negli anni scorsi e che aveva costituito la base solida del
centro destra: beninteso attraversando fasi diverse tra il 2019 e il 2022 con
una partenza di assoluta egemonia elettorale da parte della Lega poi rovesciata
da Fratelli d’Italia. Fratelli d’Italia ha utilizzato la volatilità elettorale
inserita nell’agone dall’ascesa e declino del M5S e la conseguente crescita
dell’astensione. Così il sorpasso di Fratelli d’Italia è avvenuto “in discesa”:
alle Europee 2019 il partito di maggioranza relativa (Lega) si era assestato
attorno ai 9 milioni di voti; nelle politiche 2022 la quota della maggioranza
relativa, questa volta toccata a FdI, si è fermata a soli 7 milioni di
suffragi. Torniamo all’elemento comune tra i due soggetti in competizione con
freccia a destra. Il tema in questione è quello della cosiddetta “democrazia del pubblico” elemento utilizzato dalla
Lega indipendentemente dallo stare o meno al governo. Nel caso si ricorda che
la Lega stessa si collocò all’opposizione del governo Monti ma non a quello
Draghi che ebbe, invece, l’opposizione di FdI. Intanto
va detto che da tempo si è proceduto ad una forma di comunicazione politica che
affonda le sue radici nella strategia del marketing, attraverso
rappresentazioni iconiche, slogan immediatamente assimilabili, che per la loro
banalità non richiedono sforzi ermeneutici per essere decodificati e
impressi nella memoria, dando vita ad una “politica indiziale” che anticipa i
nostri desideri con un’arte manipolatoria che suscita transfert di realtà.In questo solco si colloca anche l’utilizzo dell’intreccio tra
media e sondaggi, considerato “principio di legittimazione politica e
istituzionale sempre più importante, perché agisce in tempo reale, trasformando
la democrazia in semplice momento di raccolta del consenso”. Bernard Manin, filosofo politico
francese, dedica alla democrazia del pubblico molto spazio all’interno del suo testo
dedicato ai “Principi del governo rappresentativo”.La formula della democrazia del pubblico descrive, per Manin, un’epoca
in cui i partiti cedono spazio alle persone, intese come moltitudine, l’organizzazione
alla comunicazione, mentre le identità collettive si indeboliscono, svuotandosi
e facendosi attrarre dalla fiducia personale diretta: lo spazio della
rappresentanza coincide con lo scambio tra leader e “opinione pubblica”,
attraverso i media, nei termini sopra indicati, e ovviamente a senso unico,
cioè asimmetricamente.In Italia - nella rincorsa della democrazia del pubblico - viene
persino scippato il concetto di opinione pubblica intesa come corpo di garanzia
e dibattito sulle pubbliche scelte. Entrambi i soggetti in questione Lega e
FdI avevano utilizzato sia pure con alterne questo schema nelle precedenti
campagne elettorali (tra l’altro provenendo entrambi da tradizioni di
formazioni politiche fortemente strutturate come MSI e Lega Nord). In questa campagna elettorale la Lega
ha continuato a usare lo schema della “democrazia del pubblico” per esercitare
la funzione “dentro/fuori” nella dinamica istituzionale di governo dentro la
quale avrebbe dovuto essere costretta: esempio, in finale di campagna, la
critica sostanziale al sostegno all’Ucraina e la polemica sulla sovranità
europea con il Presidente della Repubblica (in entrambi i casi lo scopo quello
di attirare le cosiddette “estreme del rifiuto”).
Ovviamente FdI assurta a Palazzo Chigi
ha dovuto cambiare modulo e, in questi giorni, la signora Presidente del
Consiglio accortasi dell’inefficacia di un semplice “aplomb” istituzionale di
copertura è ricorsa allo schema della “democrazia recitativa”.Schema di “democrazia recitativa” utilizzato sicuramente nel caso
del tema delle liste d’attesa in sanità e del trasferimento di migranti in
Albania (soluzione che ha trovato grande interesse in altri Paesi Europei). Rimane in comune tra “Democrazia
del Pubblico” e “Democrazia Recitativa” il fenomeno della personalizzazione
della politica di cui dobbiamo ricordare le origini del pieno sdoganamento all’epoca
della discesa in campo di Silvio Berlusconi (anche se il “fattore
personalizzazione” circolava già da tempo nel sistema politico italiano). Nel
caso della Democrazia Recitativa il fenomeno si colloca a livello di
governo dove gli attori principali diventano il capo e la folla che lo ha eletto, l’uno sempre più dotato
di libertà di movimento e di potere, l’altra ridotta a semplice “moltitudine
votante”, plaudente ed acclamante, ma completamente priva di
influenza sul potere. La Democrazia Recitativa è simile a quelle forme di governo
democratico che già gli antichi greci conoscevano e criticavano,
stiamo parlando di raffinate forme di demagogia, che inducono, tramite a
far apparire il rapporto tra il leader e la folla dei
votanti un esempio di funzionamento democratico della Società. Il
meccanismo è tanto semplice quanto subdolo ed inarrestabile: io ti prometto, tu mi voti, io non mantengo. La
campagna elettorale viene convertita nell’allegoria di una lotta in
cui si decide sempre e comunque il futuro del popolo e il destino della
nazione attraverso il plebiscito sul sì o il no riguardante una
persona, che rimane l’obiettivo della Presidente del Consiglio sicuramente
appassionata, per i suoi riferimenti ideologici e storici all’arma del
plebiscito.In sostanza possiamo affermare che l’utilizzo della “Democrazia del
Pubblico” appare ideale dall’opposizione (nel caso, attraverso un acrobatico
esercizio di “doppiezza”, la direzione della Lega ignora la propria presenza al
governo sia in sede nazionale che locale; anzi facendo proprio di questo schema
della “democrazia del pubblico” un’arma di lotta politica interna) perché
utilizzabile meglio da un apparente deficit di potere mentre la “Democrazia
Recitativa” funziona meglio se diffusa dai canali di Palazzo Chigi proprio
quale espressione di un esercizio della potestà di governo conferita
direttamente dal “popolo”.Domenica sera vedremo quale schema avrà funzionato meglio con l’augurio
che entrambe le interpretazioni del populismo abbiano fallito.